Dacca e la solidarietà locale

7 Luglio 2016 di Biro

La strage di Dacca, per mano di terroristi islamici di buona famiglia (come del resto la maggior parte dei terroristi della storia moderna), ha riguardato anche nove italiani, tutti in Bangladesh per lavoro (impossibile del resto andarci per turismo): torturati e uccisi lentamente, con modalità che tutti abbiamo letto e che l’esito dell’autopsia ha purtroppo certificato. Modeste e blande le reazioni politiche, squallidi tweet e retweet istituzionali, senza nemmeno la giustificazione atroce, ma almeno logica, della realpolitik usata nel caso Regeni. Però io sono un gatto e rifiuto la logica del ‘Piove, governo ladro’, visto che in questo caso i vertici politici italiani non hanno fatto altro che riflettere un sentimento diffuso e inconfessabile. Da una parte l’orrore che rifiutiamo al punto di negarne l’esistenza, rifugiandosi nell’ennesimo blitz per Pjaca e nell’ennesimo replay della stessa azione contro il Portogallo, dall’altra il fatto che le biografie degli assassini vanno contro la retorica della povertà che giustifica comunque una reazione. Anche il mio amministratore, fermo sostenitore della tesi (Islam in testa, ma non solo) che la religione sia una truffa millenaria ai danni di gente povera e ignorante, è rimasto disorientato. Nessuna manifestazione di protesta, perché non esistono ambasciate dell’Isis. Ma anche poche manifestazioni di solidarietà, tutte su base locale e annunciate in sordina. La meglio gioventù è in vacanza, almeno finché non la sgozzeranno.

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