Baschi poco amichevoli

23 Dicembre 2008 di Pippo Russo

Una partita troppo politica persino per la federcalcio basca. E’ questo il motivo per il quale oggi non si disputerà l’amichevole fra la rappresentativa del Paese basco e la nazionale iraniana, messa in agenda mesi fa e precipitosamente annullata alla fine della scorsa settimana. Il motivo è dato dalle conseguenze della “Dichiarazione di San Mames”, firmata lo scorso anno (30 dicembre 2007) a margine della più politica fra le partite che sia dato immaginare oggi al mondo: quella fra le rappresentative del Paese Basco e della Catalogna. Sono proprio queste due selezioni a prendere maggiormente sul serio l’appuntamento di fine anno che in Spagna vede le rappresentative delle autonomie scendere in campo e sfidare nazionali straniere. Per tutte le altre selezioni regionali si tratta di un appuntamento il cui scopo è quello di fare testimonianza d’identità locale e poco più. Viceversa, per la Catalogna e il Paese Basco è l’appuntamento di maggiore impatto simbolico all’interno delle complessive strategie di rivendicazione identitaria. Sicché un match organizzato fra le due rappresentative non poteva non dar luogo a un atto politicamente clamoroso. Esattamente ciò che avvenne in occasione della gara disputata alla “Catedràl” del San Mames, lo stadio di proprietà del club simbolo delle rivendicazioni basche: l’Athletic Bilbao. Con la “Dichiarazione di San Mames”, infatti, i governi autonomi basco, catalano e “gallego” (galiziano) chiesero ufficialmente il riconoscimento internazionale delle loro rappresentative. “Se esistono rappresentative di Inghilterra, Scozia, Galles e Nord Irlanda – era una delle principali argomentazioni – perché non anche le nostre?”. Nell’occasione, il governo autonomo basco autorizzò i calciatori della propria rappresentativa a utilizzare non il tradizionale nome “Euskadi”, ma “Euskal Herria”. E sta proprio in questo dettaglio il motivo per il quale la partita di oggi è stata annullata. La differenza fra le due denominazioni è infatti quella che passa fra una mera entità territoriale di carattere politico-amministrativo (il Paese Basco compreso entro i confini spagnoli) e la più ampia e “spirituale” accezione di “popolo basco” (Euskal Herria), in cui vengono compresi gli abitanti della Navarra e delle province basche comprese entro i confini francesi. Di questa mossa il governatore basco (lehendekari), Juan José Ibarretxe, si è pentito amaramente. Perché a un anno dalla “Dichiarazione di San Mames” è stato pubblicato un documento con in calce la firma di 160 calciatori baschi (fra i quali tutti i componenti della rosa dell’Athletic Bilbao), i quali hanno dichiarato il proprio rifiuto di giocare per una rappresentativa il cui nome sia diverso da Euskal Herria. A determinare una posizione così clamorosa, che spacca il fronte nazionalista basco e apre scenari imprevedibili, è stata l’azione esercitata dalla ESAIT (“Euskal selekzioaren Aldeko Iritzi Taldea”), un gruppo d’opinione organizzato per promuovere il riconoscimento delle selezioni basche).. Muovendosi a tutto campo (è proprio il caso di dire…) fra la destra e la sinistra del fronte indipendentista basco, ESAIT ha creato un clima d’opinione favorevole alla radicalizzazione della questione identitaria basca attraverso lo sport. La sua pressione ha persuaso i calciatori baschi a rifiutare la convocazione per una rappresentativa denominata “Euskadi”. Il risultato è che per la prima volta dal 1979 la “nazionale” basca non sarà in campo a fine anno. Ventidue anni consecutivi di partite politiche (50 in tutto), organizzate per dare un seguito a quelle dell’epoca pionieristica disputate fra il 1937 e il 1939. In sostituzione della gara con l’Iran, ci sarà una manifestazione organizzata per il 27 dicembre dalla stessa ESAIT per rivendicare il definitivo riconoscimento internazionale della selezione basca. Rimane però un problema. Il mancato rispetto dell’accordo con la federazione iraniana comporta il pagamento di una penale da 150.000 euro. E gli iraniani hanno già fatto sapere di volersi rivalere. Quesito cruciale: e adesso chi paga?
Pippo Russo
http://www.myspace.com/pipporusso
(per gentile concessione dell’autore, fonte: il Riformista di oggi)
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