La rivoluzione di Galis

21 Marzo 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
 Le Termopili di Bianchini, le trasferte impossibili, il vino di Decleva, il tifo europeo, i salmoni di Filipovski e la difesa di Peterson. Voti a Foster, Thomas, Recalcati, Brindisi, Slay, Cinciarini, Cappellari, Viggiano, Bonamico e Siena.

Oscar Eleni dal tavolo in fondo alla sala del vecchio Duranbeis, porto del Pireo, davanti al palazzo della Pace, ma quale pace, e dell’Amicizia, ma fateci il piacere, dove Siena cercherà di sconfiggere l’Olympiakos, ma anche il diavolo che s’insinua nelle sue maglie se è vero che Lavrinovic si è nuovamente fermato per il mal di schiena. Perché il tavolo di un vecchio ristorante ateniese che ai tempi dell’Europeo vinto dalla Grecia nel 1987, no non è ieri purtroppo ma l’altroieri, quello della rivoluzione culturale di Galis e della banda Yannakis, era la culla dell’insofferenza italiana mentre Bianchini cercava di parlare per metafore cercando di far capire ai suoi azzurri che le Termopili erano da difendere sempre e comunque, anche se gli arbitri prendevano aspirine speciali per vedere soltanto i falli degli avversari contro questi greci che ballavano, cantavano, facevano tremare le tribune fino a confondere un po’ tutti e per questo ricordiamo notti magiche.
Il Pea scatenato sui tartufi di mare per smentire chi ancora non amava il crudo, quei medici che scongliavano ostriche e derivati. Il vecchio Duranbeis, che ancora non aveva fatto diventare euroconti i piatti pregiati del suo ristorante, nascosto dietro un paravento per cercare di capire se quegli italiani “mia faccia mia razza come i greci” lo stavano prendendo in giro mentre giuravano di avere nel gruppo un nipote di Mussolini. Lui, camerata di mare, voleva capire, voleva sapere, ma non chiedeva, ma alla fine l’Arnaldo lo convinse di avere almeno la mascella di famiglia e dopo fu sempre festa grande. Era Grecia felice per lo spirito di un basket che aveva tanto da farsi perdonare perché le storie tese fra i regolamenti e le coppe europee erano nate proprio in Grecia, dai fari negli occhi allo stadio dell’AEK dove si giocava ancora all’aperto davanti a gente assatanata, dalle monete come ricordo per pelli delicate sui campi di Salonicco, ma anche nella palestraccia sotto le tribune dello stadio Karaiskakis.
Con i greci tanti abbracci, tante belle amicizie, soprattutto negli anni delle sofferenze politiche più che sportive, qualcuna esagerata che ha fatto traballare matrimoni già concordati, ma anche tante accuse perché con la storia della stessa faccia e della stessa razza erano sempre e soltanto sospetti, calunnie, insulti e brindisi fasulli nella bella e caotica città dove il padre di Gianni Decleva, giornalista illustre, ci faceva scoprire il potere della Rezina, un vino che ti cambia la vita, ma anche le notti se esageri un po’ troppo. Ma come resistere quando ci portava nelle taverne dopo averci fatto scoprire la portentosa cucina greca al Geroffinica? Atene e Mimis Stefanidis che venerava Rubini, lo amava davvero, ma era anche capace di farsi amare dal Principe che lo aveva avuto come giocatore al Borletti e poi non lo aveva mai più lasciato perché quello era l’amico vero per ogni grande estate della vita, ma anche per gli inverni.
Restare su Siena non per patriottismo, ma perché la settimana europea che coinvolge i nostri campioni e manda nell’arena, nella seconda coppa, anche Treviso e Caserta, ci dirà cose che diventeranno utili quando i fantasmi dei regolamenti da cambiare in corsa, quando i sicari delle nuove formule di campionato, della serie A allargata e delle serie minori rifondate, torneranno a farsi sentire, quando i soliti furbi, quelli che per fare opposizione pensano di essere ascoltabili soltanto perché sputano su tutto quello che non gira sulle loro ruote da nani del pollaio, si scateneranno dicendo che il basket regredisce, perde licenze europee, perde credibilità e per andare al campionato continentale ha bisogno dell’aiutino. Non si tifa Siena soltanto per questo, ma anche per capire se la storia del nostro basket è come quella di Groucho Marx nella Ragazza in ogni porto: c’è sempre uno che ama la mia ragazza e lei che ama lui. Sì, tiferemo anche per Caserta e Treviso perché la Pepsi non può bere soltanto fiele nella stagione cominciata pensando troppo in grande, perché la Benetton deve far capire alla famiglia e al sor Gilberto che l’abbandono è una crudeltà che fa vincere soltanto chi ha sempre remato contro nella Marca amorosa.
