Fassone non è da Inter

22 Settembre 2015 di Stefano Olivari

Il giorno dopo Chievo-Inter al nostro solito bar è un lunedì come tanti altri. Nemmeno la riconferma di Tsipras, la Fed che mantiene invariati i tassi, la nuova Miss Italia che vorrebbe vivere nel 1942 e l’annuncio del remake in chiave gay di Cuore e batticuore hanno turbato i ritmi lenti di via Novara. In quel posto senza tempo, dove tutti hanno visto tutto e sanno già tutto, qualsiasi notizia scompare di fronte all’attualità calcistica: se Bergoglio si fosse incontrato con Fidel Castro proprio lì, davanti al Simply, nessuno dei clienti di Paolo-Wang avrebbe smesso di deridere Allegri che non valorizza Rugani.

Una delle caratteristiche del nostro bar, ma anche di tutti i luoghi di lavoro, è che la scomparsa di persone apparentemente importanti viene metabolizzata con facilità. Non che il sardo di Andria fosse una figura importante, ma al contrario di altri ha avuto il suo quarto d’ora di celebrità grazie a Max, che su Sky Sport 3 lo ha riconosciuto sulle tribune di Lilla, dove stava assistendo alla semifinale Francia-Spagna. Mai saputo che l’ex bidello di Canegrate seguisse la pallacanestro, né che fosse scappato in Francia. Scappato? La polizia a maggio voleva soltanto fargli qualche domanda e anche se al bar tutti si sono fatti un film di terrorismo internazionale è davvero difficile immaginare come esponente dell’Isis quel vecchio tristissimo, che apriva la bocca soltanto per dire che Vinicio Verza era stato il più grande talento italiano del dopoguerra.

Max ha ben altri problemi, al di là del sardo e della difficoltà oggettiva nel mettere le mani sulle grandi tette di Mariella, forse addirittura lievitate dopo l’estate. Vincenzo e Pier Luca stanno continuando il casting per le trasmissioni della loro web tv e intanto gli hanno affidato Michela, secondo le loro parole ‘un talento da far crescere’. In realtà Pier Luca ha già capito, come nel caso di Vincenzo, che Michela ha un padre che può essere turlupinato con questa stronzata dell’editoria web che sarebbe il futuro. La ragazza nemmeno legge i titoli della Gazzetta, non sa niente di niente ma vuole fare la giornalista e per il momento si limita a copincollare notizie prese da altri siti. È quindi già una giornalista, per i canoni del 2015, ma per lanciare SuperMegaMilan ci vuole altro. In due settimane che la conosce Max non è riuscito a capire di cosa esattamente si interessi, se non di aperitivi e sushi. E poi con quello che ha speso nei vari nails center il padre avrebbe già potuto rilevare il 12% di Facebook.

Zhou è depresso perché il lavori del Palalido vanno a rilento: il suo sogno sarebbe far rinascere la Mobilquattro-Xerox, magari con capitali cinesi. Difficile trovarne di spendibili fra i cinesi d’Italia, ma Zhou ha un piano. Per il momento si limita a servire piadine semifredde, con materie prime indegne anche di una mensa operaia del Sichuang dei suoi padri. Gli impiegati della Tuboplast le addentano felici e inconsapevoli, raccontandosi di tipe che avrebbero agganciato su Gleeden durante l’orario di ufficio mentre la salsa rosa gli cola sulla cravatta. Non che qualcuno sia mai arrivato ad un incontro, anche perché nella quasi totalità dei casi si tratta di profili tarocchi, però parlano a voce alta di grandi, anzi grandissime, scopate. Una pausa soltanto per spettegolare sulle ultime avventure imprenditoriali di Tosoni, che avrebbe investito in un call center con sede a Ploiesti.

