Gli offesi di Treviso

21 Febbraio 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Il viaggio di Kenney, i rospi di Peterson, il lungo addio dei Benetton, gli allenatori-guitti, l’inchiesta dell’Espresso e l’accanimento degli altri. Voti a Sacchetti, Mahoric, Ciamillo, Castoria, Sacripanti, Roma, Griffin e Milano.

Oscar Eleni dopo la meditazione con il bio Chianti a Castelnuovo Berardenga per superare la settimana più dura in un mese dove hai accompagnato nell’ultimo viaggio gente che è stata parte importante della tua vita, per non pensare all’ultimo addio e alla tragedia di un amico. Ci voleva altro che un Chianti rosso granato, splendente che sapeva di visciola, melograno, chinotto, curry, rosa, chiodi di garofano e cannella. Non eravamo pronti neppure al viaggio della nostalgia che ha fatto Arturo Kenney per onorare il ricordo di Cesare Rubini a Trieste e di Pino Brumatti a Lucinico dove la moglie dell’ultimo eroe ancora conserva l’anello dell’università che il Rosso regalò al suo compagno sfortunato nei giorni in cui questa coppia era il vero emblema del modo di vivere Olimpia. Con lui c’era Andolfo Basilio, un altro degli anni d’oro, l’ironia al potere, l’intelligenza al servizio del gruppo e anche di Rubini che ne aaveva spesso bisogno, un uomo dal tocco gentile che è impegnato, come tanti del vero gruppo scarpette rosse, per dare un aiuto concreto a chi è rimasto, perché la vita continua per chi resta.
Siamo scappati lontano puntando su agnello, tartufo e baccalà cotto nell’olio con crema di ceci, di Zagarolo dove almeno avremmo trovato Enzo Rossi, ex commissario tecnico dell’atletica, sindaco del borgo antico, uno che ti faceva ridere anche sotto zero, uno che lo spaghetto Verrigno con ragù bianco d’oca e limone te lo fa digerire quasi come le partitacce dell’Armani di Peterson che a Brindisi ha avuto le visioni come succede a chi supera una certa età. Lo hanno intervistato per D, supplemento di Repubblica, e il Nano ci ha sbalordito quasi quanto nel dopo partita brindisino perché è stato l’unico che nella immeritata vittoria al supplementare con gli ultimi in classifica ha visto sputare sangue quando invece erano rospi con il contorno di bile che tocca ai paurosi infagottati in vestiti che non meritano d’indossare. Dunque il Peterson pensiero in questo momento dove sembra non capire che la linea grigia dove cammina la sua squadra è senza contatto con la realtà: Voleva fare il calciatore professionista molto prima che Berlusconi gli offrisse il Milan, vorrebbe la moglie (?) come regista del film sulla sua vita, furbo al cubo quando dice che più dell’amore conta la distribuzione dello stesso, ateo senza paradiso è pronto ad essere Rambo per distruggere il negativo della terra lui che lasciò il Cile mentre accoppavano Allende, nemico dell’egoismo e della stupidità sapendo che una dichiarazione come questa lascia perplessi almeno sul fatto dell’egoismo per chi lo conosce a fondo. Sappiamo che gode della pace mentale ed è un buon segno per l’Armani che già conosce i posti dove potrebbe scappare se il futuro sarà come contro Treviso, ma, accidenti avete visto la Benetton perdere 28 palloni a Varese, Biella, Avellino, Brindisi, perché ha in mente di visitare Crimea e Georgia. Peterson e i suoi guai cercati con presunzione, la sua vista su un lago dorato pieno di mostri, ma non è l’unico.
