Nobiltà della sconfitta

24 Febbraio 2012 di Fabrizio Provera

di Fabrizio Provera
L’avevamo già scritto, ci piace ripeterci. Se sconfitta dev’essere, allora che arrivi così, dopo 40 minuti di intensità continuamente prossima alla caduta nel burrone. La Bennet esce a testa altissima, trent’anni dopo l’ultima apparizione, dall’Eurolega. La certezza della sconfitta di Cantucky, impercettibile a tutti quanti non fossero al PalaGladiatori di Desio, non è tuttavia coincisa con il tiro di Basile respinto impietosamente dal ferro (ha ragione coach Andrea Trinchieri, le squadre come il Barcellona sanno infliggere il dolore con modalità impietose), ma con l’urlo rimasto soffocato nella gola dei 6.200 nobili villani: che dopo le maratone emotive con Olympiacos, Bilbao, Caja Laboral, Zalgiris e Maccabi, si sono sentiti soverchiati negli ultimi 60 secondi, dalla capacità dei nobili catalani di riprendersi dal meno 6 e palla in mano alla Bennet.
Il riconoscimento della bellezza tutta particolare dell’effimero, della sfortuna cosmica e del pathos delle cose, sostituisce nel guerriero giapponese la gioiosa fede occidentale in una possibile felicità. La coscienza delle lacrime si riflette nella simpatia istintiva per il tragico destino dell’eroe caduto, la cui sconfitta esemplifica in forma drammatica l’incontro di ogni uomo (e di ogni atleta, n.d.r.) con le avversità e la sofferenza“. (da ‘La nobiltà della sconfitta’, di Ivan Morris). 
Nobiltà anche nella sconfitta, insomma. Temprata dalle avversità, dal Fato che si diverte a decimare le forze dei ragazzi di Anna Cremascoli; a Marco Scekic, alla cui assenza siamo ormai abituati, si aggiungono il presagio negativo dell’assenza di Vlado Micov, che non scende neppure in campo, e del dolorante Denis Marconato, rimasto in campo per soli 3 minuti e 26 secondi. Ma non fa nulla, perché “l’eroe guerriero giapponese sa da sempre che per quante battaglie possa vincere e per quanti riconoscimenti possa ricevere, il destino ultimo che lo attende è un destino tragico, non per errori commessi o incapacità di sopportazione o malasorte ma perché è il destino dell’uomo che abbraccia un destino arduo. È essenziale che l’eroe sia preparato a questo fine sublime così che, quando giunge il momento, sappia esattamente come agire e non si lasci fuorviare dall’istinto di sopravvivenza o da altre debolezze umane. Battersi strenuamente in una situazione disperata, superare se stesso quando tutto è perduto significa convalidare gli sforzi e i sacrifici compiuti precedentemente“. (sempre Ivan Morris).
E allora Doron Perkins, al suo primo incontro in Eurolega in casacca bianco blu, mette a referto 12 punti, 7 rimbalzi e 5 assist. Dategli qualche settimana, poi ne vedremo davvero delle belle. Viene tolto solo alcuni minuti prima della fine, per evitargli un secondo infortunio grave dopo un anno esatto dallo stop del marzo 2011. Ci si mette anche il pessimo 45% ai liberi, per la prima volta in Eurolega. Comprensibile lo scoramento di coach Trinchieri a fine partita: adesso, siccome lo sport non consente di indugiare sulle occasioni mancate ma solo sui prossimi traguardi, toccherà calare l’atmosfera tutta particolare delle notti magiche di Desio nei match contro Montegranaro, Caserta, Varese e Casale Monferrato. Poi, suggeriamo sommessamente che sarebbe dura per chiunque uscire vincitori dal PalaGladiatori di Desio, casa adottiva di Cantucky durante i play-off.
Concludendo, mantenere viva la speranza di un passaggio fra le migliori otto d’Europa, forse, è stata solo una sterile utopia, nutrita di fedeltà e rancore; una speranza che, se sublimata in arte e letteratura e non in una competizione sportiva, poteva tradursi nel sogno epico e nostalgico di un romanticismo a tinte bianco blu. Se l’ardimento e il coraggio fossero contati più delle differenze di budget e del fatto che gli avversari erano tutti adusi alla gestione del conflitto nei suoi momenti più drammatici, oggi Cantucky sarebbe nella terra dell’Eldorado cestistico europeo. Ma forse non è ancora il tempo. Non c’è tuttavia alcun dubbio che il sangue sgorgante dalle ferite, che fanno ancora male, è sangue blu.

Fabrizio B. Provera, in esclusiva per Indiscreto (22 febbraio 2012)

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