Svegliarino

Il commissioner Galliani

Stefano Olivari 29/02/2008

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Non è un mistero che Antonio Matarrese non piaccia più a nessuno, per motivi strettamente finanziari: né alle grandi che l’hanno visto passivo di fronte alla legge Melandri, che peraltro non avrà vita lunga, nè alle piccole stizzite per la gestione della vicenda dei diritti televisivi della B. Prima subordinati ad uno sconto di Platini per la subcessione di quelli europei (figura meschina globale) della Rai, poi dopo la persistente inerzia dell’emittente di Stato offerti a mezzo mondo, da canali porno ad emittenti localissime, senza incassare nemmeno l’offerta di accollo dei costi di produzione (15mila a partita, per una cosa che non sembri il filmino del compleanno). Politicamente l’ex deputato Dc (18 anni di sporadiche visite a Montecitorio) non ha più sponde, la sua ora sta per arrivare ma prima devono andare nella loro casella alcune pedine. E non occorre essere Kasparov per intuire che la prima è Adriano Galliani, che punta alla presidenza della Lega ma non vuole ritornare, soprattutto nel caso di scissione fra A e B, al doppio incarico che tanto fece discutere (anche gente che l’aveva votato, tipo Moratti e Sensi, e che avrebbe dovuto prendersla con se stessa): il vicepresidente del Milan viene ritenuto adatto dai peones a contrattare con le tivù le migliori condizioni possibili, soprattutto per chiaro e highlights, anche senza arrivare al miliardo di Matarrese. Con Berlusconi presidente del Consiglio su uno sbocco del genere si potrebbe giurare, con conflitto di interessi saltato all’italiana attraverso la gestione del Milan da parte di un manager sportivo di assoluta fiducia. Non Luciano Moggi, sogno di Berlusconi (un po’ meno di Galliani), come lo stesso Moggi va dicendo negli ultimi giorni a giornalisti amici, per la banale ragione che c’è una squalifica ancora da scontare: ci sarà tempo e modo per rendersi utile, comunque. I nomi caldi sono diversi, niente è ancora deciso, ma per evitare di fare la lista della spesa per poi puntare allo ‘Io l’avevo detto’ ne facciamo solo uno, non come dirigente di grande visibilità ma come braccio del Galliani emigrato in via Rosellini: Gino Natali, ben noto agli appassionati basket come dirigente in genere delle società di Giorgio Corbelli. L’ultima in ordine cronologico l’Olimpia Milano, dalla quale Natali è stato allontanato in circostanze poco chiare (nel senso che la mossa di Corbelli potrebbe essere stata solo di facciata) qualche mese fa in seguito non tanto ai risultati scadenti, quanto ad un mercato gestito in maniera fallimentare: un capolavoro il contratto di Danilo Gallinari, non prolungato per tempo ed adesso legato ad una clausola capestro (in sintesi: se a giugno Gallinari vorrà cambiare squadra rimanendo in Europa l’Olimpia continuerà a controllarlo e potrà guadagnarci, se invece come probabile sceglierà la Nba l’Olimpia lo perderà a zero). Natali viene tenuto in caldo per progetti cestistici slegati da Corbelli, ma intanto è stato gradualmente introdotto da Galliani nel mondo Milan, ormai non c’è evento nel quale non lo si incroci (domenica sera gli abbiamo quasi sbattuto addosso a Milan-Palermo), e quella rossonera è una società così organizzata che fare danni è difficile. Curiosità: sua figlia è legata all’indimenticato Ciccio Colonnese, uno dei pupilli di Moggi (davanti ai nostri occhi una volta lo chiamò ‘papà’, senza ironia), che a suo tempo ne consigliò l’ingaggio a Moratti per la serie ‘noi uomini di calcio’. Insomma, Natali o non Natali, saremo sempre vicini a quel mondo, con ovviamente un personaggio di indiscusso prestigio a fare da garante: chi meglio di Paolo Maldini?

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