Cairo e i disoccupati di La Sette

13 Luglio 2018 di Stefano Olivari

La presentazione dei palinsesti di La Sette, a cui era presente l’amico D. (non vogliamo creare danni alla sua carriera citandone il nome) con le sue notazioni sociologiche e antropologiche sempre puntuali, e i discorsi di Urbano Cairo riportati anche dai giornali di oggi, ci hanno ricordano che siamo cresciuti in un’Italia in cui la tivù del pomeriggio non veniva guardata nemmeno dai disoccupati e dalle casalinghe, anche perché non esisteva tivù del pomeriggio (la cosiddetta tivù dei ragazzi iniziava alle 17). Dagli anni Ottanta in poi la situazione è cambiata, ma comunque chi lavorava non è che guardasse la tivù durante il giorno, almeno dal lunedì al venerdì. Al massimo si ascoltava la radio, nei negozi o negli uffici più liberali. Anche se tutti intuivano, ben prima degli studi cognitivi dei decenni seguenti, che il multitasking è una colossale truffa, prima di tutto nei confronti di noi stessi. Non si può fare tutto bene, ed arriva un momento in cui non si può fare tutto nemmeno male.

Adesso Cairo ha scoperto  che gli adulti che guardano la tivù al mattino o al pomeriggio sono un target alto, qualsiasi cosa voglia dire. Durante la presentazione è stata mostrata una statistica da cui risulta che il 25% della popolazione italiana lavora su turni e che in ogni caso un terzo dei lavoratori italiani ha dinamiche occupazionali diverse dal tradizionale 9-17 dal lunedì al venerdì. In altre parole, l’infermiera che fa il turno di notte, il poliziotto o la finta partita Iva che mendica una collaborazione qua e là hanno il tempo di seguire Orfini e la Ravetto a Tagadà oppure Maratona Mentana sulle regionali nello Zimbabwe. Per non parlare dei tradizionali disoccupati, circa l’11% della popolazione fra i 15 e i 64 anni (magari fra qualche mese anche Mazzarri), dei pensionati (circa 16 milioni di persone, più di un italiano su 4), della casalinghe (nel 2017 intorno alle 7.400.000 unità, secondo l’Istat), degli universitari fancazzisti, dei pochi bambini che riescono a sfuggire al tempo pieno scolastico che oggi li trasforma in impiegati già dall’età di 6 anni soltanto per far assumere più gente allo Stato.

D. ci ha raccontato di altre notazioni di culto, da parte di Cairo, come quella sul Galletto Vallespluga che è tornato ad investire in pubblicità o sul tonno Asdomar che grazie a La Sette è passato da 20 a 140 milioni annui di fatturato (saranno contenti i tonni). Per non parlare dei cosiddetti ‘altoconsumanti’: 11.700.000 individui, il 20% della popolazione italiana che è responsabile del 60% dei consumi nazionali. Inutile dire che gli altonsumanti preferiscono La Sette, oltre chiaramente a Indiscreto. Al di là di questo, Cairo potrà non piacere ai giornalisti (soprattutto a quelli della RCS, ai quali ha tolto giga di abbonamento telefonico…) ma sul pubblico ha ragione: più di mezza Italia può guardare la televisione di giorno e senza bisogno di grandi indagini si capisce che in gran parte è gente da televisione generalista e, nel caso di La Sette, nemmeno della peggior specie. Target alto? Tutti ce lo diciamo da soli, tutti siamo venditori di metaforici tappeti.

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