Inter, il successo dei dirigenti Marotta e Conte

22 Febbraio 2021 di Stefano Olivari

L’Inter ha vinto 3-0 il derby contro il Milan ed è adesso la favorita per lo scudetto 2020-21. Per meriti propri, perché si tratta della seconda rosa della serie A come valore dei singoli, e grazie all’handicap che la Juventus le ha concesso con la genialata del maestro liquido Pirlo. Ma ovviamente non vogliamo fare gli Sconcerti dei poveri, osservando che Perisic è una cosa diversa da Young, Darmian e D’Ambrosio (ma anche i pur degni, pensando alla prima stagione interista di Conte, Biraghi, Asamoah, Dalbert, Dimarco), bensì sorprendere ammettendo che ci siamo sbagliati di grosso.

Abbiamo sempre pensato e scritto che una società solida, con un orizzonte più lungo della prossima partita o dei prossimi mesi, sia alla base dei successi nel calcio, più dell’allenatore-guru o dei campioni in campo, che sono una conseguenza. E invece ci siamo sbagliati. Perché l’Inter è in vendita da mesi, con un solo reale pretendente di cui peraltro si sa pochissimo, ha un presidente come Steven Zhang  che nessuno in Italia ha visto (se non tramite Zoom o stupidaggini motivazionali) dallo scorso 7 ottobre, un azionista di maggioranza come Zhang padre che vuole dismettere le attività non strategiche come appunto l’Inter, un finto azionista di minoranza, un margine per fare mercato inesistente, visto che la differenza fra Dzeko e non avere punte di riserva (il Sanchez attuale e Pinamonti sono da zona retrocessione) è stata di 2 milioni di euro, una somma che è nella disponibilità di un medio dentista. Di più: Conte e i giocatori vedranno solo a fine stagione gli stipendi di novembre e dicembre, non esattamente spiccioli.

In questo quadro la società Inter è stata di fatto rappresentata negli ultimi mesi soltanto da Marotta e Conte, soprattutto da Marotta, bravi equilibristi nell’applicare metodi juventini (anche nei confronti dei media) senza però avere alle spalle gli Agnelli e tutti i loro vassalli. L’eventuale scudetto sarebbe un loro trionfo, ben al di là del 3-5-2 o di operazioni di mercato che sono state figlie delle situazioni, come il tentativo di liberarsi di Eriksen a gennaio. Alla fine torniamo a dire che meriti e demeriti sono della società, solo che in questo caso la società non coincide con i suoi proprietari.

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