Dirigenti che dirigono

25 Novembre 2008 di Stefano Olivari

Abbiamo detestato l’Adriano Galliani presidente di Lega del passato e detestiamo il Galliani presidente ufficioso della Lega di adesso, stopper alla Vierchowod (non alla Collovati, uno che l’inquilino di Bedi Moratti non sopporta) del progetto di tivù che in pochi mesi schianterebbe Sky e Mediaset ma unirebbe le società professionistiche portandole verso traguardi ben più alti del miliardino annuale garantito dal nipote di Blatter. Il Galliani di Lega è sempre stato dipendente del Galliani del Milan, per questo la versione rossonera è secondo noi nettamente superiore, meritevole di studio da parte degli aspiranti dirigenti calcistici e di ammirazione da parte di chi pensa che lo sport sia vincere con qualsiasi mezzo (la famosa metafora della vita). Non sarà sfuggita ai più attenti la strategia post rigore del Torino, al di là di considerazioni moviolistiche dettate dal tifo perché c’è sempre un episodio del passato che fa passare per vittima la ‘tua’ squadra. Invece di strepitare come lo Zamparini vecchia maniera (quello nuovo, teleguidato da Luciano Moggi, è un’altra cosa: i dividendi arriveranno) ha cavalcato un insospettabile come Kaladze, campione nei 90 minuti ma fuori dal campo senza alcun interesse per il calcio: ”Farina è proprio scarso. Non capisce niente e non è la prima volta che ci ruba la partita. Uno scandalo”. Invece di gettare benzina, come avrebbero fatto gli stupidi, o di vivisezionare un rigore inesistente come avrebbe fatto qualcuno meno furbo, Galliani ha bacchettato in maniera soft il suo ristoratore (non certo per la qualità della cucina) preferito e ha indossato l’abito del dirigente equlibrato che dice che tutti possono sbagliare, anche gli arbitri. Del suo amico Collina, aggiungerebbe Moggi. Poi in serata (domenica, ma soprattutto lunedì) ogni trasmissione è stata invasa in maniera militare da mediaservi, che hanno con parole diverse proseguito sulla falsariga di Kaladze e creato le premesse per la prossima porcata. Ma Galliani ne è uscito alla grande, senza i grotteschi dossier minacciati da colleghi meno esperti: si è parlato cento volte più di questo rigore che di quelli su Kakà e Inzaghi, il Milan non si è sporcato, i giornalisti come al solito hanno eseguito gli ordini di chi li paga. Campedelli rimarrà senza tivù di Lega, punti a San Siro, incontri con aspiranti designatori, urlatori prezzolati con vari gradi (e quindi target) di beceraggine: insomma, il delitto perfetto da parte di chi è consapevole che da quasi vent’anni lo scudetto va a chi unisce valore sul campo e furbizia fuori. Pellissier non si tuffi, la sua è simulazione.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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