Giorni di paga

13 Aprile 2009 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni

Oscar Eleni costretto a seguire Canopo, la stella più luminosa a Sud del Cane, per sfuggire al fiume di miele che accompagna finti giocatori travestiti da registi che stanno portando al fosso le loro squadre, guardare classifica e non comprare più quel cammello, per stare lontano dalla mattanza dell’agnello che è in noi. La base di osservazione giusta è alle Galapagos, meglio, era alle Galapagos, almeno fino a quando il vulcano La Cumbre non ha reso impossibile la vita sull’isola disabitata Fernandina dove le partite di campionato si giocano in ora decente alla vigilia di Pasqua, dove il re dei ramarri ha mandato a casa tutti quelli che volevano fare il consigliere federale, dopo aver messo in trappola il Dinosauro Meneghin, dove le promesse non sono mai diventate debiti, dove non si considera il regno NBA benedetto nei secoli, dove si valutano le categorie dei giocatori professionisti, perché non è vero che andare di là, come squittiscono alla televisione lecca lecca, vuol dire emancipazione, vuol dire successo. Che successo sarà mai quello di giocare nei Knicks penultimi a Est? Quale ricordo storico ci potrà mai essere se hai avuto gloria nei Raptors tredicesimi sui quindici squadre? Che senso avrà mai avuto l’estate torrida del povero Belinelli, rimbalzato sulla milza di un allenatore crudele, se quei guerrieri hanno vinto 30 partite in tutto e sono nello stesso lago artificiale delle altre deluse dal campionato dove le trote costano un dollaro?
Lo stesso lago dove hanno finalmente scoperto che mandare via gli allenatori è uno sfizio costoso, ammesso che poi tutti paghino e non mandino a casa tua il gaglioffo di turno che consiglia il trasloco immediato senza avanzare pretese per il nero firmato in bianco, dove si sono resi conto che l’allenatore senza società alle spalle è una vittima predestinata. Eh sì, se tu cominci risparmiando sugli stipendi degli assistenti, lo hanno fatto, lo fanno, lo faranno, se prendi il primo che passa e mandi a spasso chi ha studiato davvero, se costruisci un grande progetto giovanile, almeno per i lucci della stampa, e poi ti affidi a chi neppure conosce il territorio, o, peggio, se agli allenatori delle giovanili dai soltanto un buono spesa, allora non avrà più senso aspettare la rivoluzione Meneghin di maggio. Cosa conta cambiare le formule, dare possibilità e spazi ai giocatori italiani, anche quelli che meriterebbero di essere lasciati fuori dalla porta di una palestra secondaria, se poi si permetterà di sprecare tutto, di perdere talenti, di avere bestie da minibasket che non prendono un ragazzo di 10 anni perché sono già avanti con il programma? La bonifica, cari Recalcati e soci, va fatta cominciando dal campo dove si fa la semina, dal vostro campo bella gente. Se trovi i bacarozzi e non li bruci sei rovinato.
In questa pasqua di resurrezione per qualche giocatore italiano, preferito a certi Barabba dell’altro mondo, abbiamo celebrato tre eventi che dovrebbero farci sentire molto arzilli perché la base esiste, la passione è tanta, la gente con buona volontà superiore a quella che ti guarda con occhio cattivo. Al Memorial Garbosi sono state coinvolte 20 mila persone, nel tre contro tre scolastico che aveva sviluppato l’organizzazione di Meneghin sono stati registrati 100 mila partecipanti, la festa per la generazione basket del Montepaschi ha portato migliaia di ragazzi nelle palestre. Ora per questa nuova generazione come si è organizzata la Federazione alla porta di accoglienza? Il problema sembra soltanto questo dicono i fuggiaschi da La Cumbre, quelli che hanno trovato casa all’isola Isabella dove ci sono allenatori cresciuti nel mito del signor Darwin, quello che considerava fondamentale l’evoluzione della specie. Da noi come si evolve la specie allenatore, quella chee è giusto onorare nei giorni di paga? Come cresce la specie dirigente? Come migliora la specie giocatore? Ai posteri le solite sentenze, anche se, lo ripetiamo, sarebbe meglio radunarsi prima di maggio, prima del diktat Meneghin sul futuro assetto del basket professionistico per capire se può esistere un legame fra mondi così distanti, in lite per un una faraona, mondi diversi, così vanagloriosi da non capire e non vedere, ma certo siamo nel paese che accetta tutto e se uno arriva dalla Spagna di Rubio e dice che stranamente qui non rende mentre dagli Iberi era considerato il miglior play, allora qualcuno mente e all’hidalgo Scariolo diciamo mandaci la conferma di quello che dicono i fanatici del tuo convento televisivo.
