Sagra del tordo

1 Novembre 2010 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Il primo posto ingigantito, la mancanza di Hairston, l’allievo Pianigiani, la carriera di Gallinari, il Bucchi spiazzato, l’oratorio di Binda, il ritardo di Roma, gli occhi di Treviso e il risveglio dall’anestesia. Voti a Recalcati, Fuochi, Maciulis, Lombardia, Sacchetti, Slovenia, Caserta, Brindisi e Lottomatica.

Oscar Eleni dai boschi di Montalcino cercando di sparare a chi vorrebbe mettersi nel carniere troppi tordi per una sagra dove basterebbero i pinci e la trippa con lo zafferano a rendervi felici. Fucile armato per andare a caccia, invece, di chi confonde la flora del campionato con la fauna di un torneo ancora tutto da scoprire, anche se la fretta fa ingigantire il primo posto dell’Armani perché non eravamo più abituati, noi piccoli e grossi Guglielmo Tell del canestro, a celebrare una prima in classifica diversa da quella che ci proponeva Siena.
La prima, per la verità, a prenderci per tordi con quella supercoppa giocata morsicando le caviglie anche del custode del Palasclavo che adesso è diventato Extra. Quella difesa che portava angoscia, quella caccia spietata ci aveva confuso: pensavamo che fossero gli altri a doversi preoccupare, mentre in realtà era il principe Pianigiani a dover fare i conti sulla resistenza, mentale più che fisica, della sua squadra da impeto ed assalto. Non era difficile immaginare che calando certe tensioni, mancando la pedina dell’americano in pratica mai visto, perché Malik Hairston è sempre in mano ai medici, ci sarebbe stato un rigurgito del primo latte e lo si è visto bene nel sacco di Varese dove i campioni erano diventati prevedibili per il Micione Charlie che dal primo secondo ha pensato all’ultimo centesimo da giocare spalla a spalla.
Lui centellinava, mentre arrancava e ruggiva sapendo di poter avere risposte giuste soltanto se fosse scattata la trappola nella fase dove l’acido lattico cambia le prospettive, per mettere a terra quello che era stato il suo allievo, per qualcuno prediletto, per altri quello imposto dall’alto, per lui il piccolo principe da difendere anche in società, per Simone un compagno di viaggio importante come tanti altri avuti nella scuola dei Banchi di Sopra. Tanta polvere per una sconfitta a Varese? No, certo, anche perchè il Pianigiani deve soffrire l’aria del Sacro Monte visto che ci ha sbattuto le ali contro Magnano, contro Bianchini, visto che su quel campo qualcosa lo disturba e gli impedisce di mandare i raggi gamma verso una squadra che in questo momento non ha il miglior Stonerook, non ha il vero Kaukenas, non ha niente da Michelori che va sempre fuori giri, dall’Aradori che impara lentamente come se avesse le orecchie chiuse per ascoltare soltanto la musica di chi gli domanda sempre la stessa cosa: valeva la pena? Certo che vale la pena imparare a giocare avendo un buon tiro, ma valorizzando soltanto quello si è giocatori da basso impero.
Avrebbe dovuto capirlo già con la Nazionale, ma certo non è facile resistere alle copertine e alle adulazioni, guardate cosa succede al Gallinari di New York, sofferente al polso, ma non soltanto a quello, vicinissimo a farsi ripudiare dai Knicks perché nella finta intervista che ci hanno obbligato a fare per intrattenere D’Antoni una frase di Arsenio ci è rimasta nella testa quando gli chiedevamo se pure lui, come il Gallo spennato da chi considera i campioni balocchi da vendere in ogni ora del giorno e della notte, aveva in mente di chiudere la carriera in Italia:” Mi piacerebbe, ma se le cose vanno male, se lui gioca così e io vinco poco, allora saranno gli altri a farci tornare subito dove eravamo”.
