I quintetti degli assistenti

18 Aprile 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
La vendetta dell’Uleb, le randellate a Repesa, il sogno italiano di Petrucci, Peterson catatonico, il valore di Traoré, il vero sistema Olimpia, gli ingaggi senza senso e la Sardegna che fa la storia. Voti a Datome, Linton Johnson, Bechi, Nenad Vucinic, Lardo, Cancellieri, Sky, Sportitalia e Recalcati. Chiusura con proiezioni, stile Faina e formula Erode…

Oscar Eleni dal tavolo di ping pong dove giocavano Robert Redford e Paul Newman prima e dopo le riprese di Butch Cassidy perché quel finale fantastico ci fa sdraiare di fianco a Dan Peterson, Jasmin Repesa, Tanjevic e Filipovski. Sono i dannati del momento perché essere vipere con i battuti diventa il giochino di primavera, ma come sanno questi illustri professionisti quando si è incudine devi stare al gioco, così come quando eri martello ed eri tu a battere. Facile capire che sono diventati incudine da come vengono trattati dagli arbitri e ci auguriamo che il massacro Benetton contro Siviglia abbia soddisfatto abbastanza la fame vendicativa dell’Uleb sull’Italia, dopo la rinuncia di Torino, dopo i flop in tribuna e sul campo di squadre come Roma e Milano, perché non vorremmo che anche Siena dovesse pagare debiti non suoi alla disperazione greca, alla disperazione catalana.
Certi fischi, certi fiaschi, un tempo avrebbero provocato sommosse, invece siamo qui ad indagare sul Pironi offeso, sul Facchini sospeso, sul Paternicò sospettato, ma nessuno prende le parti dei grandi caduti. Neanche loro vorrebbero questa giustificazione, ma dopo Milano-Siena è sicuro che Peterson si aspettava qualcosa dai suoi dirigenti, cioè dalla proprietà, ma gli hanno detto che non è nello stile della casa. Anche Repesa si è preso le sue randellate da chi non gli ha mai perdonato di aver dato al nostro basket più giocatori di tutti i chiaccheroni che vanno in giro a vantarsi del nulla ed è facile prenderlo a pernacchie se va in una semifinale europea presentando ragazzi non ancora pronti alla grande mischia pur essendo veri talenti.
Per Filipovski non ci sono tutele alla sfortuna, non ha mai giocato con la squadra al completo, come del resto Boniciolli, ma bisogna dire che la Lottomatica al completo è proprio come l’Armani: un gruppo messo insieme seguendo logiche uterine tipo italianità per la Roma che sognava e sogna il Petrucci cacciatore di ciclisti imbroglioni anche se le accuse fatte agli sportivi che faticano di più dovrebbero spingerlo a cercare anche in spogliatoi di altri sport la fiala proibita, il medicastro con la pozione e la tendenza al trucco del motore.
Milano non ha mai cercato nel suo passato le chiavi per il suo futuro, quando lo ha fatto era troppo tardi e continua ad essere tremenda la previsione sul domani di un’Olimpia che soltanto adesso ha scoperto di aver scelto tanti uomini sbagliati e costosi che non potevano salvare la gestione Bucchi, rimpianta da chi credeva che la lunga linea grigia avrebbe portato oltre West Point, né possono aiutare Peterson ad uscire dal suo catatonismo di nonno paziente che vede cose positive persino nelle due partitacce giocate da Tristezza Greer, uno bocciato altrove e rimpianto soltanto da chi lo aveva avuto a Napoli, quando la sua debolezza difensiva e nella creazione del gioco veniva mascherata bene da quel tiro mortifero che ogni tanto si rivede, non a Varese, ma il tiro c’è, soltanto quello però.
Il caso Roma è differente: capire che Traorè vale dieci Crosariol poteva salvare tante cose e, invece, per evitare mugugni, nerovosismi, si è aspettato che il centrone si facesse male. Errore grave nella scelta delle gerarchie interne, perché se lasciate fare ai giocatori scelgono per interesse personale e gli italiani di Roma, siamo sicuri, sono tutti solidali con agenti e stipendi degli altri, non di gruppo. Reinserire Vitali ha un senso se non deprime chi merita il suo posto. Ci voleva la spugna molto prima e allora i Datome sarebbero venuti fuori bene come succede da quando lo vediamo battersi senza pensare che verrà giudicato soltanto per il suo bel tiro: il ragazzo è diventato uomo e sentirgli fare autocritica per una difesa sbagliata nell’azione che ha deciso la partita di Sassari ci dice che il fiore è sbocciato e su di lui si può e si deve contare, nella speranza che ora impari a convivere anche con il dolore.