Il Walter si è un po’ risollevato, perché ha trovato da affittare la stanza della mamma morta. Sempre in nero, questa volta a due salvadoregni, tali Victor e Alexis, che hanno chiesto di evitare documenti in cambio di un affitto più alto. E al Walter non è parso vero di poter lucrare 700 euro da quella stanzetta con i trentennali mobili di Aiazzone, fra poco dovrebbe arrivare la pensione sociale e allora sciambola, potrà concedersi anche un pompino pay in più senza stare sempre a controllare quanto ha sul conto. Così, a titolo informativo, ha deciso che telefonerà a Dolores. I tatuaggi che ha visto sulle braccia e sul collo dei salvadoregni non lo preoccupano. In fondo ce li ha anche Fedez, pensa. Intanto c’è una settimana interista da commentare e il risultato più bello non è l’uno a zero sul Chievo ma la cacciata di Fassone: “Uno dei più grossi equivoci di questo periodo di transizione, oltretutto juventino. Dicono che Moratti lo abbia voluto per il nuovo stadio, poi soltanto perché parla inglese Thohir lo ha confermato ma non saprei in tre anni quale dei suoi progetti sia andato in porto. Di sicuro non lo stadio, se siamo ancora qui ad aspettare Barbara Berlusconi. Quanto alla squadra, non dimentichiamoci che al Bentegodi abbiamo avuto un’occasione da gol in novanta minuti. Però è vero che finalmente è la squadra che aveva in mente Mancini: tanta forza, nessun creativo se non all’esterno dell’attacco, il fisico per non andare sotto contro nessuno. Siamo sopravvissuti alle due partite senza Miranda, in ogni caso in mezzo alla difesa meglio Medel adattato che Ranocchia: se non ci suicidiamo possiamo lottare per la Champions League fino alla fine. Comunque sono contento soprattutto per Fassone, anche se vista la buonuscita da un milione lui è più contento di me”.

Budrieri con i gomiti sul bancone Sammontana cerca di leggere i giornali dell’ultima settimana, ormai distrutti dalle centinaia di mani luride che li hanno presi in mano distrattamente. Il pensionato ATM non è riuscito, pur con tutta la buona volontà a leggere sulla Gazzetta più di una riga dell’articolo intitolato ‘Balo fa il tenerone. La sua nuova vita piace tanto al Milan’ e le cose non sono andate meglio con il ‘Moratoneta del gol’ di Tuttosport. Venerdì, mentre passeggiava in piazza Velasquez, proprio sotto la vecchia casa di Rivera, a Budrieri è parso di vedere la zingara. Non portava ciabatte, ma delle Nike Air Force bianche che ovviamente Budrieri ha considerato scarpe ortopediche, manco fossero delle Hogan. In effetti era una zingara, ma non la sua zingara: decisamente più giovane, questa di piazza Velasquez stranamente non stava rubando ma con un cuscino ben coperto sopra la pancia si limitava a chiedere soldi ai passanti, quasi tutti peraltro messi peggio di lei. In mezz’ora di osservazione budrieriana ha però raccolto almeno una decina di euro, tutti da clienti dell’Hotel Rubens. D.J. John ormai non esce più di casa, si limita con mille nickname diversi a vomitare insulti sul blog di Linus e probabilmente sta entrando in depressione. Non se ne va, però, nonostante Marilena ormai lo abbia invitato a dormire sul divano. Lo difende soltanto l’Erminia, nei rari momenti in cui non è dal podologo. Budrieri deve essere davvero stanco se nemmeno l’Inter a punteggio pieno dopo quattro giornate riesce a dargli entusiasmo. Del resto lui che ha visto Rocco e Paolino non può abbassarsi a discutere con chi darebbe il pallone d’oro a Manaj: “Me li ricordo i discorsi di tre anni fa, tutti a dire che Fassone era il grande manager che ci voleva per modernizzare la società, ma la verità è che questi grandi manager alla fine sono soltanto esecutori di ordini e curano la loro poltrona senza una visione di fondo. Di certo Fassone non è da Inter”.

(quarta puntata 2015-16 – continua dopo Inter-Verona)

P.S. Non è da Inter è un’opera di fantasia, pur prendendo spunto dalla realtà. Chi si sente offeso dal linguaggio o turbato dalle situazioni non la legga.

Da fine agosto è in vendita a 4,99 euro l’eBook della stagione 2014-15 di Non è da Inter, in attesa dell’edizione cartacea. Si intitola ‘Non è da Inter – Alla periferia della vita’ ed è disponibile direttamente per Kindle di Amazon, per Kobo di Mondadori, per iPad-iPhone-Mac , ma anche in generale per tutti i tipi di eReader attraverso la piattaforma di Bookrepublic. Prodotto da Indiscreto, contiene le puntate che avete già letto sul sito ma scritte meglio, con l’aggiunta di qualche idea e l’eliminazione di tutte le incongruenze fra una puntata e l’altra. 

Share this article