L’ultimo grande Favre

3 Ottobre 2007 di Roberto Gotta

1. Considerazione banale, ma doverosa: New England ha un attacco fantastico. Varietà di schemi, attenzione al dettaglio, giocatori di altissimo livello a mettere in pratica le chiamate della panchina, si spera per propria bravura e non per il “furto” di segnali difensivi come si ritiene che New England abbia fatto per la prima partita contro i Jets. Anche se siamo solo alla quarta partita è sinceramente difficile pensare che un’altra squadra che non sia Indianapolis, visto il pessimo inizio di San Diego, possa realmente ostacolare i Patriots nella AFC: il confronto diretto (a Indianapolis) del 4 novembre potrebbe addirittura definire chi avrà il vantaggio del fattore campo nei playoff, e non bisogna dimenticare che lo scorso anno solo un intercetto subito da Tom Brady nell’ultima serie d’attacco di NE all’RCA Dome portò alla vittoria dei Colts, peraltro splendidi. Quanto all’attenzione al dettaglio, un semplice schema di lancio sul quale Donté Stallworth ha ricevuto vicino alla linea di partenza (scrimmage) e conquistato il primo down in una situazione che si era fatta difficile per i Patriots è stato esemplare: tutti i giocatori hanno fatto il loro dovere alla perfezione, e poco dopo, in una finta di corsa con successivo lancio la finta medesima, tra Brady e Sammy Morris, è stata così ben eseguita che un cornerback dei Bengals è rimasto a lungo con la schiena girata rispetto all’azione, credendo ad un lancio lungo, davvero uno spettacolo. Se poi, come si è visto, Randy Moss non ha ancora costituito un problema ed un fastidio nello spogliatoio, ma è addirittura diventato un uomo squadra (!) e, sul campo, si è trasformato nel primo giocatore nella storia NFL ad avere avuto più di 100 yard di ricezione nelle prime quattro gare con una nuova squadra, allora saracinesche di pronostico abbassate, almeno per ora.
2. Prima che i Packers partissero per Minneapolis per rinnovare una delle rivalità più ruvide ma meno note della NFL, tra i Vikings era chiaro che l’impostazione della gara da parte di Green Bay sarebbe stata sul lancio: la squadra allenata da Mike McCarthy ha un gioco di corsa inefficace come pochi, e alla vigilia della gara al Metrodome si metteva in risalto come fin lì avesse effettuato il terzo maggior numero di passaggi, 125, tentando al tempo stesso un numero di corse, 59, superiore solo a quello di un’altra delle 32 squadre NFL. In questi casi preparare la gara non è teoricamente difficile: destini il minimo sindacale di uomini di linea e linebacker a precauzione contro la corsa e magari metti un defensive back al posto di uno dei linebacker in situazioni in cui normalmente saresti più prudente. Non vuol dire che sia facile o semplice, ma è come nel basket quando sai che l’ala forte avversaria non segna mai da più di due metri: se prende la palla a tre metri dal canestro non esci di corsa a marcarla, perché ipotizzi che non tirerà e che se anche lo farà non avrà alte probabilità di successo. Dunque, pareva relativamente agevole prepararsi per i Packers, a Minnesota. Ed invece Brett Favre, splendido in questo inizio di stagione, ha fatto quel che ha voluto, completando 32 lanci su 45, con 344 yard e due touchdown, il primo dei quali, festeggiato persino dai tifosi dei Vikings, gli ha permesso di superare Dan Marino nella classifica assoluta, passando a 421. E Green Bay ha vinto 23-16. Ora, Minnesota non ha una grande difesa sui lanci, visto che nelle tre gare precedenti aveva concesso quasi 800 yard, ma arrendersi così a Favre pur sapendo che Green Bay avrebbe affidato tutte le sue probabilità ai lanci è stato davvero un pessimo segnale. Intanto Favre è a 112 completi su 170 lanci, con 1205 yard, otto touchdown e due intercetti, nessuno al Metrodome. E non è un particolare trascurabile: se infatti ha raggiunto e superato Marino nei td lanciati, è anche a soli tre intercetti dal record (ovviamente negativo) detenuto da tre decenni da George Blanda con 277. Storicamente, Favre è sempre stato infatti un giocatore d’azzardo, uno che anche a costo di compromettere le statistiche personali lancia al ricevitore marcato da due uomini perché il margine di rischio di intercetto è controbilanciato dalla possibilità che in caso di ricezione si conquistino molte yard, e magari un touchdown. In questa stagione invece Favre, che solo in primavera aveva confermato di non volersi ritirare (ha 38 anni ed una figlia già all’università…), sta giocando in maniera un pochino più controllata e pare abbia studiato ancora meglio i filmati delle difese avversarie e le opzioni sul libro degli schemi dei Packers. I risultati si vedono: otto vittorie consecutive se si considerano le ultime quattro gare del 2006, e l’etichetta di favorita, per Green Bay, in un altro grande scontro di rivalità antica domenica sera, al Lambeau Field contro i Bears. Che un quarterback decente, dopo il crollo di Grossman e il deludente inserimento di Brian Griese, non ce l’hanno proprio.
3. Il campus principale di South Florida, situato a Tampa, non appartiene alla vastissima categoria di quelli che a visitarli e a vederli fanno venire lo sconforto, pensando al confronto con le università nostrane, le cui strutture sono troppo spesso più un ostacolo che un aiuto allo studio. E’ un campus normale: molti prati, molto spazio, questo sì, ma non di impronta quasi rurale come altri. Certo, se poi uno frequenta la sezione distaccata di St.Petersburg, solo una ventina di chilometri più ad ovest, lo scenario cambia perché siamo in pratica sul mare del Golfo del Messico, ma il cuore di USF è appunto a Tampa, ed è un cuore che dal punto di vista sportivo sta battendo rapido, in questi giorni. Negli sport USF non è mai stata granché, anche perché gran parte del corpo insegnanti allo sport era addirittura ostile, e le sue strutture lo hanno sempre evidenziato: nei primi anni Novanta lo student union store, che in tutti i campus è il negozio in cui gli studenti acquistano cancelleria e libri (e i turisti souvenir), era poco più di una bottega, ma con il passare del tempo nuovi responsabili a livello accademico e nuovi direttori sportivi hanno cercato di spingere l’ateneo verso un profilo maggiore. Nel basket i Bulls faticano, nella Big East. Nel football la squadra, creata solo nel 1997, dopo sei anni di discussioni, non aveva mai fatto nulla di rilevante fino allo scorso autunno, quando i gialloverdi vinsero in trasferta contro West Virginia, confermando il buon lavoro del coach Jim Leavitt, 50 anni, una laurea da educatore con specializzazione in psicologia. Stavolta, a conferma della non casualità di quel risultato, USF è addirittura considerata tra le prime dieci dei due ranking (classifiche virtuali) stilati dall’agenzia AP e dall’associazione allenatori. Inusuale per USF ma normale per una squadra che ha vinto le sue prime quattro partite vincendo in trasferta ad Auburn ed in casa contro North Carolina e, ancora, West Virginia. In casa significa al Raymond James Stadium, quello dei Tampa Bay Buccaneers, mai ribollente come venerdì scorso, anche se non siamo certo ai livelli del Tiger Stadium di Baton Rouge, Lousiana, dove una sera un boato per un touchdown insperato di Louisiana State ebbe sui sismografi dell’università l’effetto di un terremoto (di bassa intensità, ovviamente, ma pur sempre terremoto). I biglietti per la partita di sabato prossimo fuori casa contro Florida Atlantic, a Boca Raton, appena a nord di Miami, sono quasi esauriti, e identica sorte avranno i 1900 biglietti rimasti per la successiva gara, al James Stadium, il “derby” contro Central Florida, il 13 ottobre. Previsto un 6-0, e il 2 novembre, sempre a Tampa, arriverà Cincinnati (5-0), altra grande sorpresa ed altro college che finora nel football non aveva fatto ancora nulla. Si tratta di una semplice eccezione in un panorama in cui continuano ad essere preminenti le Ohio State, Southern California, Florida, LSU, ma è roba da notizia, intanto.
4. Restando al mondo NCAA, che è splendido per le atmosfere e le tradizioni, è iniziata da tempo la campagna promozionale in vista dell’assegnazione

