Il Pianigiani scansato

15 Aprile 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni 
Arbitri inadeguati, gli assistenti di Peterson, il partito di Thibodeau, la superiorità del volley, i vigili annoiati, la primavera di Maciulis e Kaukenas, la squadra di Bucchi, i seimila del Forum, il futuro degli Udom e il sole nero dell’Olimpia.

Oscar Eleni dai bastioni di Orione in compagnia di Roy Batty, il replicante che non può sfuggire al cacciatore di androidi, l’umile servo sciocco di una verità che non sfugge agli artisti del pattinaggio sulla lama del rasoio delle cose impossibili da sostenere. Io ne ho viste di cose che voi spettatori del basket attuale non potreste immaginarvi, squadre in fiamme al largo del mondo dei più bravi, tutte quelle che sfidano Siena in Italia, i tiri da tre balenare nel buio vicino ai canestri di Tannhauser, e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo se continuano a far arbitrare partite importanti a gente come Sabetta, Pinto e Paternicò, se ci sospendono i Facchini o i Lamonica, se danno retta a quei commissari che non vedono bene Sahin, tignosi che non rispettano i Pironi modesti oggi esattamente come nei giorni in cui dirigevano le partite.
Tutto perduto nel tempo, come lacrime nella pioggia, quelle che versiamo guardando Dan Peterson tenere per le briglie un cavallo meccanico che gli caricano assistenti davvero bravi se gli lasciano fare l’esperimento con Rocca spremuto da un ruolo impossibile per i suoi mezzi tecnici per abbastanza tempo da permettere al Pianigiani esplorativo sull’anima finalmente Sana, nella Mente occupata dalle finali europee, di ritrovare i sali per rimettere in piedi i campioni che stavano per essere contati fino a 10, per ben tre volte. Saranno anche bravissimi Valli e Fioretti , ma questa idea che loro avrebbero grandi idee impossibili da trasmettere al Nonno semifreddo ci fa venire l’orticaria: da fuori sembra che ci dicano cose che noi umani non potremmo capire senza i loro filmati, senza le loro lavagne.
E’ tempo di morire, dice Rutger Hauer nel film di Ridley Scott perché adesso non vedi quello che altri umanoidi del mondo basket vedono così chiaramente. Chi sognava la forche per Peterson finge di vedere un’Armani che, finalmente, finalmente?, regge l’urto contro Siena. Quella era la vera Siena? A Barcellona non la farebbero entrare in campo. Ma andiamo con ordine sulle cose che non abbiamo visto noi androidi del partito del Thibodeau, non lo controllo il nome perché mi suona così, che ha portato i Tori di Chicago al primo posto professando la santa legge della difesa che funziona e come, soprattutto nella NBA del grande professionismo dove i bulletti alla Bryant pagano milioni le loro offese e non se la ridono con gente che usa cerotti neri per dimostrarsi solidale quando sa benissimo chi andare a cercare, chi dover punire, chi mettere alla gogna.
Da troppi anni diciamo che non si può andare con le famiglie a vedere avvenimenti sportivi, salvo che nella pallavolo. Ora questa gente ci irride, ci minaccia, ci dice che sono gli offesi a dover chiedere scusa. Tutti i grandi dirigenti odiano le curve ultras, ma poi giustificano o, peggio, dicono che sono state provocate. Ma questa gente vi condiziona persino sui giocatori, sugli allenatori: come fate ad essere così ipocriti e cosi ciechi?
Non abbiamo visto, e ci di spiace, Peterson scansare il paternale abbraccio del Pianigiani che voleva consolarlo. In passato sarebbe diventato un caso lo scontro quasi fisico fra Dan e Valerio. Adesso si sussurra, si dice, si ride al Tex Mex. Ha fatto bene Daniel Lowell terzo. Ma doveva scansare prima di tutto il bon ton con quegli arbitri che hanno permesso la mattanza dove i suoi tonni sono stati infilati nel terzo quarto degli orrori e degli errori. Inutile nasconderlo a Zancanella, alle associazioni rappresentate dai Sardella e dai Pironi, che gli arbitri, nello sport italiano, soprattutto nel basket dove ogni fischio vale come un rigore, sono simili ai vigili che si vedono gironzolare annoiati per strade anonime: state sicuri che daranno multe a catena dove la punizione non serve a migliorare né il traffico, né la convivenza. Non stanno nel cuore del doppia fila incivile, nell’occhio del ciclone, si defilano, fischiano tanto per fare cassa, ma nella sostanza la partita non sanno mai dove si gioca.
