Crescita sui mezzi classici

15 Gennaio 2009 di Stefano Olivari

1. Pochi mondi sono finti come quello della pubblicità, dove tutti gli attori hanno interesse a negare l’evidenza ed affermare che non esiste crisi, nonostante sia l’economia reale che quella di carta stiano precipitando: le aziende fanno girare soldi che si traducono in vendite dei prodotti, in relazioni politiche ed in benefici diretti per i dirigenti in determinate posizioni (”Ti compro un banner con i soldi dell’azienda, ma poi fai scrivere un articolo a mia moglie pagandola la metà del prezzo del banner”: senza ipocrisia questo il discorso medio che viene fatto), gli editori diffondono dati palesemente falsi e drogano le diffusioni con trucchi da magliari (le copie omaggio sui treni e negli stadi sono quasi uno scherzo), i giornalisti si imboscano guadagnando le briciole e pensando di essere importanti, gli intermediari (concessionarie e soprattutti gli inutilissimi e dannosi centri media) guadagnano sempre e comunque.
2. Limitandoci all’Italia, nel 2008 quasi tutte le emittenti televisive hanno avuto un crollo ‘reale’ (al netto quindi di sconti e svendite) della raccolta di almeno 25%, i giornali stanno vendendo a prezzi stracciati il loro spazio, la radio tiene ma nulla più mentre il web cresce troppo poco per assorbire la disoccupazione che arriva da altre parti. Per questo viene da sorridere quando si leggono frasi come ”Il 2008 per gli investimenti pubblicitari in Italia si dovrebbe chiudere probabilmente un po’ peggio rispetto a quanto previsto a settembre”. Parole del presidente dell’Upa (Utenti Pubblicità Associati) Lorenzo Sassoli De Bianchi, una delle architravi del sistema. A fine settembre l’Upa aveva stimato una crescita dello 0,5% della raccolta pubblicitaria sui mezzi classici, una previsione a sua volta già rivista al ribasso dal precedente +3%. Ma la realtà è molto peggiore, perchè anche prendendo per buono il miniaumento assoluto è aumentato il numero delle realtà editoriali affamate di soldi. Insomma, due lire in più divise per moltissimi di più.
3. La raccolta pubblicitaria sui mezzi classici va così bene che con il decreto legge approvato oggi dalla Camera si sono stanziati 10 milioni di euro per l’Inpgi (l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti) per il prepensionamento dei giornalisti per il 2009. Traduzione: babypensionati pagati da quegli stupidi che pagano le tasse.
4. Non è chiaro con quale aliquota IVA, Sky sbarca anche sull’iPhone. Dove dopo l’acccordo fra Sky.it ed Apple si potrannno seguire gratuitamente i risultati delle partite di Serie A e di Champions League, oltre che ricevere news. Il vantaggio per Apple (auguri a Steve Jobs, uno dei pochi uomini della nostra epoca a poter essere definito genio) è evidente: un contenuto a costo zero, secondo il teorema cialtrone che le notizie (e quindi chi le scrive) siano commodities. Quello per Sky.it è rinforzare il brand aziendale: sul web non si guadagna niente, tanto vale regalare i contenuti in un contesto di target fighetto.
5. Luciano Moggi, protagonista ieri da Vespa con un contraddittorio imbarazzante nella sua inesistenza, non porta bene a Libero. L’editore ha infatti comunicato alla redazione l’inserimento di Libero Mercato, il dorso finanziario del quotidiano diretto da Vittorio Feltri, all’interno di Libero nelle edizioni di tutta Italia. Traducendo dal giornalistese questo significa meno pagine e meno cinque giornalisti. Ovviamente contratti a termine.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
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