Siamo sbalorditi dalla Benetton, come squadra, ve lo abbiamo già detto, perché questi giovani peccatori si mangiano le mani quando non serve e i canestri quando sarebbero utilissimi prendendo come scusa il limbo societario che esiste da quando hanno chiesto a Buzzavo di stare ai margini, ma restiamo senza parole davanti alla reazione della città dopo l’annuncio di Gilberto Benetton che è stanco dello sport come lo si vive adesso nel basket e nella pallavolo. Tutti indignati. Non era il tempo giusto. Non doveva farlo. Ci ripensi. Siamo amareggiati tutti, ma lo avevamo già capito nel momento in cui erano gli eredi più giovani a dover gestire una parte del patrimonio sportivo. Le loro facce imberbi, già ai tempi, quegli sbadigli, quella noia che si vedeva sul cachemirino, erano un messaggio criptato. Bastava aspettare ed ecco che tutto è accaduto come si temeva perché Gilberto ha dovuto battersi sempre contro l’ala splendida splendente di Luciano per sostenere notti speciali come quelle che si chiamavano “Io c’ero”. C’era molta differenza nell’impegno, da una parte sudore, lacrime, scudetti, coppe, ma niente se ascoltavi chi respirava meglio con Oliviero Toscani e fra gli scarichi di benzina ai tempi del primo Briatore e di Schumi. Restava il rugby a metà strada. Amato da tutti perché era speciale, era più storia rispetto agli altri. Ora la Treviso che non ha mai trovato un canale televisivo per parlare di tre squadre campioni d’Italia, volevano soldi per trasmettere, per dare informazioni, costringendo la Verde sport a cercare studi persino a Mestre, adesso che tutto cade, gli stessi che non andavano più al palazzo, la Benetton è ultima come presenze di pubblico nel basket, fanno gli offesi.
Siamo davvero messi male e lo si capisce nei momenti di meditazione, della disperazione che ti fa persino stringere l’immagine sulle partite, togliendo rigorosamente l’audio, ma questo lo abbiamo fatto spesso, per ricollegarti al momento del risultato. Perché? Siamo stanchi dei musini da mondo corrotto. Gli allenatori sono tutti attori, alcuni restano guitti, altri hanno imparato la parte. Insomma contro Siena, le grandi, le facce sono sempre da teatro dei disgraziati: se il fischio è a sfavore i capi delle grandi dicono con gli occhi “ statti accuorto perché poi ti ricuso”; se invece è per chi comanda e sempre comanderà allora vedi i sottomessi urlare senza avere voce, girandosi alla tribuna e allargando le braccia: e quando li batti questi…. C’è da stare male e il rubicondo Zancanella che vuole il sorriso dovrebbe stare un po’ più attento alla digestione di certi arbitri che mandano in confusione giocatori già confusi dalla pizzarra. A proposito ci dicono che prendere in giro chi pubblicizza la lavagnetta è una crudeltà demenziale perché quello spot serve per fare beneficenza. Va bene. Ci scusiamo. Sia chiaro, però, che i ricchi, lo Stato che prende le tasse, possono aiutare. I poveri mai e gli allenatori giovani tenuti a pane ed acqua non avranno mai una pizzarra luminosa.
Siamo confusi dopo aver scoperto che l’Espresso, un settimanale che leggiamo da quando eravamo ragazzi, dai tempi del benedetto lenzuolo, si occupa di basket. Un piacere raro. Lo fa per denunciare sprechi, come in tanti altri settori. Il bersaglio sembra Meneghin. Lui replica, loro tacciono e pubblicano un altro attacco che arriva dalla Liguria, ma ce n’è uno anche più velenoso che nasce nel Veneto. Insomma, chi sega la panca in vista del 2012 sembra già in movimento. Ora tutti sappiamo che Meneghin è monumento per noi, ma lui ha sempre odiato di stare in mezzo alle piazze con i piccioni che lasciano le loro deiezioni sul naso o sulle braccia. Accettò la presidenza perché la barca era alla deriva per colpa di un manipolo di schiene fintamente dritte che ora smaniano per rientrare da qualsiasi finestra aperta sul cortile, anche da quella dei servizi comuni nelle case di ballatoio. Sapevamo che poteva essere presidente se avesse avuto un aiuto leale dai consiglieri, dai comitati regionali. Non è accaduto. Gli arbitri sono stati i primi a metterlo in difficoltà e continuano. Poi si sono mossi tutti quelli che sanno benissimo di sparare sul pianista sbagliato perché le falle federali, dei comitati, esistono da sempre perché a guidarle, anche mimetizzandosi fra i pennini e le gomme, sono quasi sempre gli stessi. Non proteggere il soldato Meneghin è da schifosi, ma per fortuna Petrucci lo ha capito e ora cercherà di seguirlo più da vicino avvertendolo subito quando entra nel campo minato come è accaduto nei giorni della coppa a Torino dove lo convocò d’urgenza.
