Le riserve di Van Basten

27 Febbraio 2009 di Alec Cordolcini

di Alec Cordolcini

1. Vincono le riserve. Kennedy Bakircioglu, Kenneth Vermeer, Leonardo. Vince soprattutto Marco van Basten, prima in campo e poi davanti ai microfoni, quando dichiara la netta superiorità della Fiorentina sul suo Ajax. Una squadra che ha confermato tutti i pregi e i difetti già emersi lungo tutta la stagione di Eredivisie: difesa alta, molto fragile se attaccata in velocità e ancora carente dal punto di vista degli automatismi; centrocampo di quantità privo di un autentico leader; reparto offensivo capace di colpire in qualsiasi momento grazie alla qualità degli interpreti, Luis Suarez su tutti. La linea che separa il genio dal cialtrone è spesso sottile quando un allenatore sperimenta molto. Quando allenava l’Olanda Van Basten venne tacciato di essere un apprendista stregone che si divertiva a mischiare gli ingredienti a caso. Critiche che lo hanno seguito, spesso a ragione (ricordiamo Siem de Jong punta centrale, Sulejmani regista, la maglia di terzino sinistro che sembrava estratta a sorte tra VertonghenVermaelenSchilderEmanuelson), anche in questo suo ritorno ad Amsterdam. L’ironia della sorte ha voluto che proprio nei due incontri tra i più importanti dell’intera stagione Van Basten abbia indovinato tutto.
2. A Firenze due scelte hanno fatto la differenza: posizionare Emanuelson in marcatura quasi a uomo su Melo, riducendo ai minimi termini l’apporto del giocatore alla manovra (una mossa non ripetuta al ritorno, dove infatti il brasiliano è stato uno dei migliori in campo), e schierare Bakircioglu attaccante destro nel tridente, restituendo Suarez ad una posizione più congeniale al centro del reparto offensivo. Pur non essendo un’ala, il giocatore svedese di origini assire (che molti in Italia si ostinano a chiamare Kennedy, ma sarebbe come dire che la Fiorentina schiera in attacco Adrian) ha vissuto i momenti migliori della sua carriera (al Twente) proprio in quella posizione, acquisendo tempi e movimenti, anche in fase di ripiegamento, che il talento anarchico di Suarez fatica a interiorizzare. E sarebbe anche un peccato se lo facesse, dal momento che l’uruguaiano ha dimostrato nei 180 minuti di Uefa come in una posizione più centrale, prima ma anche seconda punta, sia in grado di impegnare e tenere in apprensione un’intera difesa.
3. Ad Amsterdam Van Basten ha scelto di coprirsi. Gli è andata bene con il problema fisico di Stekelenburg (così come all’andata con l’infortunio di Cvitanich, altrimenti niente Bakircioglu e Suarez a destra…), venendo ripagato dall’ottima performance di Vermeer, per il primo anno davvero convincente fino in fondo. E’ tutta farina del suo sacco invece l’inserimento di Leonardo, uno dei pochi artisti del dribbling rimasti e uno di quei giocatori il cui rendimento da subentrato risulta essere spesso superiore rispetto ad un impiego dal primo minuto. Devastante in campo aperto, qualità tecniche indiscutibili ma anche una fragilità fisica impressionante (alla Robben, per capirci), Leonardo è ideale per un impiego di 30-40 minuti finalizzato a scardinare le difese più ostiche. Questo Van Basten l’ha pienamente capito.
4. Capitolo delusioni. Miralem Sulejmani in primis, autore di due prestazioni molto fumose. “Embè, tutto qui?”, ci ha scritto un collega olandese riguardo a Riccardo Montolivo. Ecco, Sulejmani è la stessa cosa: grande talento con il brutto difetto di scomparire nei match che contano, specialmente in Europa. Basterebbe avere la personalità mostrata da Vurnon Anita all’andata; senza strafare, il centrocampista ajacide ha sfoderato una prestazione di esperienza, pur essendo un classe 1989. Delude ma non stupisce la limitatezza di Presas Oleguer, scarto del Barcellona arrivato a ingrossare le fila dei bidoni spagnoli (Roger, Urzaiz, Luque) transitati per l’Amsterdam Arena negli ultimi anni. Lui è un no global, il suo calcio un no futbal. Anche il connazionale Gabri ha dei limiti, ai quali però sopperisce con una straordinaria quantità, tanto che a volte (due settimane fa ad Arnhem, ad esempio) è capitato di vederlo uscire dal campo reggendosi in piedi a fatica per quanto aveva corso. Promuoviamo infine, senza lode, anche Rasmus Lindgren e Gregory van der Wiel. L’Europa è l’insegnante migliore per proseguire la propria formazione.
5. Agli ottavi di finale non ci sarà il derby olandese. Una punizione da trenta metri di Hatem Ben Arfa, con tanto di doppio palo, e i calci di rigore hanno permesso all’Olympique Marsiglia di eliminare il Twente. Un’occasione persa per gli uomini di McClaren, assolutamente non inferiori ai più quotati francesi. Netto invece il divario tra Amburgo e Nec Nijmegen. La bella favola della compagine guidata da Mario Been si è conclusa con una doppia sconfitta, ma l’avventura è stata indubbiamente positiva. Con tutta probabilità passeranno anni prima che questa possa ripetersi. A fine stagione infatti Been andrà al Feyenoord, mentre la dirigenza del Nec ha annunciato le difficoltà finanziarie del club, invitando i tifosi a prepararsi per “un lungo inverno”. Assente, causa limiti propri, un assiduo frequentatore dei salotti continentali come il Psv Eindhoven, adesso l’Ajax in Europa è sempre più solo.
wovenhand@libero.it
(in esclusiva per Indiscreto)
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