La vita in uno zaino

16 Aprile 2015 di Paolo Morati

Zaino Povero

Tutto è cominciato qualche anno fa quando abbiamo incrociato un uomo, seduto in compagnia di tre trolley. Guardava nel vuoto mentre passava la gente che andava a fare la spesa. Pulito, ordinato, perfino elegante, con i capelli brizzolati, in carne, masticava un panino. Poteva essere un turista in attesa di un taxi. Qualche mese dopo lo stesso uomo era però ancora lì, seduto su un marciapiede, e quindi ci è venuto il sospetto: era un nuovo povero, cinquantenne, italiano, maschio, di quelli che non ti accorgi fintanto che non li rivedi nella stessa posizione e condizione, che peggiora nel tempo. In quel periodo lo si vedeva girare tirandosi dietro il suo bagaglio, dormire sui marciapiedi, scomparire e poi ricomparire con i capelli più lunghi, più magro. Probabilmente ha poi trovato da dormire in un ricovero ma di giorno non aveva posto dove andare. Ha cominciato a parlare da solo e poi a frugare nei cestini, per poi tutto d’un tratto sparire nel nulla.

Una vita simile a quella di un altro uomo che protegge la propria storia in uno zaino tenuto legato a un palo con una catenella leggera, che basterebbe tirarla per romperla. Sui quarant’anni, staziona seduto su un marciapiede in una via poco trafficata allontanandosi ogni tanto, lasciandolo incustodito. Cammina aiutandosi con una stampella ma non è una finta, problemi sembra averne veramente e non è nemmeno vestito male. Nel corso della giornata qualcuno si ferma a scambiare due parole con lui, cosa che notiamo sempre più spesso tra chi frequenta la zona per lavoro. In condizioni precarie per qualche mese non lo abbiamo più visto poi, d’un tratto, è ricomparso rimesso meglio lì nel solito punto dove probabilmente ritiene essere la sua casa. Adesso è di nuovo scomparso.

Qualche metro più in là dalla sua dimora abituale, un ragazzo africano. Arrivato circa un anno fa, ha vagato mezzo stracciato, guardandosi in giro senza chiedere nulla, sotto dei cartoni. Poi qualcuno lo ha aiutato, perché lo vedevamo dormire al riparo, avvolto in buone coperte e sembrava anche più ordinato rispetto alla prima volta che lo abbiamo notato. I suoi occhi però guardavano sempre nel vuoto alla ricerca di una meta ed è ripartito. Uno straniero tra tanti italiani. Vicino a lui per un certo tempo c’è stato anche un signore piuttosto anziano, appesantito, vestito di scuro, con cravatta, seduto su una valigia. Un cartello diceva che era malato di cuore e non sapeva dove andare, poi si è spostato, sparito e oggi è ricomparso nelle stazioni della metropolitana, mentre un altro più magro, a qualche metro, è arrivato. Abbiamo visto una ragazza portargli una brioche, altri un giornale da leggere. Un semplice saluto al mattino e uno la sera al rientro.

Ecco, il saluto. Basta anche una parola. Nei paraggi è di nuovo di casa anche il ‘signore del buongiorno’, che sta vicino alle scale di uno degli ingressi della metropolitana. Sui 60 anni, di nuovo con il suo bagaglio al seguito, saluta tutte le persone che passano: “buongiorno signore, buongiorno signorina…”. Lo dice a tutti ininterrottamente, qualche volta fa una pausa per una sigaretta, e poi riprende. Anche lui ogni tanto è via per qualche tempo, forse si apposta altrove o forse trova un aiuto e un rifugio. Magari dall’altra parte della strada dove per mesi un altro italiano, quarantenne, ha dormito in un sacco a pelo di qualità, vestito con capi sportivi, le cose che si era potuto permettere quando le cose andavano bene, trovando alleanza in un paio di altre persone probabilmente per tutelarsi a vicenda. Per un lungo periodo assente ha fatto poi ritorno in quei cinque metri quadri per poi di nuovo ripartire e adesso chissà dov’è.

Queste sono solo alcune delle storie che abbiamo osservato e magari immaginato frequentando una zona di Milano che vi lasciamo indovinare, specchio della società che cambia e di un momento storico difficile. Molte altre ce ne sono, alla luce del sole o nascoste. Storie (in)discrete che solo chi cammina per strada, prende i mezzi pubblici ogni giorno, riesce a scorgere tra la frenesia quotidiana. Se ne avete anche voi da condividere questo è lo spazio giusto per parlarne.

Share this article
TAGS