L’unico Mondiale di Cruijff e Michels

16 Novembre 2022 di Alec Cordolcini

C’è una scena del film di Paolo Sorrentino L’Uomo in Più nella quale Antonio Pisapia, aspirante allenatore del club dove aveva chiuso la propria carriera sportiva, prova a spiegare al braccio destro del presidente i principi del suo 4-2-4, utilizzando tazzine, piattini e porta zucchero sul bancone di un bar durante una colazione, nel vano tentativo di strappare un ingaggio. Raymond Goethals faceva lo stesso con i giornalisti, solo che lui si serviva di sottobicchieri da birra per spiegare il proprio sistema di gioco e, soprattutto, togliersi di dosso la fama di allenatore difensivista che gli era stata appiccicata fin dalle sue prime esperienza da tecnico nel Sint Truiden.

Da c.t. della nazionale belga aveva raccolto i migliori risultati internazionali dei Diavoli Rossi dai tempi delle Olimpiadi di Anversa del 1920, qualificando la squadra ai Mondiali messicani del 1970 e finendo terzo all’Europeo di due anni dopo, sconfitto in semifinale dalla Germania Ovest futura vincitrice del torneo. Certamente il Belgio di Goethals non era una squadra che poteva permettersi il fioretto, nonostante la presenza di giocatori di alto livello quali Paul Van Himst e Wilfried Van Moer. Ma l’elite era un’altra cosa, e il primo a saperlo era il c.t., che alla vigilia della citata partita contro i tedeschi non si era fatto problemi nel dichiarare che l’unica speranza di battere uno squadrone pieno di fuoriclasse in ogni reparto – Sepp Maier tra i pali, Franz Beckenbauer dietro, Günter Netzer in mezzo, Gerd Müller davanti e Paul Breitner ovunque – era portarla ai rigori. Non ci riuscirono, per poco.

Meno di due anni dopo, il Belgio trovò sul proprio cammino verso il Mondiale del ’74 un’altra squadra fortissima, l’Olanda di Johan Cruijff. Gli uomini di Goethals la fermarono due volte, non concedendole nulla, ma nemmeno questo fu sufficiente. Un errore arbitrale tolse al Belgio il suo secondo Mondiale consecutivo e regalò al mondo l’Olanda del calcio totale. Chissà come sarebbe stata la storia del pallone se l’arbitro russo Pavel Khazakov non avesse annullato, il 18 novembre 1973 all’Olympisch Stadion di Amsterdam, il gol siglato da Jan Verheyen a un minuto dal fischio finale che avrebbe sancito, nell’ultima giornata delle qualificazioni, il sorpasso del Belgio sull’Olanda nel girone.

Sulla panchina dell’Olanda sedeva il cecoslovacco Frantisek Fadrhonc, un po’ l’opposto di Goethals. Tanto il belga era ciarliero e amato dalla stampa per il suo approccio non convenzionale, quanto Fadrhonc era taciturno e poco considerato dagli addetti ai lavori, non per le proprie capacità tattiche – sulle quali nessuno discuteva – ma per la (presunta) mancanza della personalità giusta per guidare un gruppo di campioni. Ai giocatori per contro Fadrhonc piaceva molto ma, come avrebbe ammesso anni dopo il difensore dell’Ajax Barry Hulsoff,La disciplina all’interno del gruppo lasciava a desiderare, e sicuramente avere le briglie un po’ più sciolte non dispiaceva a nessuno”.

Come Goethals era arrivato in nazionale direttamente dalla provincia belga (secondo posto in campionato nel 65/66 con il Sint Truiden, miglior piazzamento nella storia del club), così Fadrhonc lo aveva fatto da quella olandese, vincendo due campionati con il Willem II negli anni ’50 (fu uno dei primi tecnici a introdurre metodologie professionistiche in un paese fortemente ancorato ai principi del dilettantismo) e qualificando in Europa il Go Ahead Eagles per tre volte nei ’60. Con gli arancioni però faticava a carburare, tanto che dopo la mancata qualificazione agli Europei del 1972 la sua esperienza sembrava al capolinea. Era prevista un’amichevole contro la Grecia, al termine della quale la Federcalcio olandese gli avrebbe comunicato la rimozione dall’incarico. I giocatori però non erano d’accordo, Cruijff in primis, che nello spogliatoio disse ai compagni che quel giorno avrebbero giocato tutti per Fadhronc. L’Olanda vinse 5-0, ottenendo quella che all’epoca era la terza vittoria più rotonda della sua storia. La panchina del cecoslovacco era salva.

