L’impossibilità del campione onesto

4 Dicembre 2009 di Libeccio

di Libeccio
I bravi direttori sportivi del ciclismo, il pensiero poco laterale di Mourinho, il silenzio prima di Juventus-Inter e la solidarietà di Valentino Rossi.
1. Il dramma doping nel ciclismo ha radici profonde, che partono dai diciottenni e anche prima. La storia che leggiamo su un noto giornale nazionale è da brivido e rappresenta la cartina di tornasole di un mondo che risulta impermeabile a qualsiasi inchiesta, provvedimento disciplinare, multa, radiazione: quello in cui un giovane è messo bruscamente di fronte ad una tragica “necessità”, quella di aiutarsi farmacologicamente in qualche modo al primo appuntamento importante. Un giovane veneto dopo anni di preparazione, sacrifici e sudore, alla vigilia della prima gara importante si trova improvvisamente davanti il compagno di stanza che si sta facendo una iniezione, ne rimane scioccato e subito segnala il grave fatto al direttore sportivo e da questi, invece di essere ascoltato e apprezzato, viene addirittura redarguito malamente. “Sai che scandalo, perchè tu non lo hai mai fatto da junior? Beh, vedi di iniziare altrimenti è meglio che rinunci perché andranno tutti più forte di te”. Il ragazzo, anche se a malincuore, ha preferito rinunciare. Pur essendo molto bravo, pur avendo molto vinto da dilettante, pur avendo ricevuto molti complimenti e incoraggiamenti, pur avendogli molti predetto un futuro luminoso nel ciclismo professionistico nazionale, alla prima gara importante ha scoperto il doping: ovvero la morte del suo modo di intendere lo sport e il ciclismo. Il racconto è molto lungo, i nomi dei protagonisti vengono omessi per ragioni di privacy, ma l’ultima considerazione del ragazzo è di quelle che ti lasciano dentro un vuoto. Dice al cronista che raccoglie il suo sfogo: “Purtroppo ho capito che ogni volta che un ciclista vince una gara muore il ciclismo come l’ho sognato quando mi allenavo di notte per avere più abitudine e resistenza alle condizioni avverse”. Il ciclismo forse ha perso un campione; la nostra società però si è arricchita di un uomo onesto. Non sarebbe stato meglio avere un campione onesto?
2. Quando vogliamo obbligare qualcuno a fare qualcosa, quello è proprio il momento in cui lo induciamo ad allontanarsi da noi. Anche per questo vorremmo suggerire a Josè Mourinho qualche lettura sui temi (complessi) del pensiero laterale. Si hanno notizie certe di molte sue letture, di una sostanziale predilezione per la filosofia e la psicologia non solo sportiva. Addirittura il marketing applicato al calcio abbiamo saputo sia frutto di alcune sue riflessioni e sviluppi applicativi sul rettangolo verde. Ma torniamo al pensiero laterale: con Mario Balotelli Special One sta facendo il duro. E il giocatore risponde da par suo, visto che ad essere duro ha imparato da bambino. Come duro impara ad essere colui che nasce e vive i primi anni del suo difficile quotidiano in condizioni oggettive di forte deprivazione emotiva. La deprivazione emotiva è una condizione molto particolare che meriterebbe molto spazio per spiegarne i requisiti fondanti. Basti qui sapere che condiziona molto la vita (anche da adulti) degli esseri umani che l’hanno vissuta, anche se poi le condizioni sono cambiate in meglio. La deprivazione emotiva può dar luogo a modelli comportamentali che in parte sono riconducibili a quelli di Mario Balotelli (provocatorio, sfrontato, esibizionista, refrattario alle regole). Cosa può nascere da uno scontro così? Nulla di buono pensiamo noi. Allora forse il più saggio dei due (Mourinho, ovviamente) dovrebbe spostarsi dalla sua posizione e provare a guardare alle cose da quella dell’altro (è questo il succo del pensiero laterale, una sorta di approccio creativo nella risoluzione dei conflitti) perché se comprendi il punto di vista dell’altro anche l’altro comprende meglio il tuo e da qui può nascere una alleanza di lavoro formidabile. Provare come fa Mourinho a gestire Mario come fosse un soldatino può soltanto peggiorare le cose e mettere Mario nella condizione di irrigidirsi ulteriormente. Faccia Mourinho qualche buona lettura sul pensiero laterale e agisca secondo buon senso più che secondo regolamenti. Vedrà che le cose andranno molto meglio. A meno che non pensi di avere le partite all’Inter contate, nel qual caso la prossima è sempre l’unica che conta.
3. Si sta arrivando alla partitissima Inter – Juve con un apprezzabile sforzo di tutti gli attori teso a smorzare i toni e le maggiori asprezze. Anche il silenzio però ci pare eccessivo. Si ricordi ogni tanto che si tratta di una partita di calcio, anche se al calcio abbiamo ormai affidato il diritto/dovere di rappresentarci anche ideologicamente.
4. La notizia è datata 28 ottobre 2009: Lo stabilimento Yamaha a Gerno di Lesmo spegne i motori e chiude i battenti rispedendo 68 operai a casa, tutti licenziati, sui circa 200 totali impiegati nella fabbrica. E pensare che sono stati proprio loro a supportare le vittorie di Valentino Rossi in tutto il mondo. Hanno anche fatto un appello proprio a Valentino, gli operai: “Caro Vale, siamo disperati. 68 di noi verranno messi per strada. Ti abbiamo aiutato tante volte a sistemare la moto perché i tuoi successi erano anche i nostri. Ora ti chiediamo una mano. Aiutaci a salvare il nostro posto di lavoro”. Considerata la situazione di queste persone, ci era sembrato un modo dignitoso e civile di chiedere aiuto ad uno che di quella squadra ha fatto e fa parte. Ci risulta che oltre una generica dichiarazione solidale del team manager di Rossi Davide Brivio, ad oggi nulla Valentino abbia detto nello specifico. A nessuno sfugge che il suo ruolo è delicato e che non rientra nelle sue competenze risolvere i problemi di occupazione, che hanno radici lontane e fuori la sua portata. E’ anche vero però che almeno una risposta diretta quegli operai la meritavano (sono con voi, proverò a parlare con il management dell’azienda per vedere se si sono valutate tutte le opzioni alternative ai licenziamenti, mi ridurrò lo stipendio, eccetera.). Una parola di conforto o un gesto insomma da parte di un grande campione ricco e famoso, verso coloro (e relative famiglie) che si trovano in grave difficoltà e un futuro incerto. Auspichiamo che quella parola, anche se tardi, arrivi. In fondo non gli hanno chiesto soldi.
Libeccio
(in esclusiva per Indiscreto)

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