Ecco, gente, fate attenzione. Lo diciamo al piero Bucchi che dopo essersi abituato alla schermaglia con chi non lo vede davvero come generale dell’Olimpia Armani, o, almeno, non un generale che possa fare storia e, soprattutto, opinione, come Rubini o Peterson, si è trovato spiazzato quando ha dovuto parlare da primo in classifica con tutti i guai che si ritrova dopo l’infortunio di Pecherov. Bisogna abituarsi a tutto, andare a lezione dai Recalcati per capire come si finge di essere bolliti e poi si tira il colpo di stiletto come faceva il genio capace di portare all’acclamazione l’Elisabetta figlia della Bolena quando gli altri pensavano di poterlo sorprendere nel sonno o con le braghe calate per un amore impuro. Il tempo ci dirà altre cose su Siena che ora ha un motivo in più per ribellarsi: quando vinci tutti amici, quando perdi ecco le iene in piazza e i corvi sul tetto. Il poco tempo deve consigliare Milano a cercare subito un sostituto al centro per non fare i tuffi in piscine vuote come nelle ultime due stagioni e la partita persa in casa contro Lubiana dovrebbe dare più lezioni della vittoria sul campo di Biella dove, come immaginavamo, non è tutto oro quello che luccica, ma se hai tantgi amici quelli poi s’inventano cose che non esistono. Un po’ come i progetti per i giovani sbandierati da tante società.
Ci è venuto in mente piangendo la morte di Marco Binda, classe 1942, tiro meraviglioso, ironia stupenda, testa e cuore, perché lui nasceva nel famoso oratorio della Ricca. Quello dove, una volta, allenando ragazzini, lasciammo un bel vestito nuovo strappato sulla ringhiera di una scala infida, quelo dove nascevano giocatori belli come quelli del Pavoniano, di altre scuole basket milanesi che non vediamo così coinvolte, non riusciamo a vedere produttive al di là dei ragazzi da portare al campo per fare numero, per pagare quote, per passare il tempo che le famiglie non hanno da dedicare.
Tornando a Milano, infilzata da Lubiana, dobbiamo fare lo stesso discorso pensando a Roma che, contrariamente a quello che pensa Boniciolli non è prima in Europa soltanto perché ha battuto Bamberg e Charleroi. Certo che sarà pure in ritardo, per aver fatto una preparazione balorda in mezzo a troppi infortuni, ma nella scala Mercalli dei giramenti vi diciamo subito che resta la Lottomatica quella che se gioca male ti fa stare proprio male. Siena non ha giocato benissimo, ma le credi quando ti dice che migliorerà molto. Milano non fa sempre bene, ma le credi se va in caccia del 26° scudetto, Cantù può andare fuori di testa cercando di educare i nuovi registi, ma senti che è pronta per essere una quarta da corsa, Bologna ti fa venire il nervoso perché chi punta alla testa di Lardo vuol farci credere che la Virtus è fortissima, ma sul campo la capisci. Roma, come Treviso, invece, sbatte le alucce e si brucia sulla stessa lampada votiva delle ultime due stagioni.
Per risanare bisogna dire la verità: difendere a prescindere presunti talenti, perché il convento passa quello, porta all’infezione e se nelle prime uscite vedevi i nuovi di Roma e Treviso con gli occhi da tigre adesso li vedi guardare verso la rupe dell’incomunicabilità, spaventati da quelle facce di compagni mai solidali, che appena possono dicono che sui tu a farli giocare male, tu allenatore, tu compagno di squadra. Ora diteci voi se è stato giusto portare Boscia Tanjevic in quell’inferno, diteci voi se a Treviso si possono ancora cercare asini per brucare l’erba spacciandoli per purosangue, anche qui dando subito la colpa a chi, come Repesa, dovrebbe avere imparato, dopo Roma, che se ti arrendi loro banchettano fino all’alba. Meglio portarseli tutti in miniera e se sgarrano mangiargli la faccia e qualche euro dal contratto.
Pagelle, cari amici, magari saranno le ultime visto che vado in riparazione e dalle anestesie, si sa, molte volte ci si risveglia, se ci si risveglia, vedendo tutto in maniera diversa, magari non vedendo più in là del proprio naso come in quel giallo americano sulla porcilaia degli ospedali dove non vivi se non paghi.
10 A Carlo RECALCATI che ha spiegato bene la differenza fra vassalli e valvassori, che ha portato in tavola il bollito, ma con dentro grani di cianuro. Nell’arte di cucinare è ancora un maestro, il suo problema, ovunque ha vinto, è stato riempire poi la cantina p

er andare avanti nei giorni della carestia. A Siena, come a Bologna, in Nazionale come a Varese. Ora vediamo come reagisce Slay alle dolci carezze.  
