Le lacrime di Robinho

26 Luglio 2008 di Stefano Olivari

L’ottusità al potere ha distrutto il sogno olimpico anche di Robinho, fra le stelle di una nazione che nonostante abbia vinto cinque Mondiali guarda all’oro dei Giochi come ad una specie di Santo Graal. Sentimento condiviso anche da giocatori che sono mercenari solo nella testa di chi li paga: da quelli che staranno a casa a soffrire, come Kakà, a quelli che useranno Pechino anche come trampolino per il rilancio, tipo Ronaldinho. Robinho, al cui posto non è stato chiamato un altro fuoriquota (il ripescato infatti è stato Ramires, del Cruzeiro), ha accettato fra le lacrime la decisione del suo club che alla lettera del regolamento, al di là dei pretesti medici, ci può stare: il torneo olimpico è infatti riconosciuto dalla FIFA, ma non è un torneo FIFA. Addirittura c’è una corrente di pensiero che sostiene che nemmeno gli Under 23 sarebbero obbligati a rispondere alla convocazione per Pechino: non a caso lo Schalke04, spalleggiato dalla federazione tedesca (ovviamente affiliata FIFA, per non dire Adidas), sta facendo di tutto per impedire a Rafinha di essere della partita. Giustamente il Brasile ha ricordato al Real (Adidas) quando Robinho saltò la preparazione per la Coppa America per permettergli di essere presente ad una partita in campionato con il Maiorca, giustamente il torto sarà restituito. Il punto è però un altro: il calcio, inteso come FIFA e grandi club, sa che non può rinunciare alla vetrina olimpica (quasi sempre il torneo, al di là della modestia di alcune squadre, è un successo di pubblico e comunque i grandi sponsor non accettano questa ristrettezza di vedute), ma al tempo stesso non vuole mescolarsi con sport finanziariamente sfigati ed in alcuni casi potenzialmente (ma solo potenzialmente…) concorrenziali. Non è un caso che le discipline con una loro indipendenza finanziaria, che prescinde dall’evento olimpico, sono proprio quelle più ‘sopportate’ dai fiorettisti eroi per un giorno: il calcio, il tennis, il ciclismo su strada, con il rugby che avrebbe l’etica olimpica ma non la convenienza e che quindi se ne sta per conto suo. Altro che Gran Premio di Formula Uno a cinque cerchi…

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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