Tre canzoni di Fabrizio De André

25 Dicembre 2022 di Indiscreto

La definizione di cantautore è discussa da decenni, visto che in senso stretto chiunque canti canzoni di cui è anche autore sarebbe un cantautore, ma per capire di di cosa si sta parlando nella storia della musica italiana basta un nome: Fabrizio De André. Ancora oggi un riferimento, nonostante sia morto nel 1999 a soli 59 anni, all’inizio della carriera l’artista genovese veniva considerato quasi un imitatore di Brassens ma poi aveva trovato una sua strada, sia a livello musicale (pur spaziando fra diversi generi, De André significa soprattutto ballate) sia a livello di contenuti, cantando le storie di emarginati, sconfitti o anche soltanto delusi. Impossibile non considerarlo tra i favoriti al Festival di Indiscreto, con le sue tre canzoni in questo istante più ascoltate su Spotify.

In ordine cronologico la prima è La guerra di Piero, del 1964, scritta insieme a Vittorio Centanaro ed inserita nel suo primo album, Tutto Fabrizio De André, in pratica una raccolta di singoli. La guerra di Piero ha un testo pieno di citazioni di diversi poeti, ma sopratutto nel corso degli anni è diventato un inno antimilitarista riflettendo in pieno il pensiero anarchico di De André, ma anche la sua ironia. “Fermati Piero, fermati adesso – Lascia che il vento ti passi un po’ addosso – Dei morti in battaglia ti porti la voce – Chi diede la vita ebbe in cambio una croce”. 

Del 1967 è invece Bocca di Rosa, scritta insieme a Gian Piero Reverberi, brano incentrato a un primo livello su una prostituta che sconvolge la sonnolenta vita di un paesino ligure e metaforicamente sulla repressione, istituzionale ma anche da parte del popolo, di qualsiasi cosa sia fuori dagli schemi. Fra le più coverizzate canzoni di De André, Bocca di Rosa ha un testo che in alcuni punti oggi non passerebbe la dogana del politicamente corretto ed una ideologia chiara: “Si sa che la gente dà buoni consigli – Sentendosi come Gesù nel tempio – Si sa che la gente dà buoni consigli – Se non può più dare cattivo esempio”.

Chiudiamo con Don Raffaè, del 1990, scritta da De André con Massimo Bubola e Mauro Pagani, e cantata in un napoletano improbabile. Anche questa una canzone dei denuncia, riguardante nello specifico la situazione della carceri italiane, in cui i boss però conducono una vita relativamente privilegiata. L’ispirazione fu Raffaele Cutolo, al quale fra l’altro la canzone piacque molto, al punto che De André ricevette diversi messaggi di complimenti del boss della camorra. Ovviamente De André di canzoni da poter mettere in gara ne avrebbe almeno trenta, ma i festival (curiosità: lui non ha mai partecipato a Sanremo e quando lo ha fatto come autore, per i New Trolls, ha fatto cancellare il nome) sono crudeli e insensati come le vite che lui raccontava.

Quale canzone di Fabrizio Die André preferite, fra le tre più ascoltate su Spotify?

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