Nessun eroe

16 Luglio 2009 di Stefano Olivari

In 12 anni di servizio si era mai trovato di fronte gli ultras o aveva mai estratto la pistola? “Appena arruolato ho lavorato per due anni al Reparto mobile di Reggio Calabria e ogni domenica eravamo in giro per gli stadi d’Italia, quindi i tifosi li conoscevo bene. Io stesso sono un tifoso dell’Inter e ogni tanto andavo alla partita. La pistola invece l’avevo estratta una volta sola, quando ero in servizio alle volanti di Palermo e mi trovai in un appartamento dove un anziano sparava al vicino, ma non fu necessario usarla”.
Quante volte andava al poligono per l’aggiornamento professionale? “Io, come tutti i miei colleghi, al poligono ci sono stato poche volte”.
Però l’ultima esercitazione di tiro l’aveva fatta circa un mese prima dell’omicidio Sandri. “È vero, ma al poligono si spara in assoluto silenzio, con le cuffie, a una distanza di 15 metri su un bersaglio immobile; una situazione completamente diversa da quella in cui mi sono trovato a Badia al Pino”.
Che voto le davano gli istruttori di tiro? “Sufficiente”.
Nel 2004 il capo della Polizia le ha conferito una lode ‘per aver salvato un giovane tossicodipendente in overdose, dando prova di determinazione e prontezza operativa’. Cinque anni dopo il Viminale l’ha sollevata dal servizio. Quando è stato sospeso, ha dovuto consegnare pistola, manette e tesserino…“Della pistola non mi importa niente, a fine turno la lasciavo nell’armadietto della caserma e la riprendevo il giorno dopo. Restituire il tesserino, invece, è stato come perdere un pezzo della mia identità. Volevo fare il poliziotto fin da bambino. Ho sempre creduto nella Polizia, ma questa cosa della sospensione non l’ho proprio capita. Mi hanno detto che era un atto dovuto, per il mio rinvio a giudizio. Ma se davvero ero da sospendere, perché dopo la morte di Sandri mi hanno trasferito prima alla Polizia ferroviaria e poi al Reparto Mobile?”.
(Tratto dall’intervista di Giorgio Florian a Luigi Spaccarotella per l’Espresso, link all’articolo integrale)

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