Davvero niente Malick

28 Maggio 2011 di Stefano Olivari

The tree of life è piacere assoluto, per chi ama il cinema ambizioso e le immagini tipo screensaver, quando un premio importante come la Palma d’oro va a un film che esce dalla logica del bilocale più cucinotto (e annesso sesso esistenziale, magari con Chopin in sottofondo) siamo felici.

Sabato scorso abbiamo visto il film, ma non temete perché non vogliamo fare il Mereghetti dei poveri. La trama è così semplice e le citazioni così telefonate, da Kubrick ad Antonioni, che anche i critici veri hanno più o meno tutti scritto lo stesso articolo. A noi il film è piaciuto, per il tentativo (non riuscito in pieno, peraltro) di fare il film definitivo su Creazione, Vita e Morte: l’arte è questo, se non vediamo il pensare in grande preferiremo sempre il peggior Chuck Norris al miglior Ozpetek. Quello che volevamo sottolineare è la reazione del pubblico, interessante almeno quanto il film: al novanta per cento facce disperate del genere ‘Ma quando salta fuori Angelina Jolie?’, che hanno mal sopportato due ore e mezza di cinema visionario e onirico, quasi esultando quando sono comparsi i titoli di coda e scappando verso una triste pizza egiziana dal prezzo almeno doppio rispetto al biglietto del cinema (ma con una percezione di utilità diversa). La presenza di Brad Pitt e di Sean Penn farà forse quadrare i conti, ma certo è che un film così è ben lontano dal gusto dominante e in televisione davanti ai ritmi di un Medico in famiglia ispirerebbe anche a chi lo ha apprezzato un cambio di canale dopo cinque minuti. Cosa volevamo dire, alla fine? Che la sala cinematografica ha ancora ragione di esistere, senza bisogno di usare la retorica del disco in vinile.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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