Elvis Presley, The Searcher: la versione di Priscilla

Il documentario HBO ispirato dalla ex moglie si concentra sulla parte musicale del King, inserendosi nel filone 'Elvis buono delle origini contro Elvis cattivo degli anni Settanta'...

1 Giugno 2021 di Stefano Olivari

Prima di morire andremo a Graceland, da cultori di Elvis Presley e di tutto ciò che ha rappresentato non soltanto dal punto di vista musicale. Per il momento ci facciamo bastare la sterminata produzione letteraria e video sul suo conto, a cui qualche giorno fa abbiamo aggiunto Elvis Presley, The Searcher, documentario del 2018, in due puntate, disponibile su Netflix. Diretto da Thom Zimny ma in realtà ideato dalla moglie (divorziata) Priscilla, questo film si concentra quasi soltanto sulla parte musicale della carriera di un uomo disfatto dal cibo e dai farmaci, morto nel 1977 a 42 anni.

Dell’Elvis privato esiste solo la versione edulcorata e condivisa, dall’amore per la madre Gladys, purissima devozione, a quello per la stessa Priscilla da cui sarebbe nata Lisa Marie. Ma l’Elvis uomo non è comprensibile senza parlare del suo patriottismo misto a complottismo da America profonda, dei suoi comportamenti che definire eccessivi (con la sua alimentazione era arrivato ad una media di 42.000 calorie al giorno nei giorni terminali) è eufemistico, della sua profonda asocialità qui solo accennata. Nella versione di Priscilla, così come in quella di molti fan, c’è l’Elvis ‘buono’, quello guizzante della Sun Records, e quello ‘cattivo’, l’Elvis grasso manovrato dall’avido Colonnello Parker.

Dal punto di vista musicale Elvis è stato il cantante che ha imposto il rock’n’roll come genere, aprendo la strada a mostri sacri che senza di lui sarebbero rimasti relegati in un ghetto, in più di un senso, da Chuck Berry a Little Richard. Merito della sua credibilità sociale, perché i poverissimi Presley abitavano in una zona di Memphis che confinava con quella abitata dai neri, e artistica visto che Elvis ascoltava di tutto e rielaborava di tutto, dal gospel alle canzoni napoletane. Dal punto di vista mediatico, be’, lui è stato il primo a rivolgersi dichiaratamente ai giovani. Fra l’America di Bing Crosby e Frank Sinatra e quella dell’Elvis anni Cinquanta c’erano ere geologiche di differenza.

Il documentario tratta bene la parte musicale anche se, ribadiamo, gioca troppo su una presunta purezza originaria che il manager olandese avrebbe corrotto. Invece l’Elvis militare in Germania, l’Elvis dei film commerciali anni Sessanta (il travolgente ballo con Ann Margret in Viva Las Vegas vale secondo noi tutta una carriera cinematografica anche di grandi attori), l’Elvis di Las Vegas e quello dei concerti via satellite sono ‘veri’ quanto l’Elvis che era entrato nello studio di Sam Phillips. Poi tutti siamo affezionati a quell’epoca, fra l’altro il nostro primo suo disco, acquistato su consiglio del commesso di un negozio (un negozio di dischi!), era la Sun Collection, da That’s all right Mama a tutto il resto. Ma riflettendoci meglio, ed in questo The Searcher ci ha dato qualche conferma, l’Elvis dell’NBC Special del 1968 crediamo sia il miglior Elvis sotto ogni profilo.

Un documentario comunque imperdibile, adatto anche a chi ritiene che Elvis sia soltanto un vecchio cantante con il ciuffo ed un buon merchandising. Uno dei rari casi di successo inter-razziale, fra l’altro, vista la sua assenza di razzismo (a chi altri avrebbero perdonato le sue mille versioni di Dixieland, una più bella dell’altra?) e l’essere stato utilissimo per la fortuna commerciale di tanti artisti neri.

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