Su Milano lasciamo le danze festose a chi voleva mangiarsi Peterson quando era il migliore dei telecronisti per la diffusione dello sport americano, persino della lotta fra pagliacci muscolosi, a quelli che sapevano bene come sarebbe andata a finire perché erano poi gli stessi che credevano davvero alla storiella del Nano Ghiacciato portato ai trionfi nell’età dell’oro per merito di altri, assistenti, giocatori in campo. Balle colossali. Era il sistema Peterson, era la dura lex del sistema Olimpia, presidente, manager, allenatore, squadra, a proteggere i grandi risultati e la coda della cometa si è vista nell’anno in cui lui ha lasciato e la squadra ha vinto ancora. Poi il nulla o quasi.
Ora è fin troppo evidente che Peterson subisce tutto: gli arbitri, le tattiche del nemico che non fa fatica a capire come si possa incatenare una squadra dove nessuno ti regala certezze nelle scelte, nel gioco. Milano non dovrebbe mai trovare una difesa schierata, se succede ha bisogno di due cose importanti: segnare sempre, qualche volta è accaduto, a Mosca, a Valencia, nelle partite di campionato con le squadre di seconda fascia, difendere così bene da potersi garantire contropiede e campo aperto e questo lo abbiamo visto solo all’esordio del Dan contro Caserta quando era stato tolto il freno a mano. Poi, chissà perché, il freno è stato tirato di nuovo. Ora ci chiediamo se questi assistenti, che Peterson definisce straordinari, hanno idee diverse da quello che era un grande capo allenatore, perché se non è così allora poveri loro e povera Armani. Non capiamo certi quintetti nei periodi delle partite dove Milano viene regolarmente rimontata: in coppa Italia da Avellino, contro Siena, contro Varese dove alla fine c’erano bassotti infelici e senza un’idea vera in attacco, per non parlare della difesa: se ne è accorto persino Davide Pessina. Se voi foste gli avversari di un attacco che ha come tiratori designati Mancinelli, Hawkins, Jaaber, che ha sul campo Rocca, come vi difendereste? Elementare direbbero tutti i grandi Watson in rosa-amaranto. Non li ha voluti Peterson i Maciulis o i Pecherov, non li ha pagati il Nano certi ingaggi sopra i 700, 800mila, 1 milione di dollari a certi giocatori da prendere con le molle, ma non per paura, soltanto per stenderli al sole in attesa che arrivi quache allocco che offra un euro in più.
Basta con il male. Ci serve il bene, ci servirà fino a Barcellona dove la povertà ci impone di guardare tutto da troppo lontano. Erano altri tempi quando si poteva cercare l’avventura sulle ramblas, nel ristorante di San Epifanio, nella notte dove Zelio Zucchi sapeva guidarci dentro il peccato senza essere contaminati dallo stesso, nei giorni magici di una Olimpiade che cambiò la città, ma non la catalanità anche se Montalban ci brucerebbe sentendo una cosa del genere. Pazienza, ma staremo in parete anche al freddo pur di sentire cantare la gente di Siena. Questa dovrebbe essere la giornata per celebrare le 600 vittorie di Recalcati, la salvezza con aggiunta di sale, pepe e spezie meravigliose, per il Romeo Sacchetti che con tutta Sassari grida ai ricchi dell’isola e a quelli bilionari che in Sardegna vanno a divertirsi: dateci una mano, uno sponsor e vi divertiremo come successe con il C
agliari di Arrica, Riva e Scopigno. Giornata speciale per Vitucci e Zorzi che hanno riportato nuvolaglia su Caserta e la Pepsi sgasatasi al nuovo sole. Pagelle dal marciapede di Santa Monica dove Redford guardava i tramonti dimenticando la sua poliomielite. 
