Era ora

20 Giugno 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
La cantera dei Pozzo, l’intensità di Sky, Siena da fine impero, Pianigiani azzurro, gli avversari di Borletti e Ignis, la Virtus dimenticata, i giovani di Ambrassa e la verità di Bianchini. Voti a Trinchieri,Stonerook, Carraretto, Micov, McCalebb, Hairston, Mazzarino, Zisis, Green, Scekic, Uleb e Petazzi.


Oscar Eleni sotto le arcate della porta coi melograni a Granada, terra d’Andalusia dove la famiglia Pozzo ha costruito una cantera calcistica da promozione nella Liga. Dove, finalmente, hanno scoperto nomi e sepolcri dei boia di Federico Garcia Lorca. Era ora che nella vecchia città chiamata Elvira dai Romani ci fosse una luce sul torbido e per questo, svegliandomi dall’incubo che prende sempre i bugiardi e i traditori, ho urlato verso l’oratorio brulicante di animatori che ai ragazzini insegnano ad urlare, mai a correre, saltare, tirare. Un grido disperato che ha fatto sussultare anche quelli del consolato serbo in pieno trasloco, con rumori notturni da maledizione e cartacce mattutine da fuoco senza limiti. Cosa ho detto? Siiiì, lo so che giro sempre al largo, sono stato bugiardo con il “Sito” con il direttore difensore e i lettori denigratori perché avevo promesso di seguire passo passo le finali scudetto e di riferire nei giorni dispari. Volete sapere cosa ho detto o no? Non vi sto prendendo in giro. Ho urlato a voce altissima ERA ORA.
Era ora che anche le baccanti delle statistiche si rendessero conto che per scoprire un giocatore, un campione, un villano, un prepotente, ci vuole l’esame estremo, definitivo: la decisione da prendere senza vie d’uscita da hombres verticali, da veri cavalieri dell’arena sportiva. Era ora che si trovasse bella una partita che assegnava il titolo anche se le percentuali di tiro sono state da mano morta. Certo alla Gazza degli orgasmi dovrebbero mettersi d’accordo. Da una parte celebrazione del sacrificio, dall’altra, finale 4 della Lega due, critica della ragion pura sul tiro che non entra. Noi preferiamo il tiro che non entra se intorno ci sono giocatori che si tuffano, che difendono duramente, che la passano e non se la tirano. Noi amiamo i finali dove la gente piange di rabbia o di felicità, non quelli dove ti spiegano che se non segni un tot perdi un tot. Era ora che SKY, nel momento dell’addio, lasciasse spazio al suo regista migliore per quel cammeo sull”intensità” del gioco che ha tolto il fiato, che ci ha dato vera gioia, che ha quasi zittito Davide Pessina. Era ora che la Lega cambiasse formato alle coppe dei vincitori: liquidata la “povera” Tim è entrato in gioco un Ducato grande abbastanza per non dover nascondere il simbolo dello scudetto fra le super coppe dei grandi tornei di preparazione. Sarebbe ora di cambiare anche la targa MVP: non ha una vera sostanza, sembra raccolta in quei negozi dove vendono tutto ad un euro.
Era ora che Trinchieri ammettesse, dopo gara due, di essersi comportato mourinianamente da pirla. Quando ha visto le rocce non è scivolato, ma si è messo a volare, a creare, e Pianigiani riconoscerà che quell’amorino di via Magenta che conosce sei lingue aveva diritto di correre con lui per la targa di miglior allenatore dell’anno. Certo che Simone ha fatto molto di più, grande slam, semifinali di eurolega, mentre la Bennet in Europa le ha prese spesso e non da colossi con budget miliardari, ma il Custer Trinka ha costruito qualcosa che resterà nel tempo proprio come la Montepaschi della quarta vendemmia Minucci che cominciò a produrre vino nobile con Ataman, che fece arare il campo a Carlo Recalcati e che al figlioccio Pianigiani ha dato il meglio degli innesti per 4 anni e 4 scudetti e ora gli ha ridato nerbo per il quinto anche se per arrivarci hanno dovuto soffrire e rivedere i piani almeno tre volte: McCalebb e il suo turbo, l’infortunio del Velociraptor, recupero di Hairston arrivato in pezzi, rilancio di Jaric arrivato con motivazioni avvilite, ricostruzione ed assemblaggio dopo l’euroschiaffo di Barcellona. Giorni pesanti nell’impero di capitan Ferdinando, per tanti, troppi motivi, uno scricchiolio che ricorda le cadute dei grandi imperi dove tutto finiva per invidia, gelosia, per una fame soddisfatta in troppi modi per avere ancora voglia di stare alla stessa mensa con gli altri.
