Cinema per malati

8 Marzo 2010 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Lo stile di Sandra Bullock, i fazzoletti per Bucchi, il libero di Koponen, l’utilità di Cuzzolin e il numero di LeBron James. Voti a Rocca, Pungetti, Bonamico, Reyer, Chessa, Meneghin, Boniciolli, Repesa, Garri, Capobianco, Dalmonte e Vitali.

Oscar Eleni malato di cinema, malato terminale che non può quasi più andare al cinema da quando mancano gli avvenimenti a Bologna che, nei prepartita, offriva svago, pensieri liberi, idee speciali anche se alla redazione di Repubblica non ne potevano più delle mie notti con certi registi. Oscarito lindo dal teatro Kodak di Los Angeles dove lo assegnavano con rullo di tamburi, con il rantolo del famoso “the winner is”, tenendo la catena corta in modo da non poter mai arrivare a salutare Kobe Bryant per la tristezza dei suoi amici reggiani, di quelli che lo considerano il più grande anche quando noi sventoliamo il manifesto con la faccia contadina di Larry Bird, anche quando fingiamo di essere stati, un tempo, folgorati da Magic Johnson, pur sapendo di avere amato soltanto il colore dei Celtics e mai il varietà dei Lakers. Passioni, come quando sulle scale di piazza Azzarita si faceva notte coi Bonaga discutendo sulla sostanza dei Gianfranco Pieri e sulla volatilità dei Gianfranco Lombardi. Tempo di riflessioni adesso che il solito scrittore inglese grufolante nelle pieghe e nelle immondizie della storia ci vuole cambiare il senso del bene e del male scoprendo un Robin Hood non grande eroe , ma soltanto un templare usuraio. Allora avete stravinto e vi diciamo subito che non abbiamo lo stesso senso dell’umorismo di Sandra Bullock che, due giorni dopo essersi presentata a ritirare il premiaccio per il peggior film dell’anno e quindi la peggiore interpretazione nel suo “Tutto su Steve”, ha potuto guardare nell’anima dell’Oscar vero come miglior attrice in Blind Side.
Ci vuole grande senso dello spettacolo e dell’umorismo per recitare due parti così diverse nella commedia della vita ed è ormai certo che Lega e Federbasket la inviteranno a Quattro Castella per un seminario a molti allenatori di serie A dalla faccia arcigna e dalle palle lesse, anche se capiamo che deve essere difficile prendere due torte nello stesso tempo: una in faccia e una da mangiare veramente. Chiedete al povero Piero Bucchi che entrando al Forum si è visto sventolare fazzoletti bianchi da chi gli chiedeva di andarsene dall’Armani, mentre nell’angolo ormai quasi deserto degli amici ultras il vento non profumato del Forum agitava uno striscione ambizioso: ”Noi ci crediamo, noi con Milano e con Bucchi”. Certo i noi sembravano meno degli altri, ma pazienza, poi capita a tutti di non trovare l’angolo giusto dove predicare. Pensate un po’ a Frates, quasi inseguito con i forconi a Treviso e Siena, minacciato a Caserta, messo alla berlina persino da quelli di Montegranaro che oggi, invece, gli hanno proposto un posto come sindaco, soprattutto se riuscirà a convincere Manero Vacirca che il tennis può aspettare, con l’obbligo di andare a cercare tutti quelli che lo prendevano in giro quando credeva in Maestranzi, quando ha scelto Brunner e scaricato un americano per far posto a Cavaliero. Certo Bucchi, con quella sua faccia da Braccobaldo, non avrà le stesse reazioni della Bullock, né riuscirà a consolarsi sapendo che a Malaga la gente chiedeva a gran voce le dimissioni di Aito Reneses, uno con qualche titolo vinto, uno con una storia importante anche se molti quando pensavano in grande erano convinti di essere meglio di Aito o del Klein del Maccabi. Certo, nella vita, non è sempre l’ora del premio, l’ora della passeggiata sul mare di Napoli dove è stato quasi più felice che a Rimini dove la tassa Carasso era anche arricchimento.
