Il limite di Federer

13 Novembre 2012 di Marco Lombardo

Che dire se a un certo punto ti accorgi di avere il fiatone proprio all’ultimo gradino, se ti arriva una mail che ti parla di un certo famosissimo Emis Killa e tu non sai chi sia? Diamine, è semplicemente che passa il tempo ma la tua testa è distratta e non va nella direzione del tuo corpo. Anzi, resta indietro. «Non posso giocare meglio di quanto abbia fatto stasera», e anche se le parole di Roger Federer sembrano l’abdicazione di un re, tu sai che nella sua testa non è possibile che Novak Djokovic sia il Maestro del tennis, il numero uno, quello che occupa un trono che è stato ancora suo. «Roger questa sera mi ha spinto ogni limite», e il problema è questo: nonostante finisca due set a zero alla fine è bastato un punto in più per dire che è sempre più l’era di Djokovic. È sempre meno quella di Federer. È questo, insomma, il problema: gli anni passano per tutti, e adesso che Roger ne ha 31 ed è resuscitato già troppe volte è dura dover dire che adesso è di nuovo finita. Il suo 2012 finisce con uno Wimbledon in mano e potrebbe non essere l’ultimo Slam della sua storia. Però, davvero, che fare adesso? Intestardirsi in una vita di fantastico numero due finché dura, o incominciare ad ascoltare quel dritto che non entra nella partita che non puoi sbagliare, quel piccolo fiatone sulla palla che una volta finiva sempre dall’altra parte del rete? In fondo è il destino dei grandi e visto alla parte del più grande il dilemma non è di facile soluzione: Max Biaggi, per dire uno, pochi giorni fa ha deciso di dire basta con un titolo di campione del mondo sulla moto, ma lui – si dirà – di anni ne ha 41. E allora Vale Rossi – giusto per fare confronti più vicini – si è invece appena infilato un’altra volta nel box Yamaha per non finire una carriera da fuoriclasse sul Sunset boulevard ma rischiando di sbagliare al bivio. Non è facile capire chi ha ragione. In tutto questo poi c’è anche il problema che in fondo vecchio non sei, anzi: sei integro, capace ancora di tuffarti a rete per una volée, ancora migliore di tutti tranne uno. “Mi diverto sempre troppo, perché lasciare?”. Però non è neppure più come una volta, quando azzannavi gli avversari senza pietà e se ti trovavi avanti di un break in un se ti bastava per aver già vinto la partita, figuriamo se i set in cui succede son due e se alla fine quei set li perdi entrambi. In pratica: è come quando devi tirare uno smash e non puoi sbagliare l’angolo, perché se l’altro ti ributta indietro la pallina, finisce poi ti tocca imparare chi sia Emis Killa. E scoprire che il tuo mondo può fare a meno di te.

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