Ubriachezza orgogliosa

16 Maggio 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni  
Protezioni satellitari, Roma che paga per tutti, la Treviso di Buzzavo, il ciclone sugli arbitri, la regia di Diener, la pensione di Stonerook, la speranza Cinciarini, il peso di Sacchetti, giudizi stagionali sulle sedici di A e facili previsioni per lo scudetto.


 

Oscar Eleni da una cantina di Imperia inseguendo il ragazzo in bicicletta dei fratelli Dardenne, un bambino che cerca il padre andando sul catorcio da cross che gli ha lasciato prima di abbandonarlo all’orfanotrofio facendo nascere un nuovo Pinocchio francese da una storia giapponese, un grande film per una grande mostra che applaude i Moretti e non li sfinisce di cazzate. Perché una cantina, perché un film in mostra a Cannes? Perché siamo orgogliosi di essere considerati degli ubriaconi dai parassiti del sistema. Diceva Courteline che passare per idiota agli occhi di un imbecille è una voluttà da fine buongustaio. Il tipo, l’imbecille che pensa di avere protezioni nel paradiso satellitare, faceva lo stesso giochino su Cesare Rubini ormai indifeso, insieme ad un altro che nessuno rimpiange da quando è fuori dal piccolo giro, nel grande non lo avrebbero mai ammesso neppure come cameriere di corte. Sono i personaggi che dimostrano una cosa dolorosa: se l’intelligenza ha dei limiti perché la stupidità, invece, non ne ha?
Ma torniamo nella cantina dell’azienda agricola Bruna di Imperia per dire che siamo orgogliosi di stare fra ubriaconi se si può bere un vino come il Pigato chiamato U Baccan (il capo) che gli esperti descrivono così: dorato e luminoso, travolgente all’olfatto, con note di caucciù, sandalo, erbe aromatiche e salamoia, con la dolcezza degli agrumi canditi. Da bere mangiando uno spaghetto alla colatura di alici. Eh sì, cari imbecilloni, stiamo volentieri in cantina per non sentirvi gracchiare, per piangere sui nostri ricordi e per questo siamo arrivati, con il pensiero, a Cannes, nel regno che era dell’avvocatone Porelli, pensando alle facce stravolte dell’ultima giornata del campionato, una cena delle beffe dove Roma ha pagato per tutti, dove Montegranaro ha risparmiato quello che aveva comunque speso per un nuovo allenatore e per rinforzi che umanamente, più che tecnicamente, rindebolivano, dove Teramo ha scoperto di essere figliastra del sistema, dove chi ha cambiato guida tecnica si è reso comunque conto che non è vera la favola usata in confessionale dai dirigenti infelici: se non puoi cambiare tutti i giocatori è meglio sostituire chi è pagato anche come capro espiatorio.
La commozione sulla Croisette sognando ancora il rognone del carrugio, tenendosi le immagini belle delle passeggiate verso le isole dei frati, digrignando i denti con l’avvocatone Porelli, per i giorni in cui gli imbecilli infieriranno ancora di più, perchè il destino, l’usura del tempo, porterà anche a questo epilogo, ma per fortuna anche per loro verrà il tempo in cui U Baccan li metterà a servizio nell’agriturismo dove serve una guardia attenta per evitare di farsi scoprire da mogli gelose. Non chiedeteci i nomi. Dovreste torturarci per dare visibilità a certa gente. Fate due conti e guardatevi intorno, ne avrete incontrati anche voi e allora lasciateci camminare sereni, vene varicose permettendo, verso la festa dei Maturi baskettari organizzata nel fine settimana a Treviso da Giorgio Buzzavo, da Magnoni e Cino Marchese, da chi ci ha creduto in casa del conte Guido Carlo Gatti e nel castello del marchese Dal Pozzo, nel regno del Raffoni della miracolosa Forlì salvatasi dopo un ritocco tecnico definitivo. Molti ricordi, tanti racconti, sfiorando l’imbecillità del passato e paragonandola con quella del presente.