9 A Walter FUOCHI perché in questi giorni dove ci si batte, in testa il gigante Dallera, per far avere i giusti riconoscimenti a Franco Grigoletti, è proprio bello ritrovare vecchi compagni di viaggio che ti conquistano quando scrivono, quando possono scrivere. Lui ci ha regalato una storia stupenda e drammatica, non inedita, li dico per quelli che amano definirisi scuppisti, come quella che ha ispirato il film NBA su chi era fratello nella Jugoslavia, madre di tutte le scuole cestistiche europee, chi era re come Vlade Divac e Drazen Petrovic. Ci mancava il più saggio dei puffi, dovrebbe mancare anche al suo giornale perché tenerlo soltanto per giorni speciali è un grande spreco, ma d’altronde facevano così anche alle Olimpiadi dove lui doveva fare il capo alla banda dei copiatori uniti, dei galli senza cresta, dei pavoni dell’ultima provetta.  
8 Al MACIULIS che rappresenta bene il nuovo castello Armani, adesso cerchiamo di non mischiarlo con altro vino o, peggio, di allungarlo nell’acqua dei cambi che lo fa diventare subito un lituano senza corazza.  
7 Alla LOMBARDIA FELIX che fa un bel quattro su quattro in una giornata difficile: Cantù sbanca Roma, Milano diventa prima a Biella, Cremona scopre la gioia del successo a Brindisi, Varese mette Siena dietro le altre dopo quattro anni di gioiosa dittatura.  
6 Al Romeo SACCHETTI che fa scherzi incredibili a chi dava Sassari come sicura retrocessa. Il Meo è sempre stato così, camicia slacciata, petto al vento, Nureyev sul campo e nell’ironia, uno che vince e alla fine si vergogna pure per aver costretto il suo uomo chiave a giocare da infortunato.  
5 Alla SLOVENIA che ci fa impazzire perché mentre i sapientoni ci dicono che bluffa e ci ruba, ci ruba?, l’organizzazione degli Europei, loro costruiscono palazzi che non assomigliano davvero ai nostri ruderi, perché quando gli agenti scherzano sulla pochezza degli americani dell’Olimpia Lubiana, spiegando che sono al livello degli stipendi che non vedono spesso, loro vengono a sbancare il Forum di Milano. Senza parlare degli sloveni nel mondo e degli italiani nel mondo: 10 a 0 per loro.  
4 Agli UNDER sotto inchiesta per fughe dagli alberghi, per risse in locali dove non dovrebbero neppure passare a chiedere un bicchiere d’acqua. Cerchiamo gli spazi per i giocatori italiani dopo averli portati davvero a scuola, dopo aver insegnato a molti di loro che la mamma non è l’agente, ma la società.  
3 Agli AMERICANI o STRANIERI da sbarco che vengono offerti quando sei in emergenza e poi ti sfasciano squadra e appartamenti. A Pesaro stavano prendendo uno come Strawberry che a Bologna ha lasciato un prezioso ricordo: 106 multe non pagate.  
2 A CASERTA intesa come tifosi se non farà quadrato cercando di capire bene cosa sta succedendo ad una squadra che l’Eurolega ha costretto a modificare troppe cose e che ora non sa più come prendere certi giocatori che hanno dimenticato il concetto squadra.  
1 A BRINDISI e non tanto perché fa molto meno di quello che avevano previsto tutti, abbiamo sentito allenatori dire al presidente dell’Enel basket che aveva una squadra da primi quattro posti, ma per questo caos del palazzo ristrutturato dove i parcheggi sono una tragedia, dove è difficile sedersi per guardare, figurarsi per lavorare, dove ti prendono in giro se fai il giornalista sul pisello quando invece questa ObsoLega dovrebbe garantire almeno il minimo.  
0 Alla LOTTOMATICA se farà diventare la vita romana di Tanjevic più difficile di quella che già gli spetta quando va a tirar su di morale quelli che dovrebbero fargli la chemioterapia perché questo fighter della vita soffrirà, ma non si arrenderà mai, neppure davanti all’evidenza.
Oscar Eleni

Share this article