Certo aveva il magone il bolognese tifoso Virtus che, per la seconda volta, scopriva il piacere dei finali impossibili per battere Bologna e quel Lino Lardo accolto con grandi applausi da tutti quelli che non avevano mai accetato la corbellata di mandarlo via, i molti che sapevano come erano andate le cose nell’estate in cui Livio Proli è salito sulla Torpedo blu di Armani e ha deciso che la visione modenese della vita, dello sport, andava proiettata sulle raganatele dello Sforzesco milanese da dove si è messo a buttare di sotto, aiutato all’inizio dal Lucio Zanca che ora non ricorda i motivi delle defenestrazioni, tutto quello che poteva ricordare i 25 scudetti Olimpia, la fierezza di una società che sapeva combattere, le coppe, le troppe coppe vinte che certo non ci stanno tutte nella nuova sede in piscina dove produce idee il progetto per i giovani affidato a gente che non conosce le realtà di una città dove oratori e vecchie scuole servivano il sistema, dalla Ricca alla Canottieri. Il mondo va così, non dite alla rovescia perché altrimenti vi manderanno l’ufficiale giudiziario a casa, ma è verissimo e ci sono prove che neppure l’associazione giocatori si può nascondere sulla “ malvagità” dei ragazzi che vanno in campo. Se notate non fanno mai un piacere vero al loro allenatore, non ne capiscono il tormento e lo sgomento: Lardo, a Milano, voleva il trionfo, lo hanno tradito quasi tutti e ci deve essere stata perfidia persino nel tiro ignorante di Koponen-capponen quando ha sparato il libero della speranza a rimbalzo in un punto che persino i pessimi arbitri visti al Forum, in una giornata dove il prode Tola dovrebbe indagare su troppe cose per non credere che oggi in serie A abbiamo raccomandati, hanno deciso subito che si trattava di puttanata finlandese. Non poteva tenersela per l’estate contro l’Italia? Perché imparare oggi come si può e si deve sbagliare un libero da cui ti aspetti il rimbalzo salvezza? Ci sono prove da Norimberga a Canossa su questa perfidia dei “ tuoi” e tutti gli allenatori lo sanno, così come tutti dovrebbero sapere che non è questione di bilanci se ottieni quello per cui stai lavorando: chiedere al signor Cameron, di Avatar, sconfitto dalle ex moglie Bigelow che ha sollevato la statuetta dorata dopo aver diretto un film costato, in pratica, un quinto di quello del famoso uomo delle immagini in tre dimensioni. Si può andare avanti anche senza il budget o anche senza nascondersi sempre dietro questa scusa perché se hai ispirazione, se non t’illumini d’immenso inseguendo i primati, magari riesci a mettere insieme il pranzo con la cena per arrivare con le forze giuste nelle partite che contano. Ci vuole orecchio e ramatz, dice Paolo Conte.
Noi siamo con il grande Lebowski, cioè con Jeff Bridges che vince l’Oscar anche restando lontano dalle scene per aver buttato nel camino offerte di lavoro che non gli piacevano. Fate anche voi così, cari allenatori, buttate nel camino non soltanto le sceneggiature scritte da presidenti incompetenti, ma pure le candidature di giocatori che fanno venire il latte alle ginocchia appena li vedi in azione, con le loro facce un po’ così di menestrelli che non hanno mai visto il Madison e magari neppure Genova ai tempi di Tanelli, uno che ci farebbe divertire anche oggi se potesse arrivare in ogni angolo insieme al vero Jordan che sta chiudendo tutte le scuole dove dicono di esere andati ad imparare le tabelline i suoi allievi. Lui li metterebbe negli armadi dove si nascondeva il conte Rognoni per elaborare “pezzi storici” da Guerin Sportivo. Ma non li farebbe più uscire. Pagelle in fretta perché Sandra B mi sta chiamando e Jeff B. vuole sapere se davvero il segreto per avere i tre “ragazzi” NBA in Nazionale si chiama Cuz
zolin.
