Chi scommette sul Torino

8 Gennaio 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Un po’ di bar su chi gode per la caduta di Cairo, i soldi buttati nelle minors e le lezioni a Balotelli.  


1. Molti presidenti hanno cavalcato il calcio come abili surfisti, sfruttandone la popolarità per lanciare le proprie vere attività. Urbano Cairo invece ne sta venendo stritolato, come è evidente a tutti e come Italia Oggi (grazie a Paolo per la segnalazione) ha dimostrato però con le cifre. Negli ultimi cinque anni il Toro è costato all’ex braccio destro di Berlusconi 30 milioni di euro veri, stando solo ai numeri noti. Poca roba per Moratti, tantissimo per un imprenditore la cui azienda nel 2008 ha avuto utili nell’ordine dei 12 milioni. Oggi Beretta ha detto che dopo le note vicende, dall’agguato al compleanno di Di Michele a tutto il resto, la squadra si presenterà in campo con il Cittadella invece di lasciare spazio alla Primavera come qualche giocatore aveva ipotizzato. Per Cairo è la prima buona notizia dopo tanto tempo. Ma come è possibile che succedano tutte a lui, che non saprà di calcio ma di sicuro non è uno stupido? A Torino c’è chi offre la solita spiegazione, il solito gran rifiuto di ‘consigli’. Raccogliere a prezzo di saldo un Torino in C sarebbe più conveniente.
2. Uno dei tanti nostri limiti è che riusciamo a concepire solo lo sport davvero professionistico, quello destinato agli spettatori che si autofinanzia, e quello di base destinato a tutti. Tutto ciò che sta in mezzo è un’assurdità: milioni buttati o riciclati da megalomani per esibirsi davanti a quattro gatti e alle fidanzate dei giocatori. Nelle scorse settimane abbiamo seguito da vicino il mercato di una squadra di serie C2 di basket (parliamo del sesto gradino della scala, quindi: il suo vero nome sarebbe C Regionale), che ha aperto trattative in vista della finestra di mercato di gennaio. Le cifre reali sono sconvolgenti, visto che staremmo parlando di dilettanti e di realtà in cui l’ingresso alle partite è gratuito e solo raramente si vede uno sponsor (da 10mila euro l’anno quando va benissimo). Per giocare nelle cosiddette minors un Naumoski può chiedere sugli 80mila l’anno, mentre uno Sconochini è valutato 40mila. Stiamo comunque parlando di ex campioni, gente di nome. Il problema numero uno è il 20mila che ti chiede l’ultraquarantenne con qualche minuto di serie A negli anni Ottanta,  quello numero due che c’è sempre qualcuno che glieli dà. Figuriamoci cosa succede in A, B e C nazionale, senza nemmeno il relativo calmiere dello straniero (che dalla C2 in giù è invece tesserabile liberamente). Il semiprofessionismo è una finzione che non merita pietà, nemmeno l’elemosina di provincie e di pecorini.
3. Il partito degli impartitori di lezioni a Balotelli, ultimo iscritto Paolo Rossi (due anni di squalifica per il calcioscommesse del 1980), è ormai nel paese maggioranza assoluta: Mourinho ne è il coraggioso segretario e l’uomo immagine, gli ultras di tutta Italia i simpatizzanti-popolo bue. I difensori sono pieni di distinguo e morattian-veltroniani ‘ma anche’. L’opposizione sono i soliti giornalisti in giacca di velluto e forfora, con qualche slogan politicamente corretto sul multiculturalismo (Balotelli non ha vissuto un giorno della sua vita in Africa, a occhio ha su quel continente la stessa opinione di Tosi), sull’integrazione (fuori dal campo è integrato benissimo, con tutti i difetti dei diciannovenni) e sul razzismo. In vicende di questo tipo ci sembra che sia sempre mancata una cosa: un calciatore che dà degli idioti ai suoi tifosi per i cori contro un avversario. Ecco, Balotelli per i cori interisti contro Luciano l’ha fatto, al contrario di Totti e Del Piero (per non dire Stankovic o Zanetti). A dire la verità ne manca anche un’altra, che eviterebbe tanti pistolotti: il diritto di rispondere a tono alle offese, rimanendo nella legalità. Solo nella mente di Tosel gli applausi a chi ti insulta sono meritevoli di una multa.   
Stefano Olivari

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