Arte della guerra

7 Marzo 2009 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni

Passano i monatti dell’immondizia e allora ti svegli male, ti svegli troppo presto, ti sembra di aver sognato che per una partita di basket sono andati in 22567 spettatori. Tutto quasi vero, ma la verità più importante, una cosa da far diventare viola gli invidiosi che disprezzano il basket trattati come Fiorello sulle reti televisive generaliste, è proprio quella che arriva da Belgrado, per il record di pubblico in Europa. Pensate hanno battuto gli oltre 18000 di Bonn-Berlino (sì, Germania, cosa credete, il basket piace ovunque). Da non credere se ogni anno dalla vecchia scuola jugoslava non uscissero sorprese di questo genere, squadre come il Partizan che alleva giovani, che vende talenti, ma ogni volta è lì a fare le boccacce a chi ha speso molto, ma molto di più. Le boccacce anche all’Armani uscita dall’Europa con tante perpetue sul fiume ad applaudire per la partita di Atene che era la fotografia esatta del voglio, ma non posso? No, all’Armani nessuno sberleffo. Hanno scelto di essere diversi da quello che era la Milano dei giorni in cui si beveva tutto, quella delle vere scarpette rosse, quella che faceva fremere Cantù dalla fonte al sagrato, quella che eccitava la fantasia del giovane Marzorati, che stuzzicava la perfidia del giovane Recalcati, che esaltava la fantasia del vate Bianchini. Certo le cose sono cambiate per tutti vi direbbe Aldo Allievi, mentre suo figlio Roberto si butta nell’acqua gelata, tanto per soddisfare il ricordo del collegio svizzero, tanto per dimenticare i giorni in cui Milano e Cantù avevano l’Europa ai loro piedi. Pazienza diranno in tanti, poi è da un po’ di tempo che quando si parla dell’Armani per criticarla quelli arrivano e saccheggiano, quelli vanno in campo, come all’andata, e stravincono lasciando tanti dubbi, una crisi, un malessere che aveva coinvolto tutti, persino l’abate Arrigoni che è sempre stato convinto di valere dieci, cento Lucio Zanca, l’uomo scelto dal gruppo di Giò per costruire qualcosa che sia il più distante possibile dal passato glorioso, ma certamente fastidioso, un mal di stomaco che aveva fatto venire dei dubbi anche a chi aveva la certezza di essere ancora il genio della lampada canturina, anche se poi finge di non essere interessato agli elogi che sicuramente ha meritato e si merita pure questa volta. Per arrivare con la testa pronta alla partita della domenica notte su Sky e al Pianella è stato tirato fuori il manuale di Sun Tzu, la famosa Arte della guerra per ricordarsi che il calendario adesso offre sei partite nel container illuminato da dentro e quattro fuori, per mettersi con lo scudo pronto chiedendo a Patricio Prato di dare qualcosa in più alla difesa. Dalmonte e i suoi discorsi che prendono spunto dal vecchio generale. Quando il nemico presenta una breccia entra il più velocemente possibile (lo faceva già Stankovic, lo ha fatto Taurisano). Ciò che gli sta a cuore (entrare nei play off) sarà il tuo primo obiettivo. Non fargli sapere quando attaccherai come all’andata, abbandona la linea d’inchiostro basando la tua strategia sul comportamento del nemico e decidi poi il modo di dare battaglia. Perciò dapprima mostrati come una vergine, così il nemico aprirà uno spiraglio, poi mostrati come lepre in fuga e il nemico non riuscirà a resistere all’inseguimento. Belle le teorie, certo se poi anche Bucchi ha letto l’arte della guerra saranno guai. Ma intanto vediamo chi ha capito meglio il generale.
Oscar Eleni
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