Bassotti diversi

25 Aprile 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
L’imitazione di Mourinho, la reazione dei pretoriani, la resurrezione di Greer, un rendimento alla Bucchi, Peterson a SportItalia, il disastro di Pillastrini, le wild card meritate e l’inganno di Biella. Voti a Bonali, Mordente, Recalcati, Boniciolli, Stonerook, Motiejunas, Datome, Fajardo, Trinchieri, D’Antoni e Lega.


 

Oscar Eleni dal sentiero dei pellegrini che porta da passo del Gran San Bernardo ad Aosta e poi verso Forte di Bard con la via Francigena che serviva ai devoti peccatori per andare verso Roma. Fuga a cavallo su questa affollata strada di finti imploranti, di farisei della bontà, per non sentire il furore di Dan Peterson che in una brutta imitazione di Mourinho prova a farci credere di essere solo davanti al solito plotone di destabilizzatori. Urla come come quando voleva farci credere che si divertiva commentando il wrestling, intorno a lui quelli che gli dicono: alzala tu la voce se gli altri fingono di non vedere, sentire e, naturalmente, se non vogliono, parlare. La vittoria contro Cantù ha risvegliato il vecchio indiano confinato nella riserva, l’ultimo Katsumoto del basket euroamericano.
Una bella reazione dei pochi pretoriani che gli sono rimasti, tutti bassotti, ma non uguali a quei bassotti che lo resero subito popolare a Milano quando Bologna decise che aveva esaurito la sua carica positiva e aveva bisogno di una platea diversa. Fu la svolta della sua terza vita. Questo successo contro Cantù gli serve come medicina antiacida anche se forse non cambierà molto nella storia di questo campionato dell’Armani che continua ad essere un mistero, anche se ora sappiamo che la squadra fu fatta seguendo i consigli dell’allenatore Bucchi, del manager Pascucci, ascoltando anche le riflessioni del presidente Proli, squadra poi ritoccata, si presume, anche sentendo Peterson. Ora diteci voi se possono servire dei fenomeni per riciclare Hawkins ad un costo superiore all’ingaggio che gli offriva Siena, sfidare gli analisti con Jaaber che a Roma ha lasciato rimpianti soltanto per il suo primo anno, farci capire che la NBA non aveva capito niente con Pecherov che ora sembra incompreso anche dal Nano Nonno, puntare ancora su Petravicius mai sano.
Insomma non erano scelte da rivoluzione della specie Olimpia. Tutti dicono che all’inizio c’era stata adesione totale al programma, alla squadra, insomma erano tutti d’accordo fino a quando qualcosa si è rotto: prima nei giocatori e poi nel gioco. Peterson è arrivato un girone fa, domenica ritrova Caserta che gli spalancò le porte del Paradiso, ha insistito per il lungo che mancava ed è arrivato Eze a cui, però, non arriva un pallone decente per la sua manualità tecnica così elementare che Siena, nel sistema Pianigiani, mascherava così bene, ma quando c’è stato da scegliere nessuno ha avuto un dubbio fra saracinesca Stonerook, il baobab che pensa per tutti, e il Beniamino che poi Scariolo ha scoperto nella gelida Mosca rimettendoci salute e posto milionario. Poi, dicono, il Nano ha voluto anche Greer che era la passione nascosta di Bucchi. La gente non ne può più del cavaliere triste che ogni tanto sforacchia il canestro, ma, ultimamente, non vede la luce, né per se e tantomeno per gli altri. Rifiorirà più avanti, giura Daniele Lovel terzo, nei play off da Transumanza, sempre a cavallo, fra San Marco e Frosolone, quelli dove l’Armani non vuole fare la fine dell’amatissimo Mike D’Antoni polverizzato dalla sfortuna, incidenti a uomini chiave nel momento più difficile dopo la faticosa digestone del genio tecnico di Carmelo Anthony, e dai Boston Celtics che a New York non hanno lasciato neppure l’ultima lacrima.
