Una vecchia canzone italiana

22 Aprile 2013 di Alvaro Delmo

Un paio di giorni fa mentre tornavamo in macchina insieme al Direttore da un frugale pranzo tra quattro amici è venuto improvvisamente fuori il nome di Wess, vero nome Wesley Johnson, cantante americano scomparso da tre anni e mezzo e noto in Italia soprattutto per il fortunato sodalizio artistico con Dori Ghezzi. Tra una citazione di Un corpo e un’anima (scritta tra gli altri da Umberto Tozzi) ed Era (terza all’Eurofestival nel 1975), il passo è stato breve per arrivare a parlare della Squadra Italia, gruppo vocale presentatosi sul palco del Festival della Canzone Italiana nel 1994 e del quale lui era sostanzialmente il giocatore straniero nell’undici titolare. La formazione, capitana da Nilla Pizzi, includeva in rigoroso ordine alfabetico anche Giuseppe Cionfoli, Lando Fiorini, Rosanna Fratello, Jimmy Fontana, Wilma Goich, Mario Merola, Gianni Nazzaro Tony Santagata e Manuela Villa (figlia del reuccio Claudio). Tutti convocati dal commissario tecnico Pippo Baudo per intonare sul palco dell’Ariston Una vecchia canzone italiana, brano a firma Stefano Jurgens e Marcello Marrocchi.

Di fatto già ai tempi avevamo riflettuto sul perché di questa operazione, ipotizzando che fosse la classica mossa per prendere 11 piccioni con 1 fava, ossia portare a Sanremo un gruppo di interpreti in certi casi assenti da tempo dalle prime pagine, dando loro una certa visibilità. Il tutto costruito in modo intelligente, affidando – laddove possibile – a ciascuno una strofa in qualche modo attinente al personaggio. Indimenticabili in tal senso i versi affidati proprio a Wess (Terra di mille stranieri che trovano amore e non partono più) o a Jimmy Fontana (Ma in ogni posto del mondo dovunque tu vada, da solo non sei). O ancora “Ogni paese ha una festa, una banda che suona, una piazza, un caffè” per Santagata e “Terra rimasta ind’ ‘o core d’a ggente che parte pe’ terre luntane” per Merola.

Ma il vero colpo di teatro degli autori riguardò il ripescaggio dell’ex frate Giuseppe Cionfoli che ricordava a tutti che una canzone “ci accompagna la vita da quando si nasce a quando è finita” prima che la figlia di Claudio Villa esclamasse “voce di popoli stanchi dà forza ad una idea che non muore più” per poi intonare tutti in coro “E in ogni casa del mondo arriva volando dipinta di blu”, con evidente citazione. Fino alla chiusura affidata alla regina Nilla Pizzi con tanto di bacio sulla guancia da parte di Merola.

Un’esibizione, quella della Squadra Italia, che inevitabilmente può ancora oggi far sorgere commenti che mettono al centro un certo tono ‘nazional-popolare’ (che per noi in realtà non è una definizione dispregiativa) dell’iniziativa, mettendo in ombra il fatto che il gruppo di professionisti che la componevano era comunque rappresentativo di una certa storia musicale italiana. Dall’ottima voce di Goich o Nazzaro al teatro e cabaret di Fiorini. Tutto orchestrato perfettamente per fare breccia nel pubblico, tra suoni di campane e un riff particolarmente orecchiabile. Poi andò a finire con il penultimo posto e la pubblicazione di un album con i successi di ciascuno. A vent’anni di distanza la domanda è chi potrebbe oggi far parte di una nuova Squadra Italia, con tutte le riflessioni del caso sulla definizione di musica ‘popolare’ (che non vuol dire essenzialmente pop, anzi) e intrattenimento ad essa legato.

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