Del domani non può esserci certezza e vedremo cosa succederà a Siena, ad Atene, in Spagna, ma prima dobbiamo capire che Pianigiani arriverà il 18 luglio per guidare la Nazionale con i tre ragazzi NBA che amano l’azzurro se ha sfumature che possono anche esaltare la creatività di chi cura e vende la loro immagine italiane, magari europea, in attesa che in America decidano se i giocatori devono diventare più poveri. Era ora che vincesse Nowitzki e perdesseero tutti i tipi alla LeBron o alla Bryant, la stessa cosa vale per la finale italiana dove finalmente Siena non è andata in campo già sicura di trovare la vittima sacrificale come avveniva in passato: hanno dovuto sudarsela i campioni e ci siamo tutti trovati nella quarta bolgia, quella dove i dannati vanno con la testa ritorta all’indietro per aver cercato di guardare sempre troppo avanti, facendosi belli con pronostici così logici che ci voleva lo spirito cantuchiano per metterci tutti a pane e neve.
Era ora che il professor Morse tornasse in cattedra sotto il cielo della Lombardia. Ricordarsi di lui è un modo meraviglioso per guardare al passato e per far sapere ai so tutto del sistema che il pokerissimo della Borletti sarà anche stato ottenuto in un periodo meno difficile di questo, ma ci sono tracce di imprese Simmenthal e Ignis che meriterebbero di venir valutate come i 5 scudetti di Siena perché in mezzo alle vittorie quelle armate vincevano in Europa contro colossi non certo meno ricchi di quelli di oggi.
Era ora che la Federazione facesse una figura barbina dando la wild card per il nuovo campionato di formazione ascoltando soltanto la voce dei comitati, lo scricchiolio dei pennini appena intascati, perché così diventa esaltante scoprire che la Virtus Siena, dopo messere stata finalista nell’under 19, ha vinto il titolo under 17 usando molti giocatori che erano stati utilizzati nel campionato dilettanti, molti che secondo questi fenomeni dell’incentivazione dovrebbero stare in serie C. Presidente Meneghin prendi per il collo i cattivi consiglieri annidati nei Comitati e riconsidera tutto, anche se a Siena non fanno caso a queste ingiustizie, se la godono nella stessa notte dello scudetto mensanino, anche se per il club dei Bruttini ci saranno soltanto ribollita e finocchiona, mentre ai veri campioni andranno dobloni e storioni.
Era ora che Milano, allenatore Gandini, presentasse una squadra almeno decente nelle giovanili e nel gruppo dove promette bene il figlio di Merlati c’è anche Lorenzo Bartoli entrato nel quintetto ideale insieme a Tessitori e Matteo Imbrò (Virtus Siena), Janelidze e Simone Fontecchio uscito da lombi nobil . Quarta dietro Virtus Siena (allenatore Vezzosi, bravissimo), Virtus Bologna (guidata da Consolini che è maestro sempre, anche se intorno c’è bufera), Crabs Rimini diretta bene da Ambrassa. Era ora che un ex che ama fare l’allenatore venisse alla ribalta: Fabrizio Ambrassa è stato votato miglior tecnico delle finali under 17 per come ha insegnato ai ragazzi di Rimini, speriamo sia per questo non per la tattica. Ambrassa e la sua bella storia sul campo passando da tante grandi squadre.
Era ora che Bianchini utilizzasse nuovamente Enrico Campana per dirci la verita sul paciugo romano visto dall’osservatorio di Scafati dove reste
rà anche il prossimo anno facendo da tutor al Griccioli che la Mens Sana ha servito in salsa tricolore al basket italiano. Qualcuno fa i conti con il fatturato Mens Sana per tutti? Era ora che la stagione finisse, anche se adesso siamo proprio curiosi di vedere come andrà avanti con la Nazionale, in attesa che Casale Monferrato e Venezia scoprano chi ha più voglia di far delirare il proprio popolo anche se per i battuti ci saranno quei 500 mila euro della discordia che ancora fanno litigare Marco Bonamico con quelli che fingono di non capire.
Pagelle al profumo di verbena.
10 Per PIANIGIANI e TRINCHIERI che si sono battuti imparando ad odiarsi nel senso migliore del termine, parlando di sport. Saranno rivali per sempre e questo ci darà elettricità per accendere il prossimo campionato che partirà a fari spenti sulla televisione che non c’è.  
