Le medaglie dei guardoni

6 Maggio 2009 di Stefano Olivari

Cosa significa il freschissimo quarto (ed ultimo, per la legge sul ‘massimo una rielezione’ che però decorre solo dal 2005) mandato di Gianni Petrucci come presidente del CONI? Prima di tutto che nello sport italiano non cambierà nulla: il programma dell’ex segretario della Figc di Matarrese, nonché ex presidente della Federbasket, si limita a generiche posizioni antidoping (un po’ come dire ‘siamo a favore della pace nel mondo’ o ‘ci schieriamo contro l’ingiustizia e l’ipocrisia’) e ad una ancor più generica volontà di portare lo sport scolastico fuori dal recinto delle due ore, in realtà due mezzore, di educazione fisica. Per il resto solo distribuzione di soldi pubblici alle federazioni, senza nemmeno più quella funzione paraimprenditoriale di promotore del Totocalcio (che del resto non esiste di fatto più, muovendo volumi da Totobingol) che negli anni addietro l’ente aveva. La relativa novità è che non si è assistito ad un’acclamazione con numeri nordcoreani, ma ad una votazione che ha dato 55 voti a Petrucci e 24 a Chimenti. Non sarebbe cambiato nulla nemmeno con il presidente della Federgolf, va detto, perché il problema è il meccanismo elettorale: i vertici delle federazioni sono eletti non dai tesserati ma dalle società che finanziano direttamente (di qui la retorica sul ‘decentramento’ e sul federalismo). Un po’ come se alle elezioni politiche non votassero i singoli cittadini ma le aziende per cui lavorano. Quindi per i decenni a venire lo sport italiano di vertice continuerà ad essere mantenuto dalle briciole del grande calcio e da quelle di Pantalone, mentre a quello di base continui a pensarci lo sponsor. Non facciamo i disfattisti e gli anti-italiani a prescindere, magari è il modello giusto. Anzi lo è di sicuro, se le medaglie a qualsiasi costo in discipline con venti praticanti contano più della diffusione della cultura sportiva: poco sesso, ma grandi film porno.

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