Le barriere all’entrata di Frank Williams

28 Novembre 2021 di Stefano Olivari

Frank Williams è morto a quasi 80 anni di età e qualunque medio appassionato di Formula 1 sa benissimo quanto quest’uomo sia stato importante, insieme a pochi altri (fra questi il socio Patrick Head), nel successo del campionato motoristico più affascinante del mondo. Per rispetto di un grande imprenditore ma anche dei lettori bypassiamo la sua storia che, anche se ben raccontata, saprebbe di copia e incolla wikipedistico, e andiamo direttamente all’opinione che abbiamo di questo gigante dal 1986 fisicamente dimezzato da un incidente.

In sintesi: nella Formula 1 di oggi, anche nella… Williams, l’emergere di Frank Williams  dal nulla non sarebbe possibile. All’inizio degli anni Sessanta il ventenne Frank si occupava di pulizie all’aereoporto di Heathrow, prima facendole e poi con una piccola ditta di subappaltatori, ma la sua passione erano i motori. Mondo in cui, dopo un periodo da venditore porta a porta, entrò da commerciante di pezzi di ricambio e da aspirante pilota, rimasto aspirante per manifesta scarsezza anche nelle formule minori britanniche.

Capì subito che il suo futuro era da costruttore, iniziando dalla Formula 3 ed anche con discreti risultati. Per la Formula 1, anche quella romantica e semi-artigianale dell’epoca, servivano però ben altri soldi e Williams a fine anni Sessanta li trovò nel modo più semplice, cioè frequentando i ricchi. Divenne amico fraterno del coetaneo Piers Courage, erede di una famiglia che aveva una catena di birrerie, e fu con Courage ed i suoi contatti che Williams divenne una scuderia di Formula 1, partendo nel 1969 con telaio Brabham e motore Ford. Courage era fra l’altro un buon pilota ed arrivò due volte secondo nel Mondiale vinto da Jackie Stewart (che per Williams era un mito), trovando la morte l’anno dopo nel Gran Premio d’Olanda quando a Brabham si era sostituita la De Tomaso.

Per svoltare davvero, dopo essere stato cacciato dalla sua creatura originaria dal neoproprietario Walter Wolf ed averla rifondata con altra ragione sociale, raccattando soldi da ogni dove (fu uno dei primi a prenderli dagli arabi), Williams avrebbe dovuto attendere il 1979, con la vittoria di Clay Regazzoni al GP di Gran Bretagna. Da lì in poi le tante vittorie, 7 nel Mondiale piloti e 9 in quello costruttori, e un anno, il 1997, a fare da spartiacque: il 1997, che significa il Villeneuve di Jerez ma anche l’abbandono da parte della Renault.

In assoluto la Formula 1 di una volta non è da rimpiangere, tanto più in una stagione spettacolare come quella attuale, ma di sicuro tutto lo sport mondiale (fra l’altro Williams era stato azionista del suo Newcastle…) deve rimpiangere quelle barriere all’entrata relativamente basse, che permettevano di competere a uomini bravi a trovare finanziamenti, proprio come nel 2021, ma anche senza nessuno di grosso alle spalle.

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