9 A Shaun STONEROOK, il nostro Cyrano poeta, guascone, combattente, timidone che non risponde in italiano per paura di apparire incerto, per la sua corsa verso Trinchieri, la panchina di Cantù, alla fine della gara decisiva: quello che ha detto al generale degli sconfitti ha chiuso alla grande una finale che poteva finire male se gli arbitri decidono per un fallo su blocco in movimento di Leunen a 3’ dalla fine e poi fingono di non capire cosa succede sul pallone recuperato da Marconato dopo il libero sbagliato da Markoishvili a 1” dal gong.  
8 A CARRARETTO pentatitolato a nome degli italiani di Siena che non sono stati usati soltanto come comparse perché tutti hanno messo una pietra su questo titolo, da Ress a Michelori per finire ad Aradori che nelle interviste ci dice sempre quanto si allena: se è vero a Siena lo sanno, se non è vero è rischioso perché poi a Siena ne parlano.  
7 A MICOV, MC CALEBB, HAIRSTON, MAZZARINO, ZISIS e GREEN perché il loro modo di far nascere una pazza idea nella testa Bennet, per confermare la supremazia di Siena, ci ha convinto che l’arte nel gioco vale più di tutto il resto.  
6 Al viandante SCEKIC che a qualcuno appariva inadatto perché si guarda sempre la confezione e mai cosa c’è dentro. Un tipo del genere non sarà mai un fenomeno, ma se lo hai in squadra forse fai anche una squadra.  
5 Ai TIFOSI in generale, quelli che sentono i brividi quando il popolo senese intona il canto della Verbena e poi non vanno mai oltre al coro di scherno alla canzoncina goliardica per ricordare i peccati altrui. Una curva che canta aiuta davvero, una che insulta lascia soltanto amarezza.  
4 Allo sponsor di Varese e Cantù, il signor Petazzi di Cinelandia, che durante la serie fra Cimberio e Bennet è rimasto coinvolto negli incidenti dopo gara prendendosi un Daspo di cinque anni. Una ripresa sfortunata.  
3 All’ULEB che ci ha tenuto in ansia per la partecipazione italiana all’Eurolega perché adesso sembra che tutto vada meglio anche se sapevamo da sempre che Siena era una regina utile anche a Bertomeu, che Cantù era pronta per tornare nei giardini reali anche se non ha un palazzo euroomologabile, che Milano avrebbe comunque fatto comodo perché avere Armani come marchio da offrire è sempre importante.  
2 A SKY che lascia il basket e finge di non accorgersene proponendo un’estate che emoziona soltanto loro. Del lungo cammino sotto questo cielo fra superboni e regine di picche ci rimarranno le preziose regie, il lavoro delle squadre tecniche, la passione dei commentatori che all’inizio apparivano belli carichi e poi sono diventati troppo mansueti per non irritare i soliti noti che hanno poi decretato il divorzio, gli stessi che ai tempi di Giordani, De Cleva e poi dello stesso Lauro sghignazzavano se la gente li insultava. Di certo il cammeo “Intensità” di gara 5 a Siena andrebbe venduto dalla Lega come vera immagine del suo mondo. Ma ci sarà l’umiltà di chiedere? Peggio ancora, ci sarà la capacità di riprodurre una cosa del genere? Da quello che si vede in giro non sembra.  
1 Alle DUE LEGHE che hanno sovrapposto l’atto finale. Non ci ha guadagnato nessuno ed è stata sprecata una buona occasione per tenere il basket in prima serata per due settimane intere. Parlarsi per non dirsi cazzate è troppo difficile?  
0 Alla solita combriccola romana che nel vino ci mette l’acqua. Con ipocrisia pari alla confusione è stato congedato FILIPOVSKI spiegando che giustamente ha preferito un triennale nella sua Lubiana. La cosa comica è vedere come si sganceranno da un testone di successo, da un sognatore vero anche adesso che soffre e combatte con la chemio, come Boscia TANJEVIC senza fare la parte di chi non aveva capito il progetto del grande mahatma, senza spiegarci perchè da sempre nel sistema idrico Toti entrano tutti con grande entusiasmo e poi se ne vanno avviliti, mentre Iago e i suoi parenti restano nel giardino di casa del costruttore romano che ha spiegato la sua insofferenza verso allenatori e gente in gamba con il fatto che non si riesce mai a vincere e i velenosi lo tormentano dal maritozzo alla cena con carciofi cucinati come un tempo nel ghetto.

Oscar Eleni

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