Vedete come corrono le notizie fasulle, le stesse che fanno girare i soliti noti, quelli che ti mandano un giocatore tipo Holland pregandoti di prenderlo perché il passato è passato e perché se lo tesseri tu lo togli agli avversari. Ragionamenti a pene di segugio che avviliscono come direbbero quelli di Udine, come vanno urlando quelli che in via San Felice stanno preparando una marcia verso San Luca per essere perdonati con tutti quelli che un tempo prendevano in giro Giorgio Seragnoli, con la gente di Rimini che ha riscoperto il piacere della compagnia pubblica sul progetto corbelliano, con quelli di Rieti che si domandano cosa servono tanti costosi studi se poi non ci sono i soldi per pagare chi deve essere ricompensato.
Peccatori che stanno anche bene in questi giorni ed è stato un piacere vedere l’Atripaldi uscire in trionfo dalla Treviso che lo aveva considerato da panchina segata, come insegna Gentilini, l’ex sindaco, ma sindaco per sempre, ha un valore, soprattutto perché Biella si è messa comoda a guardare il mondo sopra di lei, lasciando perdere quello che c’è sotto, visto che lo scudetto grande è già stato vinto con il nuovo Palazzo, che noi dedicheremmo al professor Bonali, un palazzo che Cantù continua a sognare, che Milano non avrà mai, che Roma avrà in aggiunta all’Eur , senza sapere come riempire una tribuna perché per avere grandi palazzi servono società che sono grandi dentro.
Atripaldi e il suo Gaines che a Treviso, guarda un po’, ha giocato anche per gli altri. Ora se si passa sopra a questa metamorfosi negata a Milano e alla stessa Treviso, alle molte partite della Biella disperata che cercava salvezza fino a qualche giorno fa, fino alla fiesta trevigiana, se non si prende nota che certi giocatori fanno dispetti in nome del loro smisurato ego da difendere nelle province dell’impero NBA, allora non riusciremo a decifrare bene il prossimo cartellone play off che premia i virtuosi e caccia all’inferno i peccatori, quelli che secondo i manifesti apparsi nella Bologna tormentata di questi giorni, calcio e basket, Virtus a parte, per ora?, fanno sapere attraverso la fantasia di Andrea Ruggeri che ci sono in giro personaggi vampiro capaci di segare i canestri, di mettere piombo ai piedi del baloncesto. A proposito ecco una sfera per leggere il finale del gioco a 4 turni dalla fine, con tanti recuperi da aspettare, ma non così vincolanti: 1 Siena 56, 2 Virtus Bologna e Milano 38, 4 Roma, Teramo 36, 6 Cantù e Treviso 32, 8 Avellino e Ferrara 28. In coda? Fortitudo 18, Udine e Rieti 16. Sarà vero ? Una settimana fa avremmo detto di sì, ma l’ultimo turno criptato alle 20.30 ci ha fatto sballare su almeno tre partite e allora perché immergersi nel fiume dei pesci pernacchia? Pagelle con preghiera all’associazione allenatori di chiarire subito questa storia dei tecnici benemeriti perché il Corsolini canaglia fa sapere che
l’ultima nomina arriva almeno quattro anni dopo la vera nomina fatta da chi ruminava sui futuri padri della patria conoscitiva. Burocrazia maiala.
10 Al Piero BUCCHI che non fa una piega se la gente ancora non si è convinta che è davvero lui l’uomo per la resurrezione della cara Olimpia che ha lasciato tutti i fantasmi in via Caltanisetta e ora brinda sull’autostrada del Sole, si apre all’America dove certo sanno tutto delle minors milanesi, si espande ballando con le stelle e può pensare davvero al secondo posto avendo resistito alle epurazioni invernali che volevano in tanti.
9 Ad Allan RAY perché se da Boston ci avessero fatto sapere prima che il ragazzo amava le città d’arte, ma quelle un po’ meno dispersive di Roma, quelle dove esistono società che sanno fare stare al caldo i loro campioni, allora ci saremmo risparmiati tante domande assurde sui peana SKY, avremmo forse salvato il metabolismo del povero Repesa già messo a dura prova da certi nazionali croati in fuga come il Bagaric a cui nessuno sembra voler chiedere cosa ci fa in una squadra piena di peccatori.