Non abbiamo visto fare una giocata decente a Maciulis e ci viene il dubbio che la primavera dei lituani sia sempre complicata pensando a Kaukenas, ma poi eccoti brontolo Lavrinovic e allora cosa pensare. Poi arriva un Petravicius da una volta al mese, poi sarà di nuovo in malattia, e scopri che Benjamin Eze ha davvero gli atteggiamenti sbagliati dell’uomo e del giocatore arrivato che mai gli avevamo visti quando giocava per Siena e questo ci dice che lodare il sistema Minucci è ancora poco, peccato che poi si infoltisca il gruppo di quelli con la faccia del Ferdinando e allora ti viene da ridere. Sarebbe bastato il vero Eze con Petra il malatissimo a far pagare un conto salato al turnover mensanino. Se non ora quando? Adesso dite voi. Non è più possibile eppure sarebbe servito un trucco per far credere che in Italia non ci avviamo al quinto anno di potere assoluto di una unica squadra.
Abbiamo rivisto bene cosa non è capace di fare Lynn Greer eppure all’Armani sono convinti di aver rubato la idea, made in Pesaola, a chi voleva il ragazzo triste. Se fossimo in Piero Bucchi la smetteremmo di dire in giro che Greer lo voleva anche lui. Si limiti a far scrivere che il record di Peterson fa venire il singhiozzo al sacrestano della chiesa rosa quando si accorge, eh sì loro si accorgono, che è più o meno quello del predecessore. Il fatto è che la squadra è stata fatta ad immagine e somiglianza dell’allenatore che c’era e il vecchio argonauta che non ha più il senso del ritmo si perde fra questi giocatori sirena che cantano le sue lodi, ma di nascosto ci bevono sopra. Non abbiamo visto quello che Trinchieri temeva di dover vedere: una Milano in corsa vera per il secondo posto. Fortuna dell’Armani che dal quarto in su hanno un ritardo abissale.
Abbiamo finalmente avuto una serata da seimila spettatori al Forum in pieno feriale, molto prima dei famosi orari che dovrebbero favorire gli stessi bottegai che ci infilzano con gli aumenti appena scoprono che c’è una scusa per dare la colpa ad altri, un circolo di bagordi che meriterebbe la frusta e la gogna mediatica, ma da noi, come succede con gli arbitri, si pensa ad altro e adesso vorrebbero tirarci in mezzo perché Enrico Campana, uno con cui combattevamo duramente tanto, troppo tempo fa, prima che lui pensasse all’olio e noi alla prostata, ha sposato la causa Facchini. Eravamo contro per principio. Dovremmo esserlo anche adesso perché ci ridarebbe gioventù, ci metterebbe in una posizione giusta per capire pensare, ma non ne abbiamo più voglia e Meneghin farebbe bene a mandarli in mona questi arbitri e le loro ripicche nel solito cortile, ma senza arbitri e senza vigili non ci si può salvare soltanto con l’instant replay.
Abbiamo visto con la maglia di Siena un ragazzo del 1992, Mattia Udom, dal fisico armonioso. Dicono che nelle giovanili spopola. Viene da altri mondi, ma è su questi che si costruirà il futuro di una generazione. Basta il riscaldamento a far giudicare un giocatore? No. Però aiuta.
Abbiamo visto tanti colleghi in partenza per Barcellona. Li invidiamo soprattutto adesso che abbiamo dovuto rinunciare per clonazione di carta di credito che ha reso ancora più leggero un conto che era già rosso di vergogna. Guarderemo in televisione anche se l’antennista di
Bogarelli non si vede ancora, ma lo capiamo il carissimo Bruno che guarda con ansia il suo Peterson circondato: per lui è ancora numero uno, ma purtroppo non è così e prima se ne accorgeranno meglio sarà, perché proprio da una posizione meno ingombrante si potrà arrivare a dire in faccia ai giocatori, alla società, alla gente quello che è stato fatto male anche dietro il paravento di finali scudetto che rappresentavano la storia Olimpia esattamente come quelle composizioni di ghiaccio che fecero suicidare il grande Depardieu nel film dove interpretava la parte del maestro di sala e di cucina del Re Sole. Qui il sole è come quello dei film sbagliati: un sole nero.
Oscar Eleni

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