In the box
Il momento perfetto di Mark Hateley
Stefano Olivari 31/01/2008
1. Recentemente, sul Daily Record, ci è capitato di leggere un articolo di Mark Hateley. L’anno scorso lo abbiamo seguito durante una trasmissione calcistica su Setanta Sport e ogni volta dobbiamo dire che ci fa estremo piacere leggere quello che scrive o ascoltare ciò che dice. Dobbiamo essere sinceri, questa simpatia verso Mark è un retaggio di gioventù, di quando arrivò in Italia e fece innamorare una generazione di milanisti. Hateley era il terzo britannico ad approdare a Milanello dalla riapertura delle frontiere nel 1980. Non si può dire che con i primi due il Milan fosse stato molto fortunato; Joe Jordan detto “lo Squalo”, negli anni Settanta fu un discreto attaccante che giocò sia nel Leeds United che nel Man U, oltre ovviamente che nella nazionale scozzese. Quando arrivò al Milan però apparve a tutti chiaro che fosse a fine carriera e il suo primo anno fu addirittura un disastro, con la retrocessione rossonera in serie B. Nell’estate dell’83 approdò poi in via Turati tale Luther Blissett, fenomeno o quasi del Watford di Elton John che strabiliava l’Inghilterra di quel periodo. Luther riuscì forse a fare peggio dello scozzese, diventando una sorta di barzelletta e venendo soprannominato anche dai compatrioti “Miss It” cioè ‘sbaglialo’, inteso ovviamente come il gol. L’estate seguente il Milan ci riprovò, perché nei primi anni Ottanta le squadre inglesi dominavano le coppe europee e un britannico in squadra voleva dire puntare sui migliori, i vincenti, quelli che il calcio lo avevano inventato (questa frase viene usata ancora spesso, in Inghilterra ma anche da noi, a volte anche a sproposito). Sbarcarono così sulla sponda rossonera del Naviglio Ray Colin Wilkins – giocatore già affermato del Manchester United – e uno spilungone dai capelli lunghi, i denti sporgenti e l’atteggiamento che lo faceva più sembrare un componente di una band tipo Clash che non un giocatore di calcio. Hateley tra l’altro proveniva dal Portsmouth, seconda divisione inglese, così che le previsioni di un nuovo fiasco si sprecavano tra milanisti e non.
2. Mark però impressionò subito grazie alla sua strapotenza fisica. Forse piedi non eccelsi, ma un colpo di testa ed una elevazione micidiali. Un gol all’esordio in campionato all’Udinese, due alla Cremonese, prestazioni sempre generose e battagliere. Ci mise pochissimo a diventare un idolo dei tifosi. Finchè arrivò quel giorno, il 28 ottobre del 1984. Il Milan non vinceva il derby da una vita e anche quello non iniziò particolarmente bene per i rossoneri. Splendido gol di Altobelli su cross di Rummenigge, pareggio di Di Bartolomei sempre nel primo tempo e poi nel secondo Mark decise di entrare nei cuori dei tifosi milanisti per non uscirne mai più: splendido colpo di testa in elevazione su Collovati e incornata per il gol della vittoria. Hateley quel giorno volò in cielo, si disse, e con lui una tifoseria che negli anni precedenti aveva vissuto sofferenze inenarrabili. La domenica successiva a Torino contro i granata Hateley si infortunò, stette fuori dai campi per un po’ di tempo e praticamente non volò più. Ancora qualche gol in quella stagione 84/85, qualche lampo nella successiva e il quasi nulla nella stagione 86/87. Nel giugno dell’87 Hateley lasciò il Milan, destinazione Monaco, dove nei tre anni vissuti in riviera vinse anche un campionato. Nel 1990 il trasferimento ai Rangers – anche qui vittorie di campionati in serie – poi Queens Park Rangers, Leeds, ancora Rangers Glasgow, Hull City e Ross County per concludere la carriera nel 1999. Una carriera ricca di successi ma non esaltante, con il pensiero di ciò che poteva essere ma non è stato. Da quel 28 ottobre del 1984 Hateley diventò un latro Hateley, ma in quel breve periodo in cui fu al massimo riuscì ad infiammare i cuori dei tifosi rossoneri come e più di campioni di ben altro spessore che sarebbero arrivati negli anni successivi. Per molti tifosi del Milan Hateley è ancora là, sospeso per aria a San Siro, in quel fermo immagine immortalato in mille poster, ritagli di giornale, fotogrammi che lo vedono sovrastare Collovati e mostrare che in fondo al tunnel c’era ancora luce.
3. Il prossimo 6 febbraio ricorrerà il 50° anniversario della tragedia di Monaco di Baviera, quando l’aereo del Manchester United in partenza dalla città tedesca – dove aveva fatto scalo dopo una partita di Coppa dei Campioni disputata a Belgrado – si schiantò sulla pista mentre il velivolo stava cercando di partire per far ritorno a casa. Ventitre persone fra giocatori, dirigenti e giornalisti persero la vita e da quel giorno i famosi “Busby Babes” entrarono nella leggenda. Questa settimana abbiamo letto su Mr Football un bell’articolo di Luca Manes, autore che aveva già scritto anche un interessante libro sull’argomento. Il Manchester United ha già annunciato che celebrerà l’evento il weekend successivo durante il derby di campionato contro il City. I giocatori indosseranno una divisa speciale, senza sponsor, senza nomi sulle maglie ma soprattutto è stato detto che la maglia celebrativa non verrà messa poi in vendita e questa, in tempi di merchandising sfrenato, ci sembra la novità più bella. Se quel giorno i tifosi del City non rovineranno con cori beceri il minuto di silenzio e in campo i giocatori si comporteranno in maniera corretta, la frase “questa è una bella giornata di sport” non sarà così vuota e retorica come di solito appare.
Luca Ferrato
ferratoluca@hotmail.com