Fine turpe dei giochi con la Roma spifferona che segnala il ciclone di fine anno sugli arbitri dopo la sospensione del Facchini cacciatore che gode quando scopre qualcuno da espellere, ma almeno lo fa sapendo di essere il principe nero della crudeltà, capace di farsi perdonare perché è sempre il più bravo insieme a Sahin e Lamonica, mentre altri decidono partite, carriere, destini di squadre, con la leggerezza dell’incompetenza. Povero Zancanella che sperava di riportare il sorriso nel suo mondo. Meglio i panini, ci dia ascolto. Sugli arbitri abbiamo già fatto classifica e ora vi diciamo come giudichiamo il resto.
Miglior giocatore: Travis Diener
perché con lui in regia avrebbero salvato la stagione le grandi deluse che, forse,avrebbero fatto davvero paura a Siena.
Uomo squadra: Shaun Stonerook anche adesso che senbra pronto al pensionamento. Quando lui tuona i fulimini arrivano al tempo giusto.
Ragazzi speranza: Andrea Cianciarini che viene chiamato Cinciaridis argutamente dal Casalini visionario, ancora colpito dal talento di Diamantidis, mentre passa le acque ad Assisi. Nel gruppo ci metteremmo anche Chessa se l’estate lo aiuterà a diventare un play Tenores, il Melli che dovendo ricominciare da capo ha scelto l’ultimo assalto a Milano per farci sapere una verità da far rimbalzare su parenti e amici peolosetti: se non lo meteranno di nuovo sull’altare potrà far bene in fonderia.
Sugli allenatori dovendo valutare allo stesso modo la straordinaria stagione di Sassari, Varese, Cantù ed Avellino, puntiamo, per simpatia, per solidarietà sulla bilancia, per somiglianza fin troppo evidente, al Romeo Sacchetti che ora dovrà ammetere di avere avuto grandi padri putativi come Sandro Gamba, come Lamberti, Guerrieri, anche se gli resta in bocca la cenere della scoperta tardiva: accadde quando giocava e per arrivare in nazionale da Nureyev, come diceva il barone Sales, ha dovuto sbucciarsi gomiti e ginocchia, succederà la stessa cosa adesso che come allenatore trova ancora taverne dove si sorride pensando al suo modo di guidare un gruppo, facendo caso alla testa degli uomini e poco al resto, anche se poi il resto è un sesto posto da neopromosso. Le pagelle saranno sostituite dal furore del giudizio finale secondo classifica.
1. SIENA numero uno a prescindere da quello che è accaduto poco prima e poco dopo la semifinale europea di Barcellona. Il perfido Pianigiani con l’ultima bocciata è andato al cuore del sistema. Peccato per Roma che l’ha presa in faccia.  
2. CANTU’ cha ha riacceso il fuoco nel borgo antico, ridandoci fiducia sull’intelligenza delle società quando vanno in mano a gente che pensa e non si vergogna di ascoltare chi ne sa un po’ di più.  
3. MILANO che non ci ha dato nessun brivido salvo che nelle prime due partite dirette da Peterson. Poi il profumo delle foglie di limone ha nascosto tutto il resto: una campagna estiva sbagliata, un credito illimitato a giocatori che non hanno mai convinto anche se il Nano li difende, anche se Proli ammette che trovare Sassari è meglio che vedersi davanti Roma, quella rometta da sballo, o Treviso. Aspettando il poi per non destabilizzare vi diciamo cosa abbiamo sognato: Peterson consulente come ai tempi Virtus, allenatore da prima fila, Messina il meglio, ma Tancredi sogna americano e allora. Allora decida il buon senso di chi dovrebbe valutare bene come spendere ancora 45 milioni di euro.  
