Le vacanze troppo intelligenti

31 Agosto 2007 di Stefano Olivari

1. Il più incredibile (o meno credibile) degli sport professionistici – «la nostra “baldracca” che, a differenza di altri sport, un po’ di marciapiede lo ammette» (Gian Paolo Ormezzano) – soffre né più né meno di una grave forma di schizofrenia, come da diagnosi del direttore di «Riza psicosomatica», cosa degli Altri mondi della verdellea (già rosea). Prima il doping, dopo il ProTour: parti in causa e addetti ai lavori finiscono per avere troppi pensieri per la testa. E insieme fanno troppe teste, chiamate a condividere un pensiero unico, su riorganizzazione dell’attività e pulizia dell’ambiente. L’UCI non riconosce che ASO e RCS hanno le loro buone ragioni; la cattiva condotta di alcune federazioni nazionali vanifica ogni sforzo comune; garantisti della prima ora si schierano per la radiazione del professionista, già alla prima positività; garantisti dell’ultimo minuto si appellano in ultima istanza al diritto al lavoro, già sancito dalla Costituzione. Il ciclismo come una repubblica fondata sul livore.
2. Caro Ivano Fanini, dal creativo che ha ideato l’abbinamento Amore & Vita-McDonald’s – e fantasticato di altre mirabili invenzioni – ci si doveva aspettare anche lo scandalo (al sole) di una denuncia delle vacanze troppo intelligenti di troppi professionisti, in altura sotto mentite spoglie, magari per abbassarsi a rifrequentare il prof. Michele Ferrari, tanto per fare un nome e un cognome da lei citati. E la chiamano delatore. No, il suo è un J’accuse preciso e personalissimo, responsabilmente polemico e politicamente irragionevole. Nonché penalmente irrilevante, come ammette lei stesso. Ma l’ennesima lettera aperta chiude un romanzo epistolare che ormai fa letteratura, del ciclismo e del suo costume. Che differenza passa, tra i qualificati uomini in nero di Livigno e St. Moritz e l’uomo in nero – lui squalificato – avvistato tra Lago Maggiore e Varesotto, forte e tirato che sembra Basso? La domanda non sorge spontanea: la suggeriscono le sue pagine crepuscolari. Grazie, anche nel ricordo di Ugo Foscolo e dell’Ivan Quaranta ’99-’01 (perché taccia il rumor di sua catena).
3. Rétro. L’ultimo rocambolesco Tour de France non si è fatto mancare niente: nemmeno un vincitore. Nell’albo d’oro della Grande Boucle, Alberto Contador Velasco succede a nessuno. Lontano Oscar Pereiro Sio, decimo della generale a 14’25”. Lontanissimo Floyd Landis, in Colorado per una marathon di MTB. E succede che vinta la causa di forza maggiore contro l’indiziato numero uno Michael Rasmussen, l’avvocato Patrick McQuaid attacchi infine una strenua difesa del ventiquattrenne madrileno, giovane già invecchiato dalla formazione del maestro Manolo Saiz. Tutto quello che si dice contro di lui non potrà comunque essere usato contro di lui, chiosa il legale d’ufficio a Aigle. Tra le pieghe del legal thriller, che si trascina dal giallo del bidone in giallo dell’anno scorso, almeno lo slancio di qualche suggestione letta di corsa: la tappa del Galibier, l’inseguimento a tre di Angoulême, il Bennati-bis sugli Champs Élysées. Non dite a Rasmussen che Contador potrebbe vestire la maglia Rabobank, dal prossimo dicembre.
4. Non ci sono più le pre-mondiali di una volta. E da qui al 17 settembre Franco Ballerini si augura solo di sfoltire, la sua interminabile lista di azzurrabili con grado di capitano (neanche sempre guadagnato sul campo). Il percorso iridato, e in particolare il suo finale in leggera ascesa, sembrano fatti apposta per il campione in carica. Peccato che l’ultimo miglior Bettini lo si sia potuti ammirare ancora il 13/10/2006, in quel clamoroso Lombardia spianato a tutta forza. Scommetteremmo comunque su di lui e sul talentuoso Alessandro Ballan, per la gara di ritorno nella Stoccarda di Gianni Bugno, quello che si applaude e tiene dietro Rooks e Indurain. Qualcuno tra gli ambiziosi Rebellin, Pozzato, Di Luca e Cunego dovrà pure rassegnarsi a un ruolo di secondo piano, male che vada svolto con una fuga da lontano. Vicino al traguardo toccherà ai due più svelti e scattanti del giro Nazionale. Salisburgo, il modello da imitare. Lisbona quello da rimuovere: aiuterà molto, se viene, il terzo titolo in sette anni di gestione.
5. Come se centoottanta (centoottanta) delegati di Mendrisio 2009 calassero su Varese, al Mondiale dell’anno prima, per un’ambasciata di massa. Dicono accadrà a Stoccarda, tra meno di un mese. L’orda istituzionale proverrà dalla sede iridata della prossima stagione. Con permesso. Come se la schizzinosa televisione pubblica ARD, allontanatasi dal fango di un Tour macchiato dal doping, avesse invece rimirato con sguardo limpido e sincero, la stupefacente prestazione in salita di un passistone di casa, profeta in patria al Giro di Germania, quale insospettabile grimpeur verso i ghiacciai di Sölden. Sospetto per sospetto. Come se gli ascolti dello stesso Tour de France, Oltralpe e negli altri paesi collegati, si fossero registrati direttamente proporzionali agli share d’indignazione negativa e supposta curiosità morbosa (?), riguardo a casi di positività e casini deontologici tra UCI, organizzatori e squadre. Medie alte in Spagna, Belgio e Danimarca; così così in Italia; più basse nelle Americhe. Contare l’interesse degli spettatori per i connazionali protagonisti, no?

Francesco Vergani

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