8 A Joe SMITH la più bella realtà nel sistema biellese di Luca Bechi. Lo preferiamo a Gist, che pure elettrizza quando non fa incazzare, non lo consideriamo neppure parente di Gaines, mentre è sicuramente la guida per Jerebko, forse anche il modello da imitare per Spinelli, Garri e l’Aradori a calza lunga.
7 A Zare MARKOVSKI per essersi pentito in tempo quando voleva fare fuori Williams, che in silenzio sta risalendo la montagna e potrebbe trovarsi anche nel giardino play off dopo averne viste e sentite di tutti colori.
6 A Sani BECIROVIC che sembra aver ritrovato almeno la salute per la consolazione del povero Nando Gentile che non scherzava davvero quando faceva Amleto perché guidare quella Roma dove non sai mai con che tipo di giocatori hai a che fare, con che tipo di società devi muoverti, insomma essere sopra questa onda non è proprio facile per un esordiente come potrebbero spiegare altri ex campioni che hanno cercato subito la bella panchina con il rischio zeru tituli.
5 A Dino MENEGHIN se si fa prendere dall’ansia adesso che lo tirano tutti per la giacchetta, adesso che molti fingono di non avergli fatto certe promesse, adesso che tutti sembrano distratti perché il santo è stato gabbato nella festa elettiva dove la tribù della schiena dritta ha mandato i suoi vassalli convinta che poi avrebbe potuto rientrare dalla finestra, magari una Lega, femminile o quasi. Tenga duro e dica a voce alta come stanno le cose, subito, senza aspettarsi consigli da chi è già mal consigliato.
4 A Valentino RENZI, nuovo reggente della Lega, perché pensavamo che avrebbe ridato una logica alle notturne del basket e se è nel gruppo di quelli che chiedono visibilità, lontano dalla ricchezza di una parabola e di un decoder SKY come dice il Bianchini che cambia sito, ma non lo dice, allora dovrebbe essere anche nella dozzina di teste pensanti che hanno compreso l’importanza della carta stampata, perché se si andrà avanti nel conflitto presto le redazioni avranno soltanto esperti NBA, come del resto succede anche adesso, perché i direttori che danno pagine al poker se ne fottono se voi cestomanti siete alla ricerca del pallino con la lente dei poveri.
3 Al giovane SANDRI di Treviso perché vedere un giocatore di scuola italiana che difende sul serio, che usa gambe e braccia e non beve di tutto, non dice troiate su tutto, vederlo aiutare anche compagni che neppure sprecano la voce per avvisarlo che lo aspetta un posto di blocco, fa venire il dubbio che se hai buoni tecnici nelle giovanili è molto meglio che urlare alla luna americana dei barlafus che impestano uno spogliatoio come diceva il Galleani prima di mandare al diavolo i fenomeni che lo irridevano guardando le loro statistiche e fregandosene della retrocessione imminente. Troppo virtuoso e di talento questo ragazzo per essere veramente nostro.
2 Al galletto HACKETT che ha deciso di entrare nelle scelte NBA anche se tutti gli dicono che sarà da secondo giro, uno da rivedere nelle kermesse estive. L’Italia ne ha bisogno, prima la Nazionale poi il campionato, perché non accettare questa come scuola di vita? Aiutatelo a non sbagliare.
1 Al crudele FACCHINI che ha colpito con il solito anatema il povero Giorgio BUZZAVO che brontolava nella buca del suggeritore al Palaverde. Un mese di squalifica, molto più di quello che tocca alle bestie lanciatrici, a chi usa fischietti, a chi entra in campo per sputare i minacciare. Va bene assecondare un bravo arbitro, ma non un bravo e basta.
0 A Mario BLASONE per aver accettato l’ibrido friulano, lui che sa come vanno le cose del mondo, lui che era al corrente delle risatine ghiacciate quando furono altri a proporlo come senior assistant, lui che dovrebbe avere la libertà di parlare con Snaidero per spiegargli che il futuro non è nella fuga, ma nella costruzione solida in una regione dove con i disastri di Gorizia, i tentennamenti di Trieste, ci fanno dimenticare che la culla vera dei talenti era proprio quella. Anche questo sarebbe un caso da discutere in una Federazione dove il professionismo si discute con i professionisti e dove gli eterni volontari del pennino devono assolutamente farsi carico delle regioni estinte, cercando di rimettere pianete dove un tempo c’era aria buona.
Oscar Eleni
(per gentile concessione dell’autore)
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