10 Al DATOME autocritico anche dopo aver giocato una bella partita a Sassari dove Roma ha scoperto Traorè, ma non ha ancora trovato la sua vera squadra.
9 Al JOHNSON di Avellino che è fiorito quando sembrava che per l’Air non ci fosse più ossigeno. Il paron e Vitucci sanno come lavorare sul talento, basta seguirli.  
8 Al BECHI da combattimento che si batte con Brindisi per una salvezza sempre difficile: peccato che ai livornesi non tocchino sempre le stesse triglie. Allegri e Mazzarri sono al tavolo dei ricchi, Bechi, come Ramagli, deve guardare il mondo dal basso per decreto di chi non ha mai riconosciuto il loro buon lavoro persino a Biella che ora deve battersi con loro per la salvezza.  
7 Al VUCINIC allenatore di Forlì, in A2, perché se è vero che questi maghi della scuola slava non fanno miracoli più di altri, è anche vero che dove arrivano lasciano comunque una vera impronta. Forse non si salverà, ma, forse, se ci riuscisse, metterebbe nei guai chi era convinto di saperla lunga.  
6 A Lino LARDO perché non è davvero facile cavarsela con una Virtus che certo deve sentire la tensione fra città e proprietà, con una squadra che ha benzina per un discreto finale, ma soltanto discreto, sia chiaro. Ecco il problema per chi pesa i sassi con le rose.  
5 Ai PANCHINARI SBADIGLIANTI: contenetevi ragazzi, chi gioca vorrebbe sentire il fuoco dei compagni, anche se lo sbadiglio, dicono, nasce pure dalla tensione. Va bene, ma allora copritevi almeno le fauci.  
4 Al CANCELLIERI che non riesce a portare Biella fuori dalla sabbie mobili della zona retrocessione perché vedere atteggiamenti giusti nelle sconfitte è molto pericoloso e non è vero che se lo dice anche Peterson dopo i suoi bagni turchi allora serve. Non serve.  
3 All’ULEB per gli arbitri della finale europea di Treviso perché sembra di essere tornati ai tempi in cui la FIBA decideva tutto e calpestava ogni diritto.  
2 A SKY e SPORTITALIA che pensavano di avere telecronisti da sballo, i migliori del pianeta come dice Marianella, perché sono bastate 4 telecronache di Eurosport per farci capire che si può essere al servizio della gente ed essere pure competenti.  
1 A Carlo RECALCATI che nel giorno di festa fa capire ai giornalisti che non gli interessa se vanno tutti dietro al Peterson appena battuto. No, caro Micione, torna a graffiare e a polemizzare come dice Bianchini, perché abbiamo bisogno di sale per le insalate dei playoff.
0 Agli ARBITRI italiani che a 4 giornate dalla fine non hanno ancora stabilito un metro per i contatti senza palla, per quelli vicino a canestro. Non ci stupiamo di questa confusione in un ambiente che ha voluto autonomia per essere più autonomo nelle litigate da cortile.  
PROIEZIONI “ TOCCANTI”: Siena 56, Cantù 44, Milano 42, Bologna, Avellino, Treviso 30, Varese, Caserta e Roma 28, Pesaro, Sassari, Cremona 26, Montegranaro 24, Biella 22, Brindisi e Teramo 20.
P.S. FORMULA ERODE: si è chiusa la prima fase dela campionato di A dilettanti che avrà tagli dolorosi per la nuova formula. Filippo Faina ha concluso con 11 vittorie su 12 il suo lavoro a Torino dove Moncalieri lo aveva chiamato quando la squadra nata per la promozione era in zona retrocessione. Per amore ed amicizia non diremo delle sue molte qualità, ma una cosa ci ha colpito perchè gli uomini di sport e di basket devono essere così. Ha chiuso battendo la Virtus Siena dei giovani talenti, la squadra che ha vinto la coppa Italia, la società per cui si è pensata la nuova formula. Ebbene, Siena retrocederà se non avrà una wild card. Faina era proprio addolorato e chiede a gran voce che la Federazione si ricordi di una Virtus che i giocatori giovani li ha lanciati e li lancia davvero, del presidente Bruttini che ha fatto miracoli e capolavori e ora si trova in questa palude.
Oscar Eleni

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