Addio zingarate

6 Agosto 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
In memoria di Franco Grigoletti che ora dorme sulla collina dove sono Gianni, Gigi,il sciur Aldo e l’Alfredo, il Klinger, il cavalier Maggiò, insomma tutti quelli che erano parte della nostra vita di zingari, felici di zingarate che non faremo più, innamorati della vita come piaceva a noi, con tavole dove potevi dormire fino all’alba per ricominciare il giorno dopo.
Dove sono questi amici, l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso non lo sappiamo, ma certo sono tutti a riposare sulla collina come li avrebbe ricordati un Lee Masters meno gottoso di chi scrive, ma è sicuro che non ci saranno lacrime, monade, sarà un momento speciale ed dillo pure allo Squallidone Trevisani che anche per lui restano più rimpianti che lacrime. Caro Grigo non arrabbiarti subito perché avrai difficoltà ad aprire questo allegato che è atto di fede, amicizia per sempre, mezzo comune in questa barbarie per potersi parlare anche vivendo in mondi diversi. Se hai difficoltà a leggere aspetta di incontrare Giannino Menichelli che, di sicuro, cercherà di spiegarti perché quella volta non giocò il settebello e per non farti urlare come sotto il cielo di Amblar preparerà un bella frittatona con le primule.
Beato te che vai a a trovarli mentre noi restiamo qui in mano a questi uomini zozzi, sicuri di non avere un domani, sicuri di non poter dire niente di buono a quelli che si affacciano adesso al grande caos. Ti sei rifiutato di stare con noi e lo capisco. Meglio andare a cercare i vecchi amici altrove, nel mondo iperuraneo di chi cadde da questo ponte perché non aveva più voglia di starli a guardare, sentire,mentre si sbrodolavano addosso. Franco, davvero franco, Grigoletti e il suo mondo fatto di notti senza fine, di libri che non lo stancavano mai, di gioie e dolori legati alle passioni sportive, al Moser, alla Juventus, al Cesare Rubini che voleva proprio ritrovarti perché l’epopea delle scarpette rosse era finita nelle mani di un finto roveretano, e non soltanto a quelle perché, caro Grigo, lo so benissimo che ti piaceva quel tipo capace di scrivere viva Stalin sui muri di Monza. Ho avvisato chi potevo, chi c’era, chi ti voleva così bene che dandomi la notizia ha lasciato che parlassero le sue lacrime. Ho parlato con Boscia e ti abbraccia, stringe forte anche la Franca, ma sono cose che tu già sapevi.
Così come sapevi che qui non c’era più un palle lesse da tormentare, questi di oggi sono permalosi e guai a criticarli. Se hai tempo guarda pure più in basso, ma troverai la fufferia del mar morto cestistico dove l’egoismo rende tutto più difficile, per non parlare del mar morto dove viviamo aspettando che gli uomini della speculazione mandino tutti al macero. Un mondo dove dicono di essere tutti in perdita e poi ecco andare in scena la pantomima della Bologna ex città del basket dove un tale, si chiama Sacrati, sarebbe stato il tuo pane quotidiano per paralare alle troppe suocere in modo che le troppe nuore potessero intentendere, resiste su una barricata dove ha un mobile come difesae una sedia come giaciglio. Questo uomo ha perso un sacco di soldi, almeno così dice, ma resiste per difendere la sua Fortitudo spalleggiato dal Sabateo virtussino. Sua? Fortitudo? Roba da portarli tutti sulla Garisenda che è storta e poi farlo volare fino agli Asinelli andando oltre l’ultima montagnola.
Fra poco sarà eurobasket in Lituania e ci sarei venuto con te per l’ultima zingarata, tanto per staccarsi da questo mondo senza rimpianti perché non avresti trovato uno di tuo gusto. Ci si vede caro Grigo. Per questo mestiere, per il lavoro del giornalista hai fatto più tu di tutti quei pinguini che pontificano anche oggi, che straparlano. Se incontri il tuo amico Gianmaria digli pure che gli odierni guitti da telesbanco lo rivalutano in pieno, anche se ci sembrava difficile ammettere una cosa del genere. Eri geniale, eri splendido, eri qualcosa che non ho mai più ritrovato. Eri bellissimo fra le tue trote, eri stupendo anche quando ti avevano proibito di ricordare che nelle cantine Indrizzi potevi entrare, ma non fermarti. Lo sapevo, quando sono venuto a trovarti due anni fa per un compleanno alla De Pero, che non ci saremmo più ritrovati. Sono cose che si sentono e si capiscono guardando gli occhi di chi era sempre zingaro nel mondo, era a Manila, era ad Atlanta, era in redaziun, era ovunque. Complicità. Ci si vede caro Grigo e ti racconterò persino del Din Don Campana bulimico che scrive anche più dei giorni in cui era in Gazzetta. Lo fa su un sito che tu non sei mai riuscito ad aprire. Se col Gianni ci riuscite scrivetegli e se tornate a litigare vi giuro che arrivo presto.

Oscar Eleni

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