Riforme di serie C

4 Aprile 2009 di Marco Lombardo

di Marco Lombardo

Pensateci un po’: avete un muro di casa alquanto rovinato, ma non volete che i vostri ospiti se ne accorgano. Insomma: che fate? Voilà, una bella mano di vernice sopra e tutto è a posto. È successo esattamente così anche nel calcio professionistico. Giusto un anno fa ci hanno raccontato che tutto stava cambiando, che alè, via la vecchia e decrepita serie C, spazio alla Lega Pro, detto a gran voce e con orgoglio, con la sua Prima e Seconda Divisione. Roba seria, con tanto di taglio del nastro della nuova sede che il presidente Macalli – parole sue – aspettava da tempo.E il resto? Beh, magari qualcuno aveva notato che la Prima e la Seconda Divisione non erano altro che la C1 e C2 con un nome nuovo e i vecchi problemi, ma siccome non si deve fare i disfattisti abbiamo aspettato di vedere i risultati. Nel frattempo però la vernice è venuta via e si sono riviste le vecchie crepe su muro, ed ecco allora che adesso si scopre l’amara verità: il calcio professionistico non ce la fa più. Prova ne è la vicenda della Pro Patria, in lotta per andare in serie B finirà il campionato con i libri in tribunale.Fallimento, la parola insomma può essere solo questa e in tutti i sensi, non solo in quello giuridico. Il nostro calcio ha attualmente un sistema che prevede 132 squadre professionistiche retto dalle liberatorie. Ovvero, visto che pure nella serie cadetta ci sono squadre penalizzate per illeciti amministrativi o mancati pagamenti, forse giusto la metà del gruppo può dirsi temporaneamente al sicuro, ma siamo di manica larga. Il resto fatto tutto da stpendi non pagati e contributi versati con l’elastico, secondo uno schema che prevede il ritardo nella busta paga dei giocatori di qualche mese e poi – appunto – la firma delle liberatorie per iscriversi alla stagione seguente. Con il risultato che un calciatore di dodici stipendi ne prende, se va bene – e quando va bene -, sei o sette. E in C2, pardon Seconda Divisione, non si tratta certo di stipendi da star. Di questi casi ce ne sono stati segnalati a decine, riguardano squadre di antica nobiltà ma anche di giovani ambizioni e ci piacerebbe sapere il parere dell’appena rieletto presidente Macalli. Un esempio su tutti? Il Rodengo Saiano, che l’Associazione calciatori indica come una delle società in difficoltà. Sì, lo stesso Rodengo Saiano che giocava in tv contro il Cervia di Ciccio Graziani. Forse non era una cosa seria come la Lega Pro, ma almeno lì c’era il televoto.
(per gentile concessione dell’autore, fonte: il Giornale di oggi)
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