dell’Heisman Trophy. Come molti lettori sapranno, si tratta del trofeo che viene conferito al miglior giocatore di college football, anche se in pratica va sempre al miglior attaccante (in 72 anni solo Charles Woodson, cornernack di Michigan, si è affermato pur giocando in difesa… battendo nel 1997 Peyton Manning). E’ dunque il periodo in cui su giornali, Tv e comunicati stampa si propugnano le candidature dei giocatori ritenuti più meritevoli. A dire il vero, tutto ciò ricorda un pochino l’ossessione italiana (e di pochi altri paesi) per il Pallone d’Oro. Certo, c’è la salutare differenza che in USA di Heisman Trophy si parla solo da agosto a dicembre, ovvero dal primo allenamento alla cerimonia di consegna, mentre da noi si soffia sull’insopportabile tormentone per dodici mesi all’anno. Però alcune similitudini ci sono davvero: tra queste, la candidatura di giocatori su esclusiva base regionale, peraltro giustificata – al contrario delle nostre campagne provinciali – dal fatto che le squadre giocano il 90% delle loro gare contro avversarie della medesima conference e vengono viste in televisione su scala nazionale molto meno che da noi, dove la Champions League mette a confronto prima o poi gran parte delle squadre e soprattutto può essere vista in televisione in quasi tutto il continente ed oltre, con ovvio vantaggio dei giurati. In USA se abiti a Charlotte c’è caso che tu veda giocare Arizona una volta l’anno, e magari non guardi neppure la partita perché inizia alle 23, quando stai per andare a dormire. Un aspetto sinceramente molto divertente delle candidature portate avanti dagli uffici stampa dei vari college sta nella scelta di materiale promozionale che viene inviato ai votanti, e non solo: statuette, dvd, calendarietti, scatoline di alluminio. Per fare un esempio pratico, proprio stamane nella buchetta c’era una busta della University of Arkansas con una lettera del capo ufficio stampa che ricordava le statistiche del running back Darren McFadden (secondo nel 2006 e tra i favoriti quest’anno), un calendario di plastica tipo carta di credito con la sigla DMac, un blocchetto per appunti con l’immagine di McFadden, senza casco e con un pallone in mano, in ogni pagina il simbolo dei Razorbacks, il classico cinghiale selvatico, e l’invito a visitare il sito creato appositamente per sostenere la candidatura di McFadden, ovvero http://www.5darrenmcfadden.com/SportSelect.dbml?DBOEMID=6100&SPID=2420 . Provare, e leggere, per credere.

Roberto Gotta
chacmool@iol.it
http://vecchio23.blogspot.com

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