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In the box

La mia Asia

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2007-11-08

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1. E’ evidente e quasi scontato dirlo, il fatto che in questi anni anche il calcio si sia “globalizzato”. Da ormai parecchio tempo sentiamo parlare di “acquisizione di nuovi mercati” intendendo chiaramente la vendita del prodotto calcio – e di tutto il suo indotto – in Paesi come il Giappone, la Cina, la Corea e ultimamente anche Indonesia, Vietnam e Malesia. I club inglesi sono forse stati i primi a scoprire questo nuovo Eldorado e già da parecchi anni il loro calcio (in particolare la Premier League) è seguito come qui da noi in Europa, o quasi. Fa pensare il fatto che alcune partite inglesi vengano trasmesse in tv ad orari comodi per il pubblico asiatico: come tante altre nei turni e nei campionati precedenti, Arsenal-Manchester United dello scorso sabato è iniziata alle 12.45 del sabato in Gran Bretagna che corrispondono però alle 20.45 di alcuni Paesi del sud est asiatico. A detta degli esperti di marketing solo un grande Paese non è stato ancora conquistato dal grande calcio europeo, quel Paese che lo stesso Blatter ha definito “il gigante che dorme”. Stiamo ovviamente parlando dell’India, uno Stato popolato da più di un miliardo di persone e che fa gola alle multinazionali del calcio.
2. Anche in questo caso sono stati i club inglesi a muoversi in anticipo e già da un po’ di tempo il Manchester United ha aperto una scuola calcio a Goa, nel sud del Paese, dove sono ben 5500 i giovani calciatori che frequentano questa Man United Academy School. L’India finora ha primeggiato in altri sport britannici – l’hockey su prato e il cricket su tutti – ma nel calcio è sempre rimasta ai margini. A dirigere la scuola i Red Devils hanno piazzato una vecchia gloria del club, lo scozzese Brian McClair (foto), passata dalle parti di Old Trafford a cavallo fra gli Ottanta ed i Novanta (per lo scozzese 88 gol e innumerevoli trofei in 11 stagioni sotto la guida di Alex Ferguson). I dirigenti dello United sono convinti che nei prossimi anni non sarà difficile vedere un giocatore indiano calcare i campi della Premier League, visto che fino a vent’anni fa nessuno poteva pensare che statunitensi, giapponesi e coreani avrebbero un giorno giocato nella massima divisione inglese (cosa che oggi capita regolarmente). L’obiettivo è ovviamente, se non principalmente, anche quello di affermare il brand in un nuovo mercato ma questa forse è la parte che a noi sognatori interessa meno.
3. Gigi De Canio la scorsa settimana ha acettato di assumere la guida del Queens Park Rangers (ultimi posti della Championship inglese) e la squadra sabato scorso ha risposto con una netta vittoria per 2 a 0 ai danni dell’Hull City. A dir la verità i Superhoops avevano vinto anche la settimana precedente sul campo del Charlton ma è normale che i giornali italiani abbiano sottolineato la rinascita della squadra in coincidenza con l’arrivo in panchina di un tecnico di casa nostra. Il QPR è squadra che è sempre stata a noi molto cara. Sarà perché sono ubicati in una delle più belle zone di Londra (Shepherd’s Bush, ovest della città), o forse per la splendida divisa da gioco a strisce biancazzurre orizzontali o forse ancora perché era bello nei primi anni Ottanta vederli giocare su un campo sintetico che all’epoca rappresentava una grande novità. Più semplicemente ci sono sempre piaciuti perché sono dei perdenti nati: una sola Coppa di Lega vinta nel lontano 1967 e una vita spesa fra terzo e secondo livello delle serie inglesi. Ora il QPR è stato acquistato da Briatore ed Ecclestone, si vocifera che Antonio Giraudo possa entrare nel direttivo del club e che anche Francesco Coco, reduce dall’Isola dei Famosi, sia intenzionato a fare qui il suo ritorno nel calcio giocato. Continueremo ad amare il QPR, in ogni caso.
4. Abbiamo letto il libro e ci è piaciuto. Abbiamo visto il film in DVD e ci è piaciuto forse ancora di più. “Once in a Lifetime” è l’incredibile storia dei New York Cosmos, della loro ascesa e della loro vertiginosa caduta. Il libro è stato scritto da Gavin Newsham, giornalista inglese che vive a Brighton (il libro si trova solo in lingua inglese ed è pubblicato dalla Atlantic Books London). Newsham ci dice come è nato il club e perché, ci racconta di Chinaglia, di Beckenbauer, di Carlos Alberto e di come gli americani “dipinsero” di verde il terreno di gioco in occasione della prima partita negli Stati Uniti di Pelè. Una buona lettura e un ottimo film: insomma, qualcosa di raro.

Luca Ferrato
ferratoluca@hotmail.com

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