Sarà un viaggio fra necropoli e se dovesse andare bene il primo turno si può garantire che nelle semifinali, se sarà Cantù l’avversaria, non ci saranno più regali come al Forum dove, lo confessi il grande allenatore che fu, neppure lui, come del resto Trinchieri, poteva aspettarsi che a salvarlo fosse il Marco Mordente messo da parte, o il Mason Rocca che gli aveva fatto venire tanti dubbi sul sangue di Evanston. Dopo, ma soltanto dopo, ha detto che questi sono veri uomini. Lo diceva anche Bucchi, il problema è negli ominicchi intorno, ma comunque non sono rondini per primavere di bellezza. Certo vincere ha fatto cadere il castello dei nemici travestiti delle bande oloniane, perché erano pronti con le loro pizzarre luminose a fare due conticini da filosofia dell’oste Ciceruacchio: Bucchi cadde dopo il trittico Siena, Varese, Cantù, successo ai supplementari e non limpido contro la Cimberio, poi legnate. Peterson ha perso con Siena e Varese, ha rischiato e rosicato con Cantù. Il suo record non è tanto differente da quello del beato Piero salito nella considerazione nel primo cielo di Sky, fra le Beatrici e i Virgilio del gruppo, per cui è normale che si pensi al futuro senza Peterson, magari con una struttura pensante diversa da quella che oggi soddisfa in pieno il Proli che si tiene a debita distanza dal condominio di Lega.
Sentita l’aria, ascoltando i tamburi lontani di chi ruba persino le brevi ai collaboratori di ventura, dei cannibali che ti rendono invisibile la busta paga cianciando di notizie mai date, può capitare che ci sia la voglia di far sapere che comunque certe cose non sono segrete e si possono immaginare. Dire che Milano ha avvicinato Pianigiani, trovato stranamente freddo, ma come?, non è un reato. Credere che sarà Ettore Messina, con la sua quadrilla, il vinificatore per far diventare il vecchio vigneto Olimpia una terra per vini probiti come quelli fuori legge di Un’Ottima annata, non è destabilizzante. Se fa piacere crederlo allora le risposte devono essere civili e documentate. Con i vaffa, davanti ai cortigiani che nelle interviste non sollevano mai il dubbio, la rosa canina con Proli è andata di rosolio, pur non vedendo l’ora di rimandare san Daniele fra le stagionature di SportItalia, si arriva ad altri vaffa anche se il c’eravamo tanto amati resta in piedi. Per chi non avrebbe mai dato un gettone telefonico alla donna appena goduta per togliersela dal letto questa reazione non porta infelicità. Se vai con certa gente, prima o poi, zoppichi. E’ successo. Pazienza. Nulla dura in eterno.
Lo può dire don Pillastrini esonerato da Montegranaro mentre la Fabi scivolava oltre la decenza segnando meno di 50 punti contro Teramo, la penultima in classifica. Dalle gioie del girone di andata alla crisi mistica del ritorno, dopo una coppa Italia quasi decorosa. Disastro su tutta la linea, crisi annunciata nei giorni di un matrimonio che non convinceva proprio tutti, neppure quelli di Varese che si consideravano traditi dal Pilla. Ora siamo alla rivoluzione tardiva e il calendario dice che non esiste ancora certezza del domani: per la classifica, per il campo da rinvigorire dopo il successo di Ancona che aveva riportato in pista il vero Crovetti rimpianto dalla Ferrara offerta con prezzi di saldo da chi voleva già andarsene prima che il cuore dicesse di fare attenzione alle curve pericolose dell’emozione.
Nei rinnovamenti anche il nuovo torneo di formazione, la vera serie B, dove hanno chiesto di rientrare squadre onorate, ma ce ne sono due, Trieste e Virtus Siena, che più di altre meriterebbero questa carta selvaggia. Trieste è stata la culla, la scuola, il regno del bello e del vero basket. Ora ha perduto il Boniciolli che andrà pedalando verso il Kazakistan dove, glielo giuriamo, non arriveremo mai, noi che lo avevamo tradito persino quando era ad Ostenda, ma i progetti restano in piedi e forse la fata t
urchina porterà qualcuno vero e non il solito Pinocchio. Sulla Virtus Siena ci sono i fatti a spiegare tutto: nessuno ha interpretato meglio il nuovo corso della società di Bruttini, se non avranno loro la carta allora i sostenitori della nuova formula ci hanno ingannato.
