Più intelligenti di Mourinho e Lippi

30 Novembre 2009 di Libeccio

di Libeccio
Nostre considerazioni sull’allenamento del Barcellona, le previsioni dello Special One, il ritorno di Mancini, gli insulti a Balotelli, lo schema per Cassano, i diritti del commissario tecnico e la furbizia di Totti…

1. L’Inter vista o morattianamente non vista la scorsa settimana col Barcellona è stata di una pochezza disarmante. Sembrava un allenamento del Barcellona incentrato sul possesso di palla. Pur provando a capire cosa impedisca a una squadra che in Italia detta legge da molti anni (come dimostrato anche ieri con la Fiorentina) di stare decorosamente in Europa, non riusciamo a trovare una risposta che sia veramente credibile. A posteriori siamo tutti bravi a spiegare, poche materie come il calcio si prestano alle esibizioni degli esperti del giorno dopo. Ma noi non siamo giornalisti, non crediamo di conoscere il calcio più di Mancini o Mourinho.
2. Ci soffermiamo invece su due aspetti della vicenda, ovvero quello visibile a tutti (la netta superiorità del Barca) e le dichiarazioni post partita di Josè Mourinho. Il primo aspetto chiarisce in modo inequivocabile quello che è il principale gap tra le due squadre: il centrocampo. Fantastico quello blaugrana, limitato e asfittico quello dell’Inter. L’altra questione riguarda le cose che dice l’allenatore dell’Inter dopo la gara. Dice proprio questo in realtà, ovvero che il centrocampo del Barca è nettamente migliore. Allora, viene naturale avanzare un dubbio: se il deficit è chiarissimo e questa chiarezza esisteva anche prima di giocare la partita, perché Mourinho non ha fatto l’unica cosa da fare per provare a fare il colpo partendo da una situazione sfavorevole? Cioè giocare con una sola punta ed un centrocampo molto fitto che andasse in pressing continuato sui portatori di palla di Guardiola? Se si è giocato alla pari con il Barcellona (pur sapendo che pari non si era) finendo ridicolizzati, chi ha sbagliato? Non siamo giornalisti, non ne sappiamo più di Mourinho: lo ascoltiamo e basta. Coscienti anche del fatto che in Italia è lui spesso a dare lezioni a colleghi più o meno livorosi.
3. Impazza intanto il toto allenatore nel caso di ennesimo fallimento Inter in terra europea. Via Special One (diventerà Special Two?) e inizio delle spericolate danze circa il sostituto. E qui la italica stampa da il meglio di sé sui temi da noi già trattati in passato. I nomi che vengono fatti sono quelli di Blanc, Benitez, Zenga e Spalletti. A latere qualcuno sussurra addirittura di un ritorno clamoroso di Mancini. Due di questi sono pura fantasia, ma a che serve dirlo?
4. Sta arrivando il Natale e in ogni casa (o quasi) vi è un presepe che celebra la storia di due profughi e del loro figliolo nato in una mangiatoia in terra straniera. Noi italiani ultimamente all’estero non siamo tanto ben considerati, per ragioni vecchie e nuove. Gli insulti juventini di Bordeaux a Balotelli non alzeranno le nostre quotazioni, chissà se qualcuno degli urlatori ha mai subito in vita sua qualche forma di discriminazione. Evidentemente no. Sempre sullo stesso tema, rileviamo le dichiarazioni distaccate e di minimizzazione di molti protagonisti del calcio che conta: ma quale razzismo, sono i soliti esagitati, eccetera. Troppo facile riservare la predica agli ultras, che peraltro non la leggono.
5. Totti si e Cassano no, dice l’allenatore della nazionale Marcello Lippi. Crediamo sia legittimo che un commissario tecnico convochi chi vuole, chi crede lo meriti, chi ritiene sia funzionale al suo progetto/gioco. Dei risultati della nazionale risponde Lippi e Lippi sceglie chi meglio crede. Forse la forma non è proprio delle migliori, forse Lippi potrebbe migliorare la comunicazione, forse potrebbe spiegare le ragioni (anche solo quelle di facciata). Forse.
6. I fatti dicono che Lippi ha vinto un Mondiale di calcio per nazioni. Eppure viene trattato dalla critica calcistica come fosse un demente, un provocatore, un isolato, novello don Chisciotte. A noi Lippi non è molto simpatico per ragioni varie (chiamiamole ragioni etiche), però bisogna riconoscergli la legittimità delle scelte. Questo deve fare un manager che guida un’azienda, un gruppo, perfino la nazionale di calcio. Ma perché non spiega le sue ragioni? Questo si domandano in molti. In realtà il problema Cassano sì Cassano no è un refrain, un clichè fisso della italica stampa che in questo modo agita la spada dei mille campanili. E vende più copie. Senza questo schema la nazionale è tema troppo debole e non troppo interessante, considerata la distanza da Sudafrica 2010.
7. Con riferimento all’azzurro, più censurabile di Lippi è di sicuro Totti. Uno che si è sottratto alla nazionale quando alla nazionale serviva, per poi riproporsi quando la nazionale diventa vetrina immensa. Furbo e furbesco, anche dal punto di vista extracalcistico.
Libeccio
(in esclusiva per Indiscreto)

Share this article