La morte di Giampiero Galeazzi

12 Novembre 2021 di Stefano Olivari

Giampiero Galeazzi è morto a 75 anni dopo un lungo periodo in cui è stato male, con l’aggravante che il male glielo si leggeva in faccia e sul corpo. Lo abbiamo sempre sentito come uno di famiglia e la sua immagine pop e trasversale, in parte dovuta a Mara Venier, è stata al tempo stesso la sua fortuna e la sua condanna. Fortuna perché lui è stato uno dei pochi giornalisti sportivi in grado di uscire dall’orticello, sfortuna perché lui è stato uno dei pochi giornalisti sportivi ad avere avuto un solido passato da atleta e non tutti lo sanno.

Nel suo caso atleta nel canottaggio, campione d’Italia nel singolo e ad un passo dalla convocazione per le Olimpiadi del 1968, il grande dolore della sua vita. E con tutto il rispetto per le sue mille interviste calcistiche, da Maradona e Baggio (lui era tifoso della Lazio), in giù, le telecronache di tennis con o senza Panatta (ma perché ce l’avevano con Edberg? Mai capito) e tanto altro, il miglior Galeazzi è stato quello consegnato ai posteri dal racconto delle imprese dei fratelli Abbagnale e di altri azzurri del canottaggio.

 

Una miracolosa sintesi di passione e competenza, cosa che non si può dire per il 99% delle telecronache, dove uno dei due elementi di solito prevale, comprese quelle di Galeazzi in altri sport, spesso sbeffeggiate dagli esperti. Perché al di là dei coccodrilli del genere grande uomo-grande maestro, ed il nostro non fa eccezione, bisogna dire che Galeazzi aveva un po’ della supponenza del giornalista RAI dei tempi del monopolio o quasi monopolio, che è sopravvissuta a tanti cambi del mercato televisivo. Solo che se la poteva permettere più di tanti altri.

La sua seconda carriera mediatica, da spalla amica della Venier e comunque da Galeazzi che faceva Galeazzi in tanti programmi, ha oscurato la prima, e non è detto che sia stato un male. In tanti, e per qualche anno, si ricorderanno di lui, fino all’inevitabile oblio che tocca a tutti, tranne che Leonardo, Beethoven e un’altra decina di persone. Però ci hai fatto emozionare, Giampiero, anche in età adulta, quindi non sei passato invano.

 

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