Pagelle prima di rimettersi
alla tavola dei desideri, delle illusioni, dove tutto aiuta a dimenticare, anche se poi il fegato ti dice che lui non dimenticherà mai lo sfregio.
Lo fa da sempre. Prima o poi avrà ragione. Aspettando ispirazione per i voti un messaggio a chi telefona e a chi domanda i motivi dell’accanimento contro i membri, veri o presunti, della banda Osiris. Non sappiamo il motivo di questo scatenamento che non avremmo sopportato neppure nei giorni in cui la rosea era campo di battaglia e non il giardino per le schiacciate saltando una macchina. La battuta ce la regala Paul Meurisse in un film del 1966,”Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide”, un piccolo capolavoro che serve da manifesto ai giorni che viviamo: “Lei vuole scherzare, commissario: sono anni che non sparo più.” “ Già perché i tuoi avversari sono tutti morti.” Avete capito adesso che accetto persino di sentirmi dire che non sono più l’orso di un tempo? Voti e bio chianti ridendo con Enzo Rossi.
10 A Romeo SACCHETTI perché se la suda davvero la vita come allenatore, esattamente come quando giocava. Di lui ci accorgeremo tardi, ma quando succederà sarà apoteosi.  
9 Ad Arturo KENNEY per il suo pellegrinaggio del dolore. Viene da New York, ha cambiato azienda ma non cuore. Per chi non capisce le storie antiche vada dal rosso che per una settimana starà a Milano. Facendolo potrà anche imparare l’italiano da uno che è meticoloso nella ricerca delle parole.  
8 Al MAHORIC che emoziona persino Lupo Portaluppi con questa Cremona che sembra più vicina al mondo dei play-off che a quello della salvezza.  
7 Ai fotografi imperiali CIAMILLO e CASTORIA per il clinic torinese ai giovani professionisti che si arrampicano ovunque per un vero scatto. Sono dei maghi e sanno anche dedicare del tempo a chi potrebbe diventarlo. Lo faranno anche i santi allenatori?  
6 Al Pino SACRIPANTI che non vedeva l’ora di battere Siena e il Pianigiani che lo ha spinto lontano dalla Nazionale maggiore, ma che ha dovuto ammettere che qualche vantaggio lo aveva avuto da certe assenze, dalla fatica che Siena dovrà fare nel viaggio europeo, anche se è vero che pure lui cerca la gloria contro i turchi a breve giro di lancette.  
5 A ROMA che scavalca Bologna nell’accensione dei roghi dove bruciano giocatori e allenatori che poi, da altre parti, fanno cose importanti. Sarà l’acqua.  
4 Allo striscione trevigiano che parla di Benetton deludenti. Lo striscione andava esposto in città, alla città. Tutti deludenti e tutti colpevoli.  
3 Ai NOTTAMBULI che si sono ingozzati con la pizza della partita fra le stelle NBA dove, guarda caso, Bryant ha vinto il titolo di MVP e non soltanto perché era a Los Angeles visto che è il terzo successo nella partita dei grandi egoismi spettacolari. Se davvero merita tre giorni di pagine quasi intere un avvenimento del genere allora è tempo di salire dal Lama che non sputa.  
2 A Blake GRIFFIN astro nascente del basket NBA, uno che ci aveva acceso, uno che, come Kevin Durant, stava per farci appassionare davvero a certe storie. Poi ha deciso di vincere la gara delle schiacciate saltando un automobile. Peccato che sia atterrato sui nostri maroni estinti.  
1 Agli ARBITRI intesi come casta, come gruppo, come famiglia perché non ci convincono nei momenti in cui dovrebbero decidere. A Torino accusammo di protagonismo chi aveva dato il tecnico a Pesaro contro Siena. Uno di quelli che comandano ci ha spiegato: “ Erano insulti dal primo minuto”. Abbiamo risposto come farebbero tutti: “ Perché non è stato dato il tecnico al primo minuto?”  
0 All’ARMANI che invece di prendere Greer doveva girarlo, insieme a Melli, alla meravigliosa Sassari, chiedendo di avere per qualche mese Diener, unico vero regista che nel campionato italiano fa scuola anche se si allena due volte la settimana.

Oscar Eleni

Share this article