I ricordi di Aza Petrovic

22 Ottobre 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
1. Impressionante la ferocia con cui Siena ha asfaltato il Cibona Zagabria, con un 85 a 40 che definiremmo ‘di altri tempi’ se non fosse che è un punteggio degno proprio di questi tempi: con la distanza fra squadre da Final Four e squadre contente di esserci che è aumentata rispetto agli anni scorsi. Sulla carta e purtroppo anche sul campo, come dimostrato ieri anche dalle cavalcate del Barcellona (con il miglior Rubio degli ultimi tempi) sul campo del Fenerbahce e dell’Olympiacos dal budget illimitato (35 milioni di euro la più recente proiezione) sull’Orleans. Straordinaria la presisone difensiva della Montepaschi, a tutto campo ed anche sul più trenta, contro una squadra che non ha ambizioni ma è tutt’altro che male al di là del fatto che ieri tutti abbiano fatto un’impressione pessima. Gli ex Fortitudo Jamont Gordon e Bagaric, il buon tiratore Graves, l’ex madridista Tomas, la grande promessa Tomislav Zubcic (un 2.08 che segna dagli spogliatoi, fra l’altro suo il tiro da tre che che ha portato la squadra di Perasovic sul meno 6, 20-26 ad inizio secondo quarto, prima che si spegnesse la luce): gente decente, che però contro Siena ha chiuso con la peggior performance offensiva casalinga di tutti i tempi in Eurolega. Contando anche le squadre in trasferta, non si è riusciti comunque a superare il record negativo (35…) del Krka Novo Mesto. Magra consolazione, in tribuna Aza Petrovic non avrà potuto fare a meno di pensare ai favolosi anni Ottanta: anche perchè prima dell’inizio il Cibona ha ritirato la maglia numero 4 di Mihovil Nakic e quella numero 11 di Andro Knego, da adesso all’eternità appese a fianco di quella dell’immenso fratello.
2. Memorabile anche la giornata di Napoli, ma non sul campo. Presentato Damon Jones, apparso in buona forma nella seduta di tiro ed onesto nell’ammettere di non conoscere né Marcelletti né tantomeno i nuovi compagni. A parte Kevin Kruger, ma solo perchè il padre Lon è un famoso allenatore di college (dal 2004 guida UNLV) con anche un’esperienza NBA (tre anni da head coach agli Hawks e uno da assistente ai Knicks). A proposito di Marcelletti, il tecnico dello scudetto casertano 1991 non si è visto alla presentazione e nemmeno all’allenamento del PalaBarbuto. Dopo il derby straperso con Avellino la rottura con la società è parsa evidente, ma ci sembra strano che dopo essersi messo in gioco qualche settimana fa quando mancava tutto adesso che arrivano i rinforzi Marcelletti sia andato al muro contro muro. L’esonero sembra imminente, sulle sue vere cause per il momento non facciamo illazioni anche se un’idea ce l’abbiamo. Curioso poi che improvvisamente il mercato della squadra di Papalia sia esploso, con un susseguirsi di voci da Boykins in giù: bisognerà dirlo ad Allred e Reynolds, si vede che non avevano capito il ‘progetto’.
3. Il doping fa solo male o aiuta anche a stare meglio? Il fronte dell’ipocrisia è stato rotto ovviamente da Mark Cuban, che durante una conferenza all’università di Pittsburgh rispondendo a domande sul caso di Rashard Lewis (sospeso per 10 partite, causa livelli di testosterone troppo alti) ha spiegato che gli steroidi possono essere utilissimi nello sport per recuperare dagli infortuni. Sotto il controllo di un medico vero, ovviamente, e con limitazioni, anche se lo stesso proprietario dei Mavs si è detto consapevole dei meccanismi mediatici: ”Sicuramente i titoli saranno ‘Cuban a favore del doping’, o cose del genere”. Va detto che la Nba i controlli esistono, così come una lista di sostanze vietate, ma che le sanzioni sono molto blande. Per dire, solo alla quarta (!) positività riscontrata esiste il concreto pericolo di perdere una stagione: come spiegato anche in una interessante inchiesta di American SuperBasket di qualche settimana fa, in cui si faceva un parallelo con la Nfl. La curiosità è che le pene sono invece più severe in caso di positività a sostanze per così dire ‘ricreative’ e non volte a migliorare le prestazioni: cocaina, marijuana, eccetera. Vale per la Nba quello che vale per tutto il resto: bisogna crederci.
stefano@indiscreto.it

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