Nek più forte dell’Isis

25 Novembre 2015 di Stefano Olivari

Apprezziamo sia la musica di Nek che quella di Bob Dylan, ma la scorsa settimana quando a distanza di un giorno si sono esibiti al Teatro degli Arcimboldi a Milano siamo stati al concerto di Nek. Senza guardie del corpo e security da discoteca di terz’ordine, come invece (ci hanno raccontato) è accaduto con il monumento americano. Nek più forte dell’Isis, potremmo sintetizzare ad uso dei motori di ricerca. Anche gli antipatizzanti del cantante di Sassuolo conoscono il 90% del suo repertorio, stra-passato dalle radio, quindi è davvero inutile la nostra opinione su Fatti avanti amore, Se io non avessi te, Angeli nel ghetto, Se una regola c’è, Laura non c’è, Dimmi cos’è, Lascia che io sia e tutto il resto di una scaletta molto ortodossa, per il nekkiano che apprezza ogni periodo della carriera. Non è mancata, accorciata e un po’ tirata via, quella In te (Sanremo 1993, terzo nelle nuove proposte) che gli ha appiccicato subito etichette ghettizzanti, anche se poi con la critica progressista il rapporto è stato recuperato, né la fortunata cover di Se Telefonando presentata all’ultimo Sanremo (quello in cui è stato superato solamente da Il Volo). Di non suo Nek ha anche cantato The Power of Love dei Frankie Goes to Hollywood, ma per il resto il repertorio è così vasto e soprattutto non limitato ai primi anni che con le cover si è fermato a due. Scenografia e abbigliamento minimalisti, band senza effetti speciali ma con mano pesante sulle parti rock (costante peraltro dei concerti di Nek), nessun predicozzo con faccia di circostanza: davvero bravo.

Siamo in grado di giudicare il popolo di Nek perché pur ascoltando la sua musica non ne facciamo parte, per motivi prettamente anagrafici: al 90% donne dai 35 ai 40 anni, senza un passato né tantomeno un futuro eversivo, con una frequentazione della chiesa superiore alla media delle coetanee (ma diciamo questo forse condizionati dalla svolta di Nek), lavoratrici dipendenti, spesso madri e in ogni caso cresciute insieme al loro idolo. Ad accompagnarle fidanzati-mariti in versione zerbino, ma comunque preparati sulla materia. Ecco, questo crediamo sia l’unico problema di Nek: i vecchi ovviamente non lo conoscono, mentre i giovanissimi paradossalmente è più facile che ascoltino De André che lui. Un peccato perché è uno che, pur evolvendosi poco, per due decenni ha mantenuto l’ispirazione.

La cosa che invece può infastidire del 43enne Filippo Neviani (titolo dell’album di due anni fa, quello di Congiunzione astrale) è la sua radiofonicità, nel senso che le sue canzoni spesso sembrano studiate per essere passate in radio (anche se per il passaggio il nome della casa discografica conta più di furbizie sul tempo) generando a volte anche in chi le apprezza quel fastidio per il pop italiano medio e troppo ‘prodotto’ che ci fa dare in escandescenze, ad esempio, quando sentiamo un brano nuovo di Eros Ramazzotti. Ecco, Nek come autore e come interprete di se stesso è ancora molto vivo ed è un peccato che sacrifichi un po’ della sua vera anima sull’altare di Radio Italia.

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