Spalletti, onore ed errori

28 Maggio 2019 di Stefano Olivari

Luciano Spalletti ha salutato l’Inter con la seconda qualificazione in Champions League all’ultimo respiro in due campionati. Traguardo importante, obbiettivo al tempo stesso minimo e massimo per una squadra che ha giocato per quasi sei mesi senza centravanti titolare, avendo come rincalzi soltanto mezze figure (ad alto livello).

La gestione e soprattutto gli effetti sportivi del caso Icardi hanno in un certo senso giustificato agli occhi dei tifosi la fine della sua avventura interista, ma Conte è stato il pensiero fisso di Marotta fin dal suo insediamento, lo scorso dicembre, e quindi Spalletti per rimanere gli altri due anni di contratto avrebbe dovuto centrare traguardi impossibili.

Di possibile c’erano invece un terzo posto tranquillo in campionato, invece di un quarto soffrendo, la Coppa Italia e lo sfruttare la grande occasione creatasi nel girone di Champions. Con una rosa (asterisco per le limitazioni europee) senz’altro migliore di quella dell’anno scorso. Spalletti se ne va comunque con onore, dopo avere per grandi tratti della sua gestione fatto giocare bene l’Inter e negli ultimi tempi dovendo anche gestire un grave problema personale.

Siccome il giornalismo celebrativo non ci piace (non è un’opinione, non è proprio giornalismo), anche se è l’unico ormai possibile in un mondo in cui i club pretendono di conoscere in anteprima e di approvare gli articoli o i servizi del giorno dopo (con alcuni, per fortuna non tutti, che si adeguano pena l’uscita dal giro delle veline), andiamo direttamente sulle critiche.

Partendo dalla fine, dalle parole pronunciate dopo Inter-Empoli, con cui Spalletti in pratica accusava i suoi dirigenti di averlo messo in difficoltà facendo marcia indietro nella vicenda Icardi. Ed in effetti l’Icardi che è tornato, oltretutto giù di tono, è sembrato un corpo estraneo in ogni senso. Ma come si può tenere fuori per quattro mesi un giocatore che poi vorresti vendere? Senza contare le alternative: il felpato Keita che comunque è stato fuori mezza stagione e l’elettrico Lautaro Martinez che mentre scriviamo queste righe incide sulle partite quanto Pinamonti. La vicenda della fascia tolta a Icardi, che ha reso la situazione senza ritorno, è stata presa sì dalla società ma da Spalletti è stata condivisa, forse anche sollecitata. Una scelta che ha avuto effetti negativi ma che per qualche settimana ha compattato lo spogliatoio, parte pro-Icardi (Nainggolan, Lautaro, Vicino, Gagliardini, Borja Valero, eccetera) compresa.

Un secondo errore di Spalletti è stato nelle poche scelte di mercato in cui ha potuto incidere. Borja Valero, Vecino, Nainggolan… Un giocatore intelligente con un quarto d’ora di autonomia, un centrocampista con piedi non da centrocampista (perlomeno di serie A) e un ex campione con problemi fisici, che la Roma voleva scaricate e che al di là dei soldi è costato anche Zaniolo (ma questa è casualità, perché in origine il giocatore era Radu), peraltro in via di ridimensionamento. Un’altra cosa che a Spalletti si può imputare è la cattiva comunicazione, che a colpi di messaggi in codice ha disorientato anche molti dei suoi estimatori, per non parlare dei giocatori. Messaggi verbali ma anche tramite scelte sportive: non sapremmo come definire il Dalbert di domenica se non una provocazione.

I meriti dell’uomo e dell’allenatore sono evidenti, primo fra tutti quello che le sue squadre nemmeno nei momenti peggiori crollano. Alcuni di quelli che lo conoscono bene sostengono che non allenerà più: a 60 anni ha giustamente voglia di stare a casa e di lasciare l’appartamento al Bosco Verticale. Ma il tornare a casa non sarebbe incompatibile con la panchina della Fiorentina o con un ruolo da dirigente nell’amato Empoli… Che stia fermo o no per i due anni residui del contratto, scommettiamo che l’Inter non risparmierà nemmeno un euro dei 25 milioni lordi che deve a lui e al suo staff, ma fa parte del gioco. Come al solito abbiamo usato troppe parole (magari nei nostri futuri e attesissimi video-editoriali saremo più sintetici), quando invece sarebbe bastata una domanda: ma Conte è poi così meglio di Spalletti? Tanto per collegare le due epoche azzardiamo una prima risposta: a Spalletti un Oriali, lo stesso Oriali che avrà Conte, sarebbe servito tantissimo.

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