Dalla Bigelow scappo appena cerca di convincermi che le richieste di LeBron James per passare dal numero 23 al numero 6 sono la base intellettuale per impostare le prossime dieci pagine di sport sui veri giornali dell’orgasmo sportivo. Non rispondo ai verdi di Avatar che vogliono sapere se è vero che gli indios guaranà che spararono frecce avvelenate per far cadere la presidenza Maifredi, salvando capra e cavoli tecnici e non soltanto tecnici , sia chiaro, hanno perso il curaro, ma non la faccia per far ballare con gli stessi lupi il povero Costner-Meneghin. Meglio tacere quando i mastondotici poliziotti di Elei ci portano alla neuro per riconoscere i soliti sospetti che hanno portato via la mobilia dalla casa della gloria cestistica e vogliono assolutamente obbligarci a credere che il disastro Fortitudo non si salverà con la campana suonata da mani innocenti come nell isola di Crusoe. Certo sapere se Vellucci va trattenuto o lasciato andare dal cuore di Pesaro è difficile, siamo soltanto certi che non deve stancarsi Scavolini, così come crediamo che Mascellani farebbe bene a puntare su Bologna. Più facile indicare Papalia che nuota a meno venti. Impossibile distinguere fra farsa e realtà quando si apre la scena sulla Itaca varesina dove Pozzecco fa diventare verde il povero Vescovi. Facile invece indicare Mike D’Antoni come il novello Tantalo della grande mela e in Riccardo Pittis l’uomo che conosce meglio i segreti della grotta Azzurra di quelli della valle dell’eco di SKY. Voti, accidenti all’Oscar.
10 A Mason ROCCA perché nel suo modo di vivere la professione, salvando gente ingrata, ci indica la strada che possono percorrere i sena budget, come i senza talento, perché vedendo lui e pensando a Crosariol e Gigli ci rendiamo conto che avremo una estate torrida sul mare di Bari dove, perlomeno, come si legge, si sente, si vede, hanno mille risorse per far divertire giullari e principi.
9 Al PUNGETTI creativo nel nome del marine BONAMICO perché avendo passione, avendo idee si può far diventare evento anche una coppa Italia di A2, si può dare un senso persino alla gara delle schiacciate che ci ha fatto riscoprire il Nino Pellacani creativo anche dal suo partcolare punto di vista. Il garante dell’impossibile è uno da portare in sala macchine, da utilizzare non soltanto quando vi dice che odia il brodo e i maneschi.
8 Alla REYER e al suo presidente perché in questo mare nero di una stagione balorda, dove gli uomini fanno piangere persino Peterson, dove le donne non hanno fortuna, anche se sono bravissime, riesce ad avere ancora grandi idee, energia e, magari, sarà proprio lui a sdoganare per sempre la palestra della Misericordia dando a Venezia almeno la Casa della gloria cestistica e pazienza se non avrà le Olimpiadi assegnate a Roma molto, ma molto prima che lo sapessero gli stessi romani operosi e non impegnati in opere di tipo spiritual materialistico.
7 A Massimo CHESSA che per la seconda volta in stagione ci fa alzare dal letto di Lazzaro per camminare nelle praterie dove non tutti i talenti italiani sui quali costruire il futuro hanno le facce di certi fasulli che ti fanno piangere anche quando sono ingaggiati per far ridere. Si mantenga saldo alla sua origine, al modo di vedere le cose come ci si aspetta da gente intelligente, con huevos, che ha anche la fortuna di avere buoni maestri come Bechi e Cedro Galli.
6 A Dino MENEGHIN, o magari al suo staff, cominciando da Tolomei, per aver retto bene nella bufera, per essere riuscito a sventare l’attacco delle nuove formule di campionato inventate dai ladri di pennini, per non aver fatto capire in giro che si ragiona sul domani ancora un po’ perché c’è paura di fare una scivolata sulla roccia umida. Meglio pensare, se è vero che si sta pensando, meglio radunare gente che sa, fingendo di non ricordare tutti i nomi di certi consiglieri federali, piuttosto che mettere un tacon peggore del buso. Apprezzato anche il vento del deserto per sotterrare il Papalia che guarda con tristezza il piccolo mondo che lui ha imbiancato con il siero di medusa.
