Egemonie finite

6 Maggio 2011 di Simone Basso

di Simone Basso
Gli insulti di Superga, gli eroi del derby torinese, il lutto elaborato, il mito del Barcellona, le esagerazioni del Giro, la doppia morale per Contador, la caccia a Diamantidis, i blocchi dinamici del Pana, la pigrizia di Bynum e Gasol, la serie di Barea, l’atteggiamento di Kobe e lo stupore di Chris Douglas-Roberts.

1. Il 4 Maggio dovrebbe essere una data sacra per il calcio italiano. Frega invece solamente a una tribù in estinzione e a pochi altri. Vanno a Superga a ricordare qualcosa di vero nel mondo che oggi accetta solamente il falso e il verosimile. Allora, in mezzo a persone (la maggior parte) che partecipano per commemorare, spuntano i professionisti del tifo: un po’ di idiozia, un tanto al chilo di odio e molto tempo libero a disposizione. Son partiti quindi gli insulti e gli sputi al presidente Cairo, un monnezzaro che ha la sola colpa di non avere il portafoglio capiente di altri addetti alla spazzatura.
2. Ci è venuto in mente il recente derby benefico Juve-Toro, omaggiato da una faida (durante la partita!) tra ultras bianconeri;
una bella rissa in curva Scirea (…) a colpi di spranghe per il controllo del settore. Fuori dallo stadio i cugini granata, per non sfigurare, hanno mandato all’ospedale un marocchino; scambiato per un odiato rivale a causa di una curiosa sciarpa zebrata: evidentemente il gruppetto di intellettuali non conosceva le fattezze di una kefiah…
3.  Chiunque si renda conto delle forme sociologiche e politiche della Pallonara dovrebbe riflettere bene sul seguente assioma.
Augusta Taurinorum vive tranquillamente anche senza foot, così come sta elaborando il lutto per la morte della Fiat farà a meno dell’egemonia economica della Juventus e sentimentale del Torino. Ha ripitturato il centro storico come un salotto très chic e snob, fregandosene delle ombre cupe all’orizzonte. Nel centocinquantenario dell’Unita è bella (lo scriviamo da milanesi…) nell’esibire uno chassis non italiano. E’ una delle tre città “straniere” del Bel Paese: è secolarizzata, austera e inquietante; così come Venezia è decadente e Napoli precristiana.
4. In un momento di crisi cosmica, il sistema calcio pretende il sangue e l’anima: si vende l’adesione religiosa al dogma farneticando di modelli come il Barcellona. Ecco, farsi prestare l’identità collettiva da un giocattolo in bancarotta è il sintomo di una malattia mentale permanente: d’altronde non trovate similarità, nella loro funzione estetica, tra il Walt Disney di Orlando e l’uso del Gaudì nella capitale della Catalogna?
5. Proprio all’interno dell’antico castrum sabaudo arriverà la prima tappa del Giro d’Italia 2011.