Così come ci ha ingannato Biella che è nei guai anche più di Montegranaro. Cosa è successo dopo le smargiassate pre coppa Italia? Vai a saperlo. Succede spesso che la bagna diventi cauda quando ci sarebbe bisogno di verdura fresca. Fanno bene i nostalgici a ricordarci che un tempo in quella contrada insegnava il professor Gino Bonali che Cremona onora come suo massimo maestro nell’arte del basket, Cremona come Padova e, naturalmente, i reduci della Rivetti biellese cominciando da Ottorino Flaborea. Sono vent’anni che ci ha lasciato un vero genio di questo sport e del saper vivere. Pagelle in cambio di una colomba dolce, di un uovo senza la sorpresa di veder schizzare fuori un puffo ululante che parla di congiure, di un piatto vegetariano che ci faccia dimenticare gli innocenti presi in giro. 
10 A Gino BONALI perché l’associazione allenatori ricordi uno dei grandi maestri senza fingere di non aver preso nota in agenda dell’anniversario della sua scomparsa.  
9 A Marco MORDENTE perché se vuoi farti rinnovare un contratto comunque oneroso devi fare come lui: quelli veri li vedi sul campo. Lo sapevamo, non lo sapevano tutti in casa Olimpia, oggi, come ieri.
8 A Carlo RECALCATI che non si ferma più e fa girare il contatore di cassa ripetendo quello che in precampionato era il suo canto preferito: i conti si fanno alla fine. Astenersi sbruffoni e palloncini gonfiati dal doppio blocco.  
7 A Matteo BONICIOLLI che va ad oltre 8000 chilometri da Trieste stuzzicando l’ironia del nemico giurato che lo tormenta da quando lasciò Avellino per stare più vicino alla famiglia. Ci vuole coraggio per fare certe scelte, per non preoccuparsi se ti prendono a pallonate.  
6 A Shaun STONEROOK perché non esiste un giocatore squadra più completo di lui. Lo senti anche quando non segna, anche quando sembra fuori forma, lo vedi quando c’è bisogno di aumentare i colpi di remo. Fa bene a non parlare l’italiano, fa bene a fingere di non capire tutto: come spiegargli i premi che si danno a tutti meno che a lui?  
5 Al giovane talento MOTIEJUNAS che fa il suo record due partite dopo quella che contava di più. Certo è giovane, certo ha mille sirene che lo ammaliano, ma i grandi si vedono quando serve essere grandi. Lasciatelo crescere, o agenti famelici, avrete uno grande davvero e la stessa cosa vale per Gentile. Meno copertine, più sofferenza. Legge di vita e di sport.  
4 A Gigi DATOME se fa soltanto un mezzo passo indietro dopo aver raggiunto il livello del giocatore medio alto. Lo sapevano in pochi che avrebbe potuto farcela, ma aveva bisogno di scuola severa. Ora non è più un passator cortese che fa poesia soltanto con il tiro, adesso ruba pure, si sbatte, le dà e le prende.  
3 Al terribile FAJARDO che ora onora la Cimberio con il suo prezioso lavoro. Se avesse avuto la faccia tosta di altri non sarebbe mai sato un pacco postale al seguito di allenatori che lo amavano. Tutti gli allenatori amano i Fajardo.  
2 Al TRINCHIERI che assolve la Pasqua Bennet spiegando, e qui ha quasi ragione, che gli unici a giocare davvero sono stati i suoi giocatori e che il Mordente da 5 su 5 ha sorpreso perché in preparazione della partita era stato considerato elemento marginale nelle rotazioni peetrsoniane. Il peccato vero è non guardare mai negli occhi la gente che va in campo.  
1 A Mike D’ANTONI che sarà processato dai destabilizzatori di New York per l’eliminazione dai play off con un gelido 0-4, messo al rogo come il suo mentore Peterson che, però, dal fuoco è scappato almeno per una notte mandando al diavolo le due pagine rosa che annunciavano probabili disastri della coppia che un tempo fece tremare i tabelloni. Quando ad Arsenio cambiarono assetto di squadra avrebbe dovuto capire che il suo tempo era andato.  
0 Alla LEGA condominio avvelenato, come la chiama il Proli, se non valuterà bene quello che succede nella pallavolo dove una semifinale è a rischio perché il campo di Macerata non è ritenuto idoneo e la regola esisteva all’inizio, è stata chiarita ed accettata. Ora valutiamo i campi idonei del nostro basket, i bilanci congrui di chi sul campo resiste, sbalordisce persino, ma poi è alla canna del gas. Chiarire in fretta togliendo agli arbitracci la tensione di dover decidere seguendo la luna del facchinismo.
Oscar Eleni

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