Scott Weiland chiude l’annus horribilis della musica

4 Dicembre 2015 di Andrea Ferrari

Impossibile essere oggettivi parlando di musica (diffidate di Scaruffi e affini), ancora di più quando entra in gioco la propria adolescenza. La morte di Scott Weiland, frontman degli Stone Temple Pilots e dei Velvet Revolver, non può non commuovere chi è stato teenager negli anni Novanta e si è formato guardando i videoclip su Videomusic e creandosi le cassette registrando i brani alla radio o copiandole da quelle degli amici. La morte del 48enne cantante californiano mette la parola fine alla sua travagliata esistenza segnata dalla dipendenza dall’eroina e mette Weiland nella tragica lista degli artisti dell’epoca Grunge venuti a mancare, da Cobain a Layne Staley degli Alice in Chains, anch’egli a causa della tossicodipendenza.

Ma ridurre Weiland e gli Stone Temple Pilots al movimento Grunge sarebbe ingeneroso. Se il disco d’esordio “Core”, del ’92, che ha venduto più di 8 milioni di copie nei soli Stati Uniti, rientra appieno negli stilemi grunge, già da Purple del ’94 con singoli straordinari come Vasoline e Interstate Love Song (una delle canzoni più belle della decade) lo stile diventa più eclettico e personale, il seguente “Tiny Music” è un lavoro con guizzi ancor più creativi come nella psichedelica Big Bang Baby e dimostra le capacità di scrittura dei fratelli DeLeo e di Weiland. Con il cupo “4” del ’99 si chiude la parabola creativa della band e il trascurabile Shangri-La Dee Da del 2002 mette di fatto la parola fine a una band sfinita dalla tossicodipendenza del suo leader.

L’avventura nella super band dei Velvet Revolver con gente del calibro di Slash, McKagan e Sorum dei Guns N’ Roses dimostra ancora di più le doti da fuoriclasse di Weiland, un animale da palco come pochi nella storia del rock. Il ritorno negli Stone Temple Pilots con il disco omonimo del 2010, pur senza particolari guizzi (ma una certa critica si sarebbe esaltata se un disco simile l’avesse fatto una band sconosciuta) è un ottimo pretesto per un tour mondiale che li ha fatti arrivare anche in Italia all’Alcatraz di Milano con un concerto breve ma di altissimo livello. Gli anni più recenti, tra strascichi legali e l’imbarazzante scelta di prendere Chester Bennington come nuovo frontman degli Stone Temple Pilots e con Weiland più alle prese coi demoni della sua dipendenza che con la musica, sono decisamente da dimenticare. La strage al Bataclan e la conseguente militarizzazione dei concerti, la mancanza di dischi memorabili e infine la morte di Scott Weiland: si chiude un 2015 che la Regina Elisabetta definirebbe un annus horribilis per la musica.

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