La generazione di Federer

10 Giugno 2008 di Marco Lombardo

Fino a un po’ di tempo fa la morale era che se Federer non avesse trovato sulla sua strada Nadal avrebbe fatto il Grande Slam e che se Nadal non avesse trovato Federer sarebbe già stato il numero uno al mondo. Il problema è che ora Rafa numero uno potrebbe diventarlo presto se l’incubo in cui è entrato Roger Federer non finirà presto. Intendiamoci: stiamo parlando di uno che comunque sia è arrivato all’ennesima finale di uno dei quattro tornei che contano. Però Roger, questo Federer, è da salvare da se stesso, da quello sguardo spento con il quale si è arreso al rivale, da quei quattro game vinti in tutta la finale che lo hanno relegato a giocatore qualunque. Arriva prima o poi, anche nella carriera di un fenomeno, il momento in cui bisogna fare i conti con la propria invincibilità. E Federer, ormai a 27 anni, ha una generazione di giocatori alle spalle che hanno – appunto – una generazione di meno, e questo conta. Fu il problema anche di Pete Sampras, un altro Grande che alla fine decise di concentrare i suoi sforzi solo su alcuni obbiettivi per entrare definitivamente nell’Olimpo. Federer lo è già in quell’Arca della Gloria, ma perdere così offusca il ricordo delle sue imprese. Insomma bisogna salvare il soldato Federer nel momento più buio e poco importa dire che in fondo non è tutto perduto: arrivare secondi, per uno come lui, è comunque una sconfitta. Che ha anche una giustificazione, per carità: la mononucleosi che lo ha colpito a inizio anno e che di solito, per uno sportivo, vuol dire saltare una stagione intera. Però, anche se lui è già in campo, questo Federer non lo vogliamo vedere più, perché così anche Wimbledon, il suo giardino, può diventare un campo di erbacce. «Sì, sono proprio io» ha detto con la solita classe parlando al pubblico dopo la sconfitta. E purtroppo aveva ragione.

Marco Lombardo
marcopietro.lombardo@ilgiornale.it

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