Il gruppo 3 della zona Europa per la qualificazione ai Mondiali includeva, oltre ai due vicini di casa, anche Norvegia e Islanda, niente più che sparring partner. Ai nordici l’Olanda rifilò 24 reti in 4 partite, mentre il Belgio ne realizzò la metà, non subendone però nemmeno una. Ad Anversa il primo incontro tra le due rivali si era concluso a reti inviolate, con gli olandesi in difficoltà contro la fisicità dei belgi e l’inedita scena di Cruijff che in campo incitava i compagni a restare dietro nel tentativo di fare aprire gli avversari e trovare quegli spazi che mancavano completamente. I belgi colpirono anche una traversa con Jean Thissen, ma alla fine lo 0-0 offriva agli olandesi la possibilità, grazie alla migliore differenza reti, di giocare il ritorno ad Amsterdam con due risultati su tre a disposizione.

Fu un’altra partita tutt’altro che memorabile sotto il profilo dello spettacolo, fallosa e spezzettata, con un Belgio asfissiante, ma tatticamente perfetto, e un’Olanda povera di ispirazione. Questa volta il Belgio non poteva “portarla ai rigori” come un anno e mezzo prima contro la Germania Ovest. Per come era impostata la squadra, solo un contropiede o una situazione da palla inattiva avrebbero potuto sbloccare la partita. Fu buona la seconda opzione: su una punizione d’esterno di Van Himst a spiovere in area la difesa olandese salì in blocco per applicare il fuorigioco e Verheyen, completamente solo sul lato destro dell’area di rigore, colpì al volo infilando la palla in rete. L’arbitro Khazakov alzò subito il braccio: fuorigioco. Ma il centrocampista dell’Anderlecht si trovava in posizione regolare al momento del cross, con arbitro e guardalinee che furono ingannati dalla posizione a centro area di Maurice Martens, che però fu completamente scavalcato dal pallone e non partecipò all’azione, né la influenzò. Le immagini trasmesse nel post-partita dalla televisione olandese non lasciarono dubbi. L’Olanda andava ai Mondiali, per la prima volta dal 1938, grazie a un errore arbitrale.

Fadrhonc aveva comunque i giorni contati. La Federcalcio olandese non voleva però licenziare il tecnico che aveva qualificato la nazionale alla coppa del mondo, e a tre mesi dall’inizio del torneo decise di affiancargli come supervisore Rinus Michels, che divenne di fatto il nuovo c.t. dell’Olanda, come si capì dai cambi di formazione (Jan Jongbloed per Schrijvers tra i pali, Arie Haan spostato dalla mediana al centro della difesa, dove fece coppia con il debuttante Wim Rijsbergen), tutti farina del suo sacco. Fadrhonc se ne andò una volta terminata la manifestazione.

Goethals invece, pur masticando amaro per “aver messo sotto la migliore squadra del mondo” (così avrebbe dichiarato qualche tempo dopo) senza aver ottenuto nulla, rimase sulla panchina del Belgio altri due anni. Fu proprio l’Olanda a decretare la fine della sua avventura in nazionale battendo i Diavoli Rossi due volte nei quarti di finale dell’Europeo 1976, che all’epoca valevano come play-off di qualificazione alla fase conclusiva e per questo motivo venivano disputati match di andata e ritorno. In seguito tecnico vincente con Anderlecht (Coppa Coppe), Standard Liegi e Olympique Marsiglia (Coppa Campioni), toccò proprio a Goethals, che armeggiava con i sottobicchieri per spiegare i principi non esclusivamente difensivisti del proprio calcio, passare alla storia come allenatore dell’unica nazionale nella storia dei Mondiali eliminata alle qualificazioni senza avere mai perso una partita né avere incassato un gol.

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