Un’edizione spettacolare, zeppa di salite e di trappole lungo il percorso. Siamo fuori dal supermercato e ci permettiamo di scrivere la nostra idea: non ci piace perchè vende un’idea sbagliata della pedivella moderna, ancorata a esagerazioni altimetriche che ammazzano l’equilibrio della contesa. Si pretende la verginità farmaceutica offrendo un menu di fatiche oscene, trasferimenti infiniti e orari televisivi che non consentono il recupero agli atleti.
6. Che il giornale organizzatore mette alla berlina pubblicando stralci di intercettazioni; lo stesso ente che allunga un ingaggio al torero Contador che correrà sub judice.
E’ una Zomegnana nata male e che promette, oltre all’agonismo degli sfregaselle, sgradevoli intromissioni esterne. Rimane, comunque, il dato tecnico e agonistico: squadre così così, campioni di alto livello (il torero, Nibali, Menchov) e una corsa che offrirà uno scenario suggestivo per gli spettatori, altresì brutale per i girini. Noi saremo là, in piazza Vittorio, ad attenderli: come sempre non ci perderemo una tappa e li seguiremo con l’ammirazione che si riserva a icone inconsapevoli, pulite dal sudore versato.
Amplificata dal luogo scelto per il traguardo: sconfinato e bizzarro, perchè privo di monumenti e circondato da una teoria infinita di portici che conducono in via Po. A quattro passi dalla strada che ci consegnò la versione più disperatamente umana di Friedrich Nietzsche. “..Se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare dentro di te”.
7. A poche ore dalla partita più importante della stagione di Eurolega, una piccola riflessione sulla sfida. Con buona pace del Maccabi e del Real Madrid, che potrebbero alzare il trofeo domenica ma lo farebbero anche grazie a un tabellone sbilanciatissimo, il duello tutto in verde è la vera finalissima della manifestazione. Per Panathinaikos e Mens Sana è un’occasione storica: i greci confermerebbero lo status di Varese dell’Uleb, gli italiani inserirebbero il loro nome (finalmente!) nelle dinastie tricolori. Squadre maledettamente europee nella concezione, a cominciare dai capociurma, che basano le loro fortune sulla disciplina e la coralità. Più talentuosa la banda Obradovic che però non ha la profondità dell’Mps. Entrambe traggono linfa vitale dalla fase difensiva: se gli ateniesi preferiscono adeguarsi alle tendenze altrui, ovvero occupano l’area battezzando l’elemento meno pericoloso, la cricca agli ordini di Pianigiani è impostata sull’aggressività tout court che produce canestri facili in transizione. Dall’altra parte del parquet c’è il magistero del pick and roll, firmato Diamantidis, l’ideale per inventare mille soluzioni diverse sugli scarichi e i tagli. Siena invece dipende dalla pulizia della sua esecuzione; estremamente versatile perchè porta gli esterni in post e i lunghi a tirare da fuori.
8. Tre fattori potrebbero scardinare l’equilibrio tattico. Un – Il tipo di arbitraggio. Lo stile del Pana, con buona pace degli eurofanatici, ha bisogno di blocchi “dinamici”. Mike Batiste è un fuoriclasse anche in quel particolare tecnico, a volte oltre i limiti del regolamento. Dos – La creatività di Dimitris. DD è la fonte, la luce, del gruppo di Obradovic; siamo curiosi di vedere le trappole preparate da coach Pianigiani.  Fossimo su quella panca proveremmo qualche minuto, qualitativo, di Marko Jaric sul playmaker di Kastoria… Tres – Il tiro dalla media. Le difese opprimenti si battono con il jumper in avvicinamento. Chi lo mette apre la scatola per le penetrazioni e le triple. Alle ore diciotto la soluzione del rebus.
9. Cubani contro Kobisti verso il terzo atto. Per adesso Rick Carlisle si è messo in tasca Phil Jackson con una strategia perfetta. Il pick and roll di Dallas parte lontanissimo dal canestro costringendo i big men di El Ei ad uscire troppo dall’area: il risultato, soprattutto se l’innesca Jason Kidd, è un domino dalle conseguenze inattese. Tyson Chandler, che avrebbe dovuto subire i pivot californiani, sta modificando gli equilibri della battaglia. I lunghi Lakers sono pigri, Bynum (fondamentale sotto le plance) è imbarazzante se deve flottare, Gasol è in difficoltà contro il dinamismo altrui.
10. I Mavs muovono la palla benissimo forzando il ritmo della partita; concetto rischioso ma che consente dividendi generosi. La qualità dei tiri è notevole, ingrediente micidiale se pensiamo alla batteria di mani educate che i texani dispongono sul perimetro: “We got shooters spaced out!” ha dichiarato J.J. Barea. Il portoricano (esiziale per i Lacustri nel quarto periodo) è uno di quelli che ha dimostrato la debolezza più devastante dei gialloviola: troppi piccoli jacksoniani si fanno battere dal palleggio, destrutturando l’ideale difensivo dello staff losangelino. L’area, con l’uomo in punta regolarmente saltato, perde la copertura classica negli ultimi metri sotto il ferro. Ed espone i campioni in carica, senza le spaziature giuste, a subire anche l’agilità e la potenza del tagliante. La ciliegina sulla torta è l’impotenza di Los Angeles contro Dirk Nowitzki, totalmente immarcabile (anche con le maniere forti..) nelle soluzioni dalla media.
11. Bryant in gara2 è sembrato accontentarsi del post e del palleggio, arresto e tiro:
la prima penetrazione del Mamba è arrivata a tre minuti dall
a fine delle ostilità. La mancia è stata la controprestazione dei Fisher e dei Blake, orribili da tre e indecorosi nella marcatura individuale. Phil Jackson, che non potrà disporre di Ron Artest in gara3 (espulso dopo il solito gesto inconsulto), sa che deve affidarsi al talento poliedrico di Lamar Odom per coltivare almeno la speranza della rimonta.
E puntare sul ricordo nefasto delle Finals 2006 per materializzare il gorilla del Crodino sulle spalle dei Mavs…
12. Chris Douglas-Roberts gioca nei Bucks. Ha commentato su Twitter il suo stupore verso le scene di entusiasmo popolare dopo l’annuncio della morte di Osama Bin Laden. Non l’avesse mai fatto…Dalle figurine dello sport professionistico, gadget in carne e ossa, il pubblico non vuole pensiero critico, ma solo ca**ate conformiste e rassicuranti. “Is this a celebration?? … Always read the fineprint … It took 919,967 deaths to kill that one guy. It took 10 years & 2 Wars to kill that…guy. It cost us (USA) roughly $ 1,188,263,000,000 to kill that…guy. But we # winning though. Haaaa. (Sarcasm) … People are telling me to get out of America now b/c I’m against MORE INNOCENT people dying everyday? B/c I’m against a 10 year WAR? … What I’m sayin has nothing to do with 9/11 or that guy. I still feel bad for the 9/11 families but I feel EQUALLY bad for the war families … What I’ve learned tonight, athletes shouldn’t have perspectives. But I don’t care. We feel certain ways about things too.”
Simone Basso
(in esclusiva per Indiscreto)

Share this article