Passo doppio, la prima voce di Luigi Colombo

26 Maggio 2016 di Stefano Olivari

Le autobiografie dei giornalisti sono quasi sempre noiose o involontariamente comiche. E c’erano tutte le premesse perché il Passo doppio – Ricordi di vita, di calcio e di tivù di Luigi Colombo facesse parte di questo girone, quando abbiamo notato il libro per puro caso, sepolto fra ‘Migliora il tuo bridge’, ‘Pancia piatta in due settimane’ e ‘Juventus 44 scudetti’. Come tutti sanno, è più facile trovare trovare il Sacro Graal da un kebabbaro che un libro di sport in una libreria…

Ma cosa avrà mai di interessante la vita di un telecronista, sia pure bravo come Colombo? Oltretutto ben lontano dall’essere un personaggio, anche ai tempi d’oro di Telemontecarlo, o dell’atteggiarsi a tale. Però il dio della lettura ci ha indicato questo agile libro, edito da Mursia nel 2010, e noi abbiamo eseguito i suoi voleri. Con soddisfazione, perché Passo Doppio ha molte cose giuste, prima di tutto… il passo. Non quello di Biavati, che Colombo provava da ragazzino all’oratorio, ma quello del racconto di come il pubblico italiano abbia scoperto il grande sport internazionale. Merito delle tivù private, come le si chiamava una volta, soprattutto delle più ricche fra quelle locali, che potevano permettersi di investire sugli eventi senza necessariamente una squadra o uno sportivo italiano in campo. Fra quelle nazionali si distinse la Telemontecarlo degli anni Ottanta, soprattutto da quando fu rilevata dai brasiliani di Rede Globo, che potendo contare sui diritti dell’Eurovisione (ufficialmente era una tivù straniera) poteva sia fare concorrenza diretta alla RAI sia avere in generale le mani libere sul mercato dei diritti. Per questo una generazione di ragazzi si è abituata in un certo senso male, avendo gratis fino all’inizio degli anni Novanta tutti i grandi eventi dello sport, con giornalisti e commentatori che quasi sempre surclassavano i parastatali RAI.

Colombo però non è stato soltanto il direttore di quella Telemontecarlo piena di idee ed iniziative, ma anche un giornalista che ha profondamente rinnovato il modo di fare telecronaca e introdotto in Italia il concetto di seconda voce. Oggi scontato, ma all’inizio degli anni Ottanta no e meno che mai sulla paludata RAI, i cui giornalisti pensavano ancora di essere negli anni del monopolio (alcuni lo pensano ancora oggi, per dire). José Altafini, Giacomo Bulgarelli, Sandro Mazzola e Fabio Capello erano partner di telecronaca di Colombo e delle altre prime voci di Telemontecarlo, con una divisione chiara dei ruoli: Colombo raccontava la partita, senza troppi tecnicismi ed espressioni dialettali (mai dalla sua bocca si sarebbe ascoltata la parola ‘scarpini’), ma soprattutto porgendo le domande al cosiddetto ‘esperto’, senza sovrapposizione di ruoli. Facile il paragone con quanto succede oggi, dove la seconda voce è spesso più pacata dell’istrionica prima, alla caccia di un download sulle suonerie dei cellulari o semplicemente di un ruolo da showman.

Colombo veniva da una scuola pionieristica ed esaltante, quella delle prime tivù locali, in cui entrò come telecronista autodidatta delle partite del Milan. Da TVM 66 alla Telemilano berlusconiana, tante le trasmissioni che tornano in mente (A casa di Sandro Mazzola, Caccia al 13, MilanInter Club, eccetera) ed impressionante l’assenza di filtri fra i giornalisti e personaggi anche grandissimi. Assenza di filtri che sarebbe in sostanza durata per tutti gli anni Ottanta, con trasmissioni che vedevano ospiti fissi Platini e Maradona al punto più alto della loro carriera. Come se oggi ci fossero in studio, al posto di ex più o meno grandi, Ibrahimovic e Cristiano Ronaldo… È incredibile le quantità di cose che quella televisione riuscì a fare, soprattutto in campo sportivo (dai Giochi Olimpici 24 ore su 24 alle notti del Moro di Venezia), prima che venisse acquistata da Cecchi Gori. Tanti gli aneddoti, dall’invenzione della Parietti opinionista al ‘tradimento’ da parte di Massimo Caputi, con Colombo che per indole cerca di non esserne mai protagonista né tanto meno di esserlo a posteriori.

Il dopo TMC, fra Gioco Calcio, Sisal Tv e Odeon, è ovviamente meno brillante, ma soprattutto è segnato dalla malattia e dalla morte dell’adorata moglie Milly. Colombo racconta questi mesi da cronista, quasi come se stesse parlando della vita di un altro, per questo l’effetto è ancora più struggente: raramente il dolore e la mancanza sono stati espressi così bene in un libro di questo tipo, che non è un romanzo ma vita vissuta. Passo doppio ha qualche difetto, come un certo numero di refusi e di incongruenze temporali (sull’anno del primo Mundialito, ad esempio), però ha il merito di raccontare il mondo del giornalismo sportivo e del mercato televisivo dal punto di vista di uno che ci è arrivato quasi per caso ma che non per caso ha ottenuto tanti successi. Mantenendo una sorta di candore e di entusiasmo nei confronti della vita che sono davvero invidiabili. Dopo centinaia di ore passate, da telespettatori, con Luigi Colombo anche quelle dedicate al suo libro sono state spese bene.

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