4. AVELLINO dove la coppia Vitucci-Zorzi ha ricreato la magia dell’anno in cui Boniciolli e il paron portavano addirittura la coppa Italia fra i lupi. Sul calcio del fucile dei due pirati, un venexian e uno da duri banchi goriziano, tante tacche illustri cominciando da Siena che in casa non perdeva dai tempi in cui Pianigiani ancora filava con le giovani marmotte.  5. TREVISO che è arrivata oltre la porta dell’inferno dopo l’annuncio dell’addio dei Benetton. Repesa sa sempre quello che vuole, che cerca, adesso però si trova davanti all’ostacolo più alto: far dimenticare che lo hanno chiamato per sostituire proprio Vitucci. Il club dei velenosi che non gli riconosce neppure gli anni d’oro in Fortitudo, lo stesso destino di Giorgio Seragnoli che qualcuno tenta di rimuovere dall’immaginario collettivo, o con la nazionale croata, non aspetta altro. Lui, come successe a Roma, deve credere solo in se stesso perché agli altri interessa una sua caduta non un suo successo e agli agenti fa comodo avere pronti il prima possibile per lo smercio i migliori virgulti allevati in Ghirada.  
6. SASSARI la meraviglia dell’unico spettacolo che non si ripete mai, quello dello sport: senza sponsor, con poca credibilità, con tanto da imparare come neo promossa, ha fatto un capolavoro superando anche la sbornia dei tre americani alla partita delle Stelle finita male contro Azzurra.  
7. VARESE altra società simbolo del prima seminare e poi aspettare il raccolto. Erano indicati come squadra da ultimi posti, ora ridono in faccia ai presunti fenomeni che come cicale hanno sprecato tutto nel girone di andata o, peggio, non nascendo mai.  
8. BOLOGNA si è meritata il premio perché bisogna davvero avere santi in paradiso per uscire da una stagione come questa. Lardo ha fatto il massimo, altri no di certo.  
9. ROMA vituperio delle genti cestistiche. Un mostro che doveva essere abbattuto con le armi usate nella fantascienza. Nessuno le ha trovate. A Toti portavano soltanto le spine delle rose, al presidente confuso gli Iago della setta allenatori mai esistiti portavano informazioni tutte sbagliate. Le vittime sono ben visibili e per fortuna nella mischia non è rimasto sotto il mucchio Datome alla faccia nostra di detrattori dei giovani con faccia d’angelo che non puzzano d’aglio.  
10. PESARO che non ha raccolto tutto quello che poteva, ma che ha messo basi per un futuro da vera dinastia Scavolini. Peccato l’addio senza troppi abbracci.  
11. CASERTA schiantata dalle troppe aspettative. Non siamo d’accordo con Sacripanti nel giudicare positivo il biennio. Certo l’anno scorso fu capolavoro, ma quest’anno è stata delusione dal primo giorno. Ripulire e ripartire.  
12. CREMONA benedetta dalla vivace gestione tecnica che ha garantito una stagione dove mostarda, torrone e il resto sono stati elargiti con sagacia.  
13. MONTEGRANARO che alla mezzanotte della Coppa Italia è tornata ad essere una zucca vuota. Per fortuna ci ha lasciato il Cinciarini che sarà anche perno di una Nazionale a cui faremo le carte più avanti.  
14. BIELLA la classica squadra da Tanto rumore per nulla. Abile Atripaldi a farci vedere soltanto la coda del pesce, mai la testa.  
15. TERAMO generosa nella rimonta, brava fino alla fine anche se poi lassù dove si vuole è stata castigata come successe nel play off di Milano.  
16. BRINDISI che merita il veleno della coda. Nata per stupire e caduta lasciando sul campo soltanto l’affetto di un grande pubblico.
PREVISIONI PLAY OFF? Ma non fateci ridere. Comunque per togliere il quinto scudetto consecutivo a Siena si dovrebbe organizzare un mese in cui quelli del Montepaschi stanno al sole ad ascoltare il canto triste di chi vorrebbe imitarli senza sapere come fare, di quelli che vivono da complessati, di quelli che preferiscono tacere, come succede anche in Lega, per paura di perdere paghetta, prebende, carezze e consenso per stare comunque in seconda fila.

Oscar Eleni

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