5 A BONICIOLLI e REPESA che si erano illusi di aver trovato le medicine giuste per le loro squadre di senza terra. Non esistono. E’ come quando annunciano che forse si morirà meno per certe malattie. Illusioni. Se hai dentro la metastasi la puoi anche bombardare, ma, prima o poi, devi tornare all’ospedale dei matti ed esiste certezza che a Roma e Treviso hanno squadre infettate dall’incompetenza, da chi le ha messe insieme senza sapere cosa faceva, ma attenti ai lupi di frontiera perché per Toti e Buzzavo gli Iago in servizio permanente effettivo potrebbero fare anche disastri più grandi.
4 A Luca GARRI, altro protagonista nella resurrezione di Biella, perché se davvero può giocare così quando corre, salta, ma, soprattutto, tace, le prende e la dà, allora dobbiamo dire che ha buttato via tanti anni, dobbiamo arrabbiarci cento volte perché uno così ci serviva nei giorni di Azzurro Tenebra.
3 Ai CORVI che si sono radunati sulla spiaggia di Tel Aviv per festeggiare la caduta di Siena e di Pianigiani. Ci sono stati errori, peccati, ma anche sfortuna e non avere i nostri campioni al ballo di Parigi è doloroso. Se proprio dobbiamo analizzare la caduta facciamolo con serietà, mandando via quelli che, come dicono adesso di Robin Hood, che si vedono come eroi ed invece sono soltanto usurai. Insomma non è vero che gli Hawkins cambiano subito pelle e che i Moss possono sostituire i Satro, o che i McIntyre la raccontano sempre giusta.
2 A CAPOBIANCO e DALMONTE perché non possono cadere insieme e rumorosamente, proprio sulle scale di casa, nella settimana in cui è stata ufficializzata la loro “promozione” ad assistenti della Nazionale. Rigorosamente non a tempo pieno per la rabbia del Petrucci che intanto danza sui suoi rivali della neve che gli fecero tanti dispetti durante la corsa alla presidenza Coni, in agguato sempre sulle piscine, ma soddisfatto per aver portato finalmente al centro del sistema solare dei problemi nello sport italiano, ignorato dalla scuola come dicono il Caglieris e i tanti insegnanti di educazione fisica traditi come la nostra amica Guzzonato o il professor Rondelli, il terribile morbo del giocatore e dell’allenatore scostumati che bestemmiano. Rogo e preghiere. Il resto? Beh, vedremo, intanto tenetevi sulla pira anche la povera Kostner, pluricampionessa europea considerata non campionessa. Sarà per questo che Gamba fu cacciato quasi subito dopo i capolavori di Nantes e Stoccarda, lasciando stare Mosca dove già in quell’olimpiade il nostro Petrucci (santo subito) cacciò via Bruno Arrigoni, allenatore della femminile perché insultava le giocatrici e, poi, bestemmiava.  
1 Voto agganciato alle decisioni del CONSIGLIO FEDERALE che nello scegliere gli allenatori benemeriti, un gruppo dove tutti hanno certo lavorato per il bene di questo sport, anche se vediamo un bell’abisso, ad esempio, fra Gianni Asti, numero uno, e qualche raccomandato che non manca mai, ci sono state dimenticanze gravi e proprio l’Arrigoni, per non parlare di altri allevati e cresciuti bene nella scuola Olimpia di Cesare Rubini, in quelle varesine e canturine, meritavano sicuramente di esserci.  
0 A Luca VITALI e, badate bene, non perché tutti ci dicono che è l’unico regista che abbiamo, e non perché ci viene il nervoso se lo descrivono come genietto di lampade senza olio che viene costretto a difendere sui nani invece che sulle ali, non perché altrimenti ci toccherebbero Bulleri o Poeta, ma per quel suo fallo intenzionale a Biella quando si è attaccato alla maglia di Garri che lo aveva tagliato fuori a rimbalzo. In quel gesto assurdo, con la faccia da impunito del Pavaglione, abbiamo visto come si può far diventare un talento un niente assoluto.
Oscar Eleni

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