Paltrinieri e le colpe dell’atletica

9 Dicembre 2015 di Indiscreto

Gli Europei in vasca corta terminati domenica in Israele hanno confermato che l’Italia è una potenza del nuoto, ben al di là della sempre vivissima Pellegrini: 7 ori, 5 argenti e 5 bronzi, secondi nel medagliere dietro l’Ungheria in quelli che saranno sì ‘europeini’, visto che il nuoto vero ed in ogni caso quello olimpico è in vasca da 50 metri, ma che rappresentano in ogni caso il miglior bilancio azzurro nella storia della manifestazione. Non possiamo inerpicarci in analisi tecniche per cui non abbiamo la competenza (del resto non sapremmo allenare meglio di Allegri pur avendo visto centomila partite di calcio), anche se il record mondiale di Paltrinieri nei 1.500 è pazzesco agli occhi sia del tecnico che dello spettatore occasionale, ma possiamo senz’altro fare un confronto con l’atletica, cioè l’altra disciplina che dà la dimensione della cultura sportiva di una nazione. Negli ultimi Europei, quelli del 2014 a Zurigo, l’Italia dell’atletica è uscita con 2 ori (Meucci nella maratona e la Grenot nei 400) e un argento (la Straneo nella maratona), ma se vogliamo fare un confronto con gli Europei ‘minori’, cioè quelli indoor (il paragone è forzato ma ci sta, perché in entrambi i casi alcuni potenziali favoriti sono rimasti a casa), prendiamo l’edizione dello scorso marzo a Praga da dove l’Italia è uscita con 2 argenti e un bronzo. E allora? Gli esperti di politica sportiva, soprattutto quelli anti-Malagò, godono nel sottolineare queste differenze perché Barelli, il presidente della federnuoto, è il grande nemico politico del numero uno del CONI mentre Giomi della FIDAL è un suo sostenitore. Noi più modestamente diciamo che queste differenze sono imbarazzanti proprio a livello europeo, più che a livello mondiale. Continua sul Guerin Sportivo.

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