Del campionato non si parla al ristorante del Duranbeis che ora ti costringe a fare un mutuo per un pesce come si deve, per una insalata come i greci possono fare dai tempi di Ulisse, con dolci tropo dolci che, giustamente, facevano arrabbiare il povero Achille che poi se la prendeva con Ettore per colpa del solito Patroclo. Non si parla per non morire dal ridere quando Roma scopre che la sua difesa si perde nella carboneria di giocatori che vorrebbero essere coccolati, ma invece andrebbero presi a pesci in faccia, non pesci del Pireo, costano come in certi ristoranti romani, perché fa venire il nervoso scoprire che i soliti noti hanno sempre una scusa pronta, anche quando non tengono il primo palleggio o si fanno dei nodi per andare a canestro. Povero Boscia che almeno sogna un futuro diverso, ma anche povero Filipovski che ora dovrà prendersi in faccia gli stessi salmoni lessi che avevano fatto diventare inferno la vita di Matteo Boniciolli e dovrà ascoltare le stesse litanie di chi si spaccia per vero consigliere del presidente, povero Toti anche lui.
Va bene, lasciamo perdere Roma, ma Milano si sarà pure riscattata? Con Montegranaro che perde da non so quando? Eh sì, la voce che gira è questa, qualcuno ha visto l’artiglio della difesa nel campo di papaveri dove Dan Peterson svolazza felice. Le difese funzionano se gli altri hanno in squadra tipi come Allan Ray, se vanno dietro agli umori di un Ivanov, se i ragazzi italiani esagerano nel sentirsi padroni di situazioni dove, invece, hanno ancora bisogno di tanto aiuto dalle chiese protestanti che sono al di fuori del nostro sistema. Cremona ed Avellino, almeno queste due, meriteranno un premio? Certo, così come lo merita il Carlo Recalcati che sa minare i ponti e le spiagge dove passano quelli che girano con il naso all’insù, quelli che parlano sempre e comunque, sapendo di mentire.
Pagelle e andate al diavolo mentre scorre la rezina benedetta.
10 Al FOSTER di Cremona che aspettava una telecamera per far capire che le squadre di All Star si fanno a pene di segugio come diceva Aldo Giordani.  
9 Al THOMAS di Avellino che dovrebbe far venire almeno qualche rimorso a questi geniali manager che vanno a prendere di tutto, ma poi non vedono passare sotto il naso gente che vale tanto e non perché segna tanto, ma perché ha dentro qualcosa e chi lo vede allenarsi sempre e comunque, stipendio o non stipendio, potrebbe testimoniarlo.  
8 A Carlo RECALCATI per il suo 750° dorato, ma anche per quel senso della misura che lo terrà lontano dagli stessi tavoli rivendicativi dove qualcuno dirà che poi il Micione non era così bollito. Certo che non lo era, certo che Bianchini, Peterson, Gamba, i dirigenti giubilati da chi non riusciva a scalzarli se non con la calunnia, potrebbero dare una mano per crescere meglio, ma questo è il paese dove si abbocca sempre e dove i rottamatori sono poi dei cicisbei da parco senza divertimenti.  
7 A BRINDISI che ancora sogna perché altri si sono risvegliati con un cerchio alla tes
ta e non sanno dove si trovano. Il Bechi che bracca l’amata Biella sa tanto di nemesi, ma, purtroppo per lui, la partita chiave deve ancora esere giocata.  
6 Al boa SLAY che stringe nella morsa la Virtus, che esalta Varese, che si prende baci ed abbracci con FAJARDO perché l’agrodolce valorizza la cucina di qualsiasi squadra.  
5 Al CINCIARINI in crescita nel parco giochi di Azzurra, nell’inferno di Montegranaro, se si lascerà condizionare da una partita come quella dove Milano gli ha rubato i sentimenti. Ora avrà un aiuto, speriamo che lo sia davvero, ma imparare soffrendo è meglio che stare sulla stessa spiaggia di chi dà sempre la colpa agli altri come succede in troppe città di questo basket.  
4 Al Tony CAPPELLARI che sorprende tutti dai microfoni di SportItalia perché la sua franchezza è così lontana dal suo trevisismo di carriera, perché le verità che dice spesso stridono con la realtà che vediamo.  
3 Al VIGGIANO azzurro che nel ritorno alla biellesità si è perduto dietro alle solite mattane del Sosa che sta facendo diventare Biella una candidata alla retrocessione o, perlomeno, una preda raggiungibile.
2 A Marco BONAMICO che fa bene a girare con il forcone per scovare i diavoli delle nuove formule, ma che dovrebbe anche rendere più chiare situazioni come quelle che rendono nebuloso il futuro di società in via d’estinzione.
1 A SIENA perché se anche nelle “minori” presenta una squadra vincente come la Virtus Consum.it che ha trionfato nella coppa Italia contro il colosso Trento allora ci verrà il complesso e poi, come succede nei villaggi miracolosi, la gente andrà a Fontebranda per bere l’acqua e non per capire come funzionano le cose nel castello.
0 Ai SICARI delle nuove formule, quelli che hanno lanciato il sasso, sempre per conto di altri, si capisce, e poi hanno nascosto la mano. Sono tipi da film tipo Batman: “ Devo andare: ho molte persone da uccidere e